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Draghi: “Per le riforme strutturali serve una governance comune dell’Ue”

Il Governatore della Bce propone una sorta di regia sovranazionale per portare avanti le riforme strutturali necessarie ai singoli Paesi.
A cura di Antonio Palma
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Una governante comune dell'Ue per superare le difficoltà dei singoli Paesi nel realizzare misure politicamente costose come le riforme strutturali. È quanto ha proposto oggi il Presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, intervenendo a Londra alla Memorial Lecture, un convegno in ricordo dell'ex ministro dell'Economia italiano, Tommaso Padoa-Schioppa. L'dea di affidare all’Unione europea "una qualche forma di governance comune delle riforme strutturali", secondo Draghi servirebbe anche a ridurre lo squilibrio tra i Paesi dell’Eurozona imponendo misure necessaire per tenere in ordine i conti. Per sostenere la sua tesi il Governatore ha fatto l'esempio del Fondo Monetario Internazionale. "L’esperienza storica, per esempio quella del Fmi, fornisce argomentazioni convincenti che la disciplina imposta da autorità sovranazionali può facilitare il dibattito sulle riforme a livello nazionale" ha sottolineato infatti Draghi, auspicando che gli stati dell'Eurozona estendano la loro cooperazione nelle riforme strutturali, creando una vera e propria governance europea.

"Il nostro futuro è in una maggiore integrazione"

I paesi dell'Eurozona "devono imparare a governare insieme" ha insistito Draghi, aggiungendo: "La crisi non sarebbe stata così grande se avessimo avuto più integrazione". "L'integrazione risiede su tecnologie e sistemi di trasporto", ma anche su "politiche comuni" ha proseguito il presidente della Bce, ricordando che le riforme strutturali sono "altrettanto importanti della governance fiscale", e che "la coesione produce crescita e lavoro". "Il nostro futuro è in una maggiore integrazione, non nella ri-nazionalizzazione delle nostre economie. Sospetto che Tommaso sarebbe stato d’accordo" ha detto Draghi ricordando l’ex collega. Per questo secondo il Governatore "serve un nuovo processo di convergenza", in modo da "assicurare che tutti i paesi siano veramente in condizione di trarre beneficio dalla partecipazione senza causarsi danni a vicenda".

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