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Napoli, transenne e patatine: il centro storico è fritto

La profonda mutazione del centro antico della città fra l’apertura di decine di patatinerie, grafferie e kebabbari e i cantieri che hanno imbardato tutte le aree monumentali: cosa percepisce della capitale del Sud chi ci arriva per la prima volta? E cosa resta a chi ci vive tutti i giorni?
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Panorama napoletano, (foto G. Bouys AFP)
Panorama napoletano, (foto G. Bouys AFP)

«Tutto si fa, nelle piazzette, nei vicoletti: tutti vendono il vendibile, erbe, frutta, carne, pesci, nel fango eterno della strada; e vi sono le antiche osterie, ancora, ove si vendono le zuppe di pasta e fagioli, le fritture, di cento cose fritte, dai panzarotti ai peperoni, le insalate di scapece, il zoffritto a porzione di tre soldi, di due soldi, persino di un soldo! Come un tempo! Peggio di un tempo!»

Matilde Serao – Il ventre di Napoli

Transenne e patatine. Patatine e transenne. Il centro storico di Napoli è fritto e lo si capisce camminando. Da via Toledo a via Benedetto Croce, da piazza Carità a via Chiaia. Lo si capisce da questo e dai pali che sono l'unico elemento innocente di un'incuria che ha molti colpevoli. Pali, transenne. La città si è davvero tinta d'arancione: è quello delle reti che delimitano le aree interdette causa caduta cornicioni. Una gimcana sulla via Toledo (che a Napoli ancora molti chiamano via Roma) fra un paletto, uno scooter in sosta sul marciapiede. E più in avanti, il ‘puzzometro' che ognuno di noi ha in dotazione nell'olfatto, fa schizzare in alto la sua lancetta come un contatore Geiger davanti all'uranio. La patata è fritta e c'è una coda irrimediabilmente indisciplinata che attende di calarci su la salsa barbecue. «Ma perché così tanta gente per le patatine fritte, che hanno di speciale?», si chiedono i più anziani. Chissà. Una cosa è certa e sono dati forniti dalla Confazienda: a Napoli nell'anno 2014 hanno aperto o stanno per aprire 50 patatinerie. Dice: «È la speculazione del momento». «È la moda del momento». Sarà. Ma se si allarga il quadro, lo scenario è ben diverso: il numero di bar in 12 mesi è quadruplicato. Esatto: moltiplicato 4. Hanno aperto i battenti 140 grafferie, 300 paninoteche, 80 kebabbari e una trentina di yogurterie. Ha chiuso il 35% dei vecchi negozi ma hanno aperto 600 nuove imprese commerciali tra graffe, kebab, panini. E, ovviamente, patatine.

Il centro di Napoli fra patatinerie e lavori in corso

Cambia, dunque, il centro antico della città, diventa più "cotto e mangiato"  si uniforma e appiattisce al livello di altri centro città italiani che non hanno avuto la forza di tutelare le proprie botteghe lasciando gli immobili – tutti – in pasto ad ogni temporanea bolla di mercato. A questo si aggiunge il momentaneo e paurosamente vasto "lavori in corso" sull'area storica di Napoli. Maschio Angioino circondato dal cantiere della metropolitana; Galleria Umberto e Galleria Principe di Napoli transennate. Transenne a Palazzo Reale, transenne alla Basilica di San Francesco di Paola in piazza Plebiscito, transenne lungo gran parte di via Toledo, transenne in numerose strade e vicoli dei Decumani: Napoli sta mutando per l'ennesima volta, ma questa sorta di ontogenesi d'una città universalmente riconosciuta come ‘organismo' pulsante, vivente, potrebbe restituirci una nuova area urbana, ma estranea, sconosciuta. I cantieri infiniti che bloccano ormai da decenni visuali, prospettive, panorami, le grandi opere tanto grandi da occupare il cielo e la storia; il commercio che tra una moda e l'altra inevitabilmente muta ma non lascia nulla e come una schiacciasassi appiattisce qualsiasi tradizione. Insomma: della città s'è perso il controllo e anche l'idea, è svanito quel che un tempo politicamente si definiva il "piano strategico". Se questo è il contesto di riferimento, difficilmente si riuscirà a riprendere il bandolo della matassa.

I video reportage nell'articolo sono di Alessio Viscardi.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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