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Corte dei Conti convoca Morgan Stanley: danno erariale miliardario tra il 2011 e il 2012

La banca d’affari statunitense avrebbe provocato un danno considerevole alle casse pubbliche italiane.
A cura di Davide Falcioni
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Morgan Stanley, la una banca d'affari statunitense protagonista di operazioni sui debiti pubblici degli stati, è stata convocata dalla Corte dei Conti italiana per un'operazione che ha provocato perdite per tre miliardi di euro tra il dicembre del 2011 e il gennaio del 2012, cioè nel pieno della crisi economica globale. I magistrati contabili, come riporta Repubblica, hanno convocato oltre all'istituto finanziario anche Maria Cannata, direttore del Debito pubblico e firmataria dal 2000 ad oggi di molti dei contratti tra Morgan Stanley e lo stato e  Vincenzo La Via, predecessore della Cannata. Oltre a loro, anche Domenico Siniscalco, già ministro dell'Economia, che terminata la propria esperienza è approdato proprio a Morgan Stanley. Per finire dovrà chiarire la sua posizione anche Vittorio Grilli, già lui direttore del Tesoro e come il collega finito a lavorare in seguito per un’altra banca d’affari Usa, la Jp Morgan.

Secondo il pm contabile  Massimiliano Minerva la responsabilità dei dirigenti pubblici è stata quella di aver concesso a Morgan Stanley una clausola incompatibile con gli obiettivi di gestione del debito pubblico del Tesoro. Tale accordo, chiamato Ate (Additional termination events), come spiega il quotidiano diretto da Mario Calabresi "imponeva alla Stato di chiudere tutta l’esposizione verso quella banca dall’oggi al domani. In particolare, la Morgan Stanely poteva chiedere all’Italia la chiusura di tutte le posizioni debitorie qualora l’esposizione creditizia avesse superato un limite prestabilito".

Tra il dicembre del 2011 e il 2012 – nel pieno della tempesta finanziaria – la banca ha chiesto l’attivazione della clausola Ate, con il governo Monti che ha obbedito sborsando 3,1 miliardi di euro. E la stessa procura regionale Lazio della Corte dei conti a definire quella di MS una "scommessa" che le ha consentito di incassare 1,3 miliardi a fronte di un esborso iniziale a favore del ministero del Tesoro di soli 47 milioni di euro.

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