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Sebastiano Vassalli, l’italiano che avrebbe potuto vincere il Nobel. Ecco chi era

È morto nella sua casa di Casale Monferrato, all’età di 73 anni. Aveva collaborato per più di cinquant’anni con Einaudi, pubblicando romanzi come “La Chimera”, vincitore del premio Strega nel 1990, “Cuore di pietra” e “Le due chiese”. Prossimo premio Campiello alla carriera, Sebastiano Vassalli era stato candidato ufficialmente al Premio Nobel per la Letteratura lo scorso maggio.
A cura di Federica D'Alfonso
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"Mi interessano le grandi storie, le vicende che hanno interessato profondamente il nostro essere uomini": parlava così Sebastiano Vassalli ai microfoni di Fanpage un anno fa, a proposito del suo romanzo "Terre selvagge". Spiegava perché sia doveroso raccontare storie che risalgono addirittura ad undici secoli fa, quale legame profondo possa esserci con il nostro presente. "Gli uomini erano pressappoco come siamo noi oggi, sentivano come sentiamo noi": racconti di uomini di ieri, immersi nei paesaggi quasi mitologici della pianura padana e di quel nord Italia che per tutta la vita è stato la sua casa e luogo d'ispirazione dei suoi più grandi romanzi. Storie che Sebastiano Vassalli ha reso grandi, e che a loro volta hanno reso lui uno degli scrittori più grandi del nostro secolo, tanto da portarlo alla candidatura ad uno dei premi più ambiti ed importanti di sempre, il Nobel. La notizia era trapelata nel maggio 2014: l'Accademia Reale di Stoccolma valutava da tempo con attenzione il lungo lavoro di Vassalli, inserendolo nella rosa dei possibili nuovi Nobel per la Letteratura del 2015. L'interesse per le sue opere aveva valicato i confini nazionali arrivando fino in Svezia, dove, fra le altre cose, si attendeva la traduzione delle sue opere più famose, fra le quali "L'oro del mondo" e "La chimera".

Si è spento a Casale Monferrato, a 73 anni, a causa di una malattia incurabile. Scrittore profondamente piemontese legato alla sua terra e alle sue suggestioni, Vassalli ha raccontato attraverso un profondo lavoro di ricerca storica un'Italia di confine, che nei suoi romanzi sembra diventare una terra quasi mitica: ambientati per lo più durante il Medioevo, la Controriforma, ma anche nel ventennio fascista, oppure, nel caso di "Terre selvagge", addirittura nel primo secolo avanti Cristo, i romanzi di Sebastiano Vassalli hanno costituito per decenni un confronto diretto e genuino con la contemporaneità di quella stessa terra e dell'Italia intera. Un elemento importante, se considerato come il motivo principale della sua candidatura al Nobel per la Letteratura: aver saputo leggere, attraverso tradizioni e storicità dimenticate anche dalla gran parte degli italiani, le contraddizioni e i motivi profondi del presente. Questo il valore inestimabile del romanzo storico di Vassalli, questo il significato delle sue "grandi storie".

Nato a Genova, abbandonato dai genitori che ha sempre descritto con parole dure e impietose, ha fatto parte di quella fiorente generazione di intellettuali che gravitava intorno alla neoavanguardia del "Gruppo 63", assieme ad Elio Pagliarani, Edoardo Sanguineti e Luigi Malerba, impegnandosi fin da subito nell'investigazione letteraria di un passato che spiegasse l’inquietudine del presente e ricostruisse il carattere nazionale degli italiani. Un impegno politico dunque, nel senso più autentico del termine, oltre che letterario, che ha prodotto alcuni dei romanzi storici più belli del Novecento: dal già citato "L'oro del mondo" del 1987, passando per "La Chimera" e "Cuore di pietra", pubblicati rispettivamente nel 1990 e nel '96. Una bibliografia sterminata, conclusa con il famosissimo "Terre selvagge" e la pubblicazione, quest'anno, di "Il confine. I cento anni del Sudtirolo in Italia", oltre che una lunga serie di premi fra i più importanti: il premio Strega, il premio Pavese nel 2013 e il premio Flaiano, nel 2014. L'ultimo premio, quello più ambito ed importante, sarebbe forse arrivato quest'anno, dopo una vita spesa per la letteratura e le grandi storie che hanno reso Sebastiano Vassalli grande.

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