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Rugby, il grande cuore di Collins: “Salvò la figlia prima di morire”

L’ex capitano degli All Blacks Jerry Collins è morto da eroe quasi due mesi fa, in un incidente stradale in Francia. Prima di morire, Collins ha protetto la figlioletta Ayla, che adesso è fuori pericolo.
A cura di Alessio Morra
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Jerry Collins, storico rugbista degli All Blacks, è morto lo scorso 5 giugno in un incidente stradale su un’autostrada francese insieme alla moglie Alana Madil. Da quanto emerge dalla conclusione delle indagini della polizia condotte da Thierry Duffau su ciò che è successo in quella maledetta notte a Beziers si è scoperto che Collins è morto da eroe. Il neozelandese aveva lasciato il volante della sua vettura alla moglie perché in una cena con i fratelli Tuliagi a a Perpignan aveva bevuto più del dovuto, ma poco prima dell’impatto fatale Collins si sarebbe tuffato sulla figlioletta Ayla, che all’epoca aveva dieci settimane. Collins la protesse con il suo corpo dall’impatto con il pullman che li seguiva. Jerry e Alana morirono sul colpo, la bimba invece dopo aver lottato a lungo tra la vita e la morte per gravi lesioni al cervello è stata trasferita in Canada dai parenti della mamma (se ne prendono cura la zia e i nonni) sta continuando a migliorare. Collins con il suo ultimo gesto è letteralmente riuscito a salvare la vita di sua figlia.

Chi era Collins – Jerry Collins era nato nel 1980 ad Apia (Samoa). Inconfondibile per la sua chioma bionda in campo era un leone. Dopo aver giocato per otto anni con i Wellington Hurricanes (1999-2007), ha giocato in Galles con gli Ospreys, con i giapponesi dello Yamaha Jubilo (2011-2013) prima di essere ingaggiato dal Narbonne, club di Pro D2 francese. Con gli All Blacks aveva disputato quarantotto partite, ben tre da capitano. Nel 2013 Collins fu arrestato in Giappone dove giocava dal 2011, e fu rilasciato su cauzione dieci giorno dopo. L’arresto avvenne perché Collins cercò di acquistare due grossi coltelli da 17 cm di lunghezza in un supermercato senza ‘validi motivi’. Secondo alcune testimonianze servirono 30 agenti per fermarlo e portarlo in cella. Il neozelandese, che era soprannominato ‘Terminator’ per via dei suoi fenomenali placcaggi, all’epoca disse che voleva acquistare quei coltelli perché dopo un’incomprensione con una gang si sentiva in pericolo.

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