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Detenuto di Guantanamo scrive al Times: “Qui da 11 anni, mai avuto un processo”

40 detenuti in sciopero della fame, alcuni pesano appena 35 chili. Molti di loro sono dentro da anni senza un’accusa né un un processo.
A cura di Davide Falcioni
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Un detenuto del carcere di Guantanamo ha scritto una lettera aperta al New York Times, denunciando le terribili condizioni nelle quali sono costretti a vivere da anni, spesso senza neppure una accusa formale dalla quale difendersi. Samir Naji al Hasan Moqbel, cittadino yemenita, è stato arrestato nel 2002 e non ha mai avuto un processo. Per questo dal 10 febbraio scorso è in sciopero della fame: l'uomo ha perso dieci chili e avvisato che non mangerà più finché "non mi sarà restituita la dignità". Obama promise nella sua prima campagna elettorale, nel 2008, che avrebbe chiuso la prigione cubana, ma da allora non ha mai dato seguito alla parola data. La lettera di Samir è dunque una denuncia estrema. Sono decine i detenuti di Guantanamo in sciopero della fame, 40 secondo l'uomo, che definisce disperata la situazione, con "un uomo qui che pesa solo 35 chilogrammi, un altro 44".

Scrive Samir: "Privarci del cibo e rischiare la morte ogni giorno è la scelta che abbiamo fatto; spero solo che a causa del dolore che stiamo patendo, gli occhi del mondo tornino a voltarsi su Guantanamo prima che sia troppo tardi". E spiega le condizioni della sua detenzione:  "Sono detenuto a Guantanamo da 11 anni e tre mesi – racconta – non sono mai stato incriminato di alcun crimine e non ho mai subito un processo. Avrei potuto ritornare a casa anni fa, nessuno pensa seriamente che io sia una minaccia, ma sono ancora qui. Anni fa l’esercito disse che ero una ’guardia’ di Osama bin Laden, ma l’accusa era assurda, come qualcosa uscito da uno dei film americani che vedevo. Non sembra ci credano più neanche loro, ma allo stesso tempo non sembrano interessarsi a quanto a lungo rimarrò qui".

Samir denuncia quindi di essere alimentato a forza: "Il mese scorso, il 15 marzo, ero malato nell’ospedale della prigione e ho rifiutato di mangiare. E’ arrivata una squadra della Extreme Reaction Force (Erf), di otto agenti di polizia militare in tenuta antisommossa. Mi hanno legato mani e piedi al letto. Così mi hanno costretto a una terapia endovenosa. Ho trascorso 26 ore in queste condizioni, legato al letto. E durante questo periodo non mi è stato concesso di andare in bagno. Hanno inserito il catetere, che è stato doloroso, degradante e non necessario. Non mi è stato neanche concesso di pregare. Non dimenticherò mai la prima volta che mi hanno messo il tubo di alimentazione nel naso – ha continuato – non posso descrivere quanto sia doloroso essere costretto a mangiare in questo modo…. vengo ancora alimentato a forza. Due volte al giorno mi legano a una sedia nella mia cella. Braccia, gambe e testa vengono assicurate con le cinghie. Non so mai quando arrivano. Alcune volte si presentano di notte, quando dormo".

Infine l'uomo lancia un accorato appello: "Non voglio morire qui, ma fino a quando il Presidente Obama e il Presidente dello Yemen non faranno qualcosa, c’è questo rischio ogni giorno. Dove è il mio governo. Sono pronto a rispettare qualsiasi misura di sicurezza che vorranno pur di andare a casa, anche se sono totalmente inutili. Accetterò qualsiasi cosa pur di tornare libero. Oggi ho 35 anni. Tutto quello che voglio è vedere di nuovo la mia famiglia e avere anche io una mia famiglia".

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