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Beni culturali: una legge semplifica la vendita all’estero delle opere d’arte. È polemica

Entro fine mese la legge ribattezzata “Svendi-arte” verrà approvata in Senato: molte delle opere d’arte che oggi l’Italia custodisce potranno espatriare con più facilità.
A cura di Federica D'Alfonso
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Giorgio De Chirico, Il Ritornante (1918), Centre Pompidou
Giorgio De Chirico, Il Ritornante (1918), Centre Pompidou

Entro fine mese il Senato si pronuncerà con voto di fiducia sulla legge annuale per il mercato e la concorrenza. Nel testo c’è un articolo, il numero 68: si tratta di un tentativo di “semplificazione” delle norme che regolano la circolazione internazionale dei beni culturali, attraverso la modifica di alcuni dei vincoli che fino ad oggi hanno regolamentato la vendita e il trasferimento delle opere d'arte all'estero. La legge, ribattezzata “Svendi-arte”, sta facendo molto molto discutere. Ecco perché.

Cosa prevede la nuova legge

Ad oggi, il Codice dei Beni culturali prevede che per vendere o trasferire le opere d’arte all’estero si rispettino alcuni vincoli imposti dalle Soprintendenze. Uno di questi, è che le opere “vecchie” di più di 50 anni devono passare al vaglio degli appositi uffici, prima di poter essere esportati. L’articolo 68 cambierà tale requisito: saranno 70 gli anni previsti affinché un’opera venga considerata di rilievo, e quindi passata al vaglio delle Soprintendenze. Per intenderci: le opere prodotte fra il 1947 e il 1967 (firmate per esempio da artisti come Morandi, De Chirico e Guttuso) potranno tranquillamente lasciare l’Italia.

Un altro punto della legge riguarda tutte le opere il cui valore viene stimato al di sotto dei 13 mila e cinquecento euro (valore che viene calcolato sui prezzi d’asta): tali opere, in qualunque epoca siano state prodotte, potranno essere vendute all’estero senza essere sottoposte all'esame della Soprintendenza. Di conseguenza, niente più vincoli, e molti meno controlli da parte della Soprintendenza e degli Uffici di Esportazione.

Pareri contrastanti

Politici, ma anche critici d’arte ed esperti del settore, si sono pronunciati su questa norma “Svendi-Arte”. Sulla piattaforma Change.org è anche stata lanciata una petizione per impedire l’approvazione del Ddl, firmata, fra gli altri, da Salvatore Settis, Vittorio Sgarbi, il musicista Paolo Fresu e l’architetto Stefano Boeri. Si legge nel testo della petizione:

Con l’approvazione di questa norma l’Italia rischia di perdere metà del patrimonio del nostro Novecento: diventano immediatamente esportabili all’estero opere come quelle di Fontana, Giò Ponti, Carrà, Sironi, senza limite di prezzo. (…) La norma è inaccettabile per un principio di cultura, che il nostro Paese difese fin dalla sua Costituzione (art. 9, Comma II°) e dalla creazione del mercato unico europeo. Dal Trattato di Roma in poi la normativa europea ha riconosciuto che i beni culturali non sono equiparabili a merci.

Il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini ha scongiurato “gli allarmismi” sollevati da questa posizione, sostenendo il passo in avanti per la tutela e la valorizzazione del patrimonio a cui questa norma contribuisce.

Semplificazione di meccanismi burocratici lenti e macchinosi o “svendita” di arte e cultura all’estero? Le opinioni si dividono: da un lato c’è chi sostiene che questa norma, adeguando gli standard del nostro Paese a quelli degli altri paesi europei, semplificherà di molto la circolazione dell’arte e della cultura italiane a livello internazionale. Dall'altro, molti temono che questa “svalutazione” porterà alla perdita di molti dei beni culturali che l'Italia ancora custodisce.

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