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Perché in Giappone i bambini si sfidano in gare di pianto, e cosa c’entrano i lottatori di sumo

In Giappone i bambini di età compresa tra i 6 mesi e i 2 anni si sfidano in competizioni di pianto. I piccoli salgono su un ring tra le braccia del lottatori di sumo che cercano con smorfie, frasi e maschere di farli piangere. A vincere è il bimbo che grida più forte, che secondo la tradizione giapponese è in grado di allontanare i demoni con il suo pianto.
A cura di Sophia Crotti
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Credits: pagina instagram @isshinnakisumo_official
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Il pianto di un bambino suscita diverse emozioni nelle persone, se alla nascita il primo grido dei piccoli conferma ai genitori che stanno bene, con la crescita il pianto spesso spaventa, anche se è l’unico modo che i bimbi conoscono per comunicare.

In Giappone, invece, tradizionalmente il pianto dei piccoli è sintomo della loro buona salute. Proprio per questo ogni anno, da ormai 400 anni, come specifica il sito ufficiale dell’evento, centinaia di bambini partecipano a vere e proprie competizioni di pianto.

Queste gare fanno parte di un festival, il Isshin Nai Sumo, letteralmente "Il festival del bambino che piange", che si realizza ogni anno attorno al 5 maggio, giornata giapponese dedicata all'importanza di proteggere e rafforzare la personalità dei bambini. I bimbi che partecipano al festival vengono vestiti con abiti della tradizione e affidati alle mani dei lottatori di Sumo, che sul ring li mettono l'uno dinnanzi all'altro, stimolandone il pianto. Il bimbo che grida più forte sarà dunque il vincitore.

Seppur il festival possa sembrare a tutti gli effetti una tortura, è invece un rituale di buon auspicio per i piccoli che, secondo la tradizione nipponica, più piangono, più saranno adulti in salute.

Le regole della gara di pianto tra bambini

I piccoli partecipanti alla gara di pianto, devono avere un’età compresa tra i 6 mesi e i 2 anni, in modo da essere in grado, una volta presi in braccio, o messi a sedere, di tenere su la testa in maniera autonoma. La competizione avviene all'interno dei templi shintoisti giapponesi, ma quella più importante si svolge a Tokio nel tempio buddista Sensoji.

I piccoli, dopo essersi iscritti alla competizione, vengono vestiti con abiti tradizionali, indossando dunque un piccolo kimono che copre il loro pannolino, un copricapo tipico, a 4 punte, che ricorda il Kabuto (elmo che indossavano i samurai giapponesi) e una corda bianca e rossa in vita.

Presi in braccio da dei lottatori di sumo i bimbi salgono sul ring, l’uno davanti all’altro: a vincere è il bimbo che scoppia in pianto per primo. Se i bimbi piangono contemporaneamente, si legge sul notiziario online DailyMail, ad essere decretato vincitore è il piccolo che grida più forte.

In realtà, come si legge sul sito ufficiale dell’evento, “vince ogni bimbo che scoppia in pianto”, quindi l’importante è che ciascuno dei partecipanti, prima di aver abbandonato il ring, abbia fatto sgorgare dai suoi occhi dei lacrimoni. Non appena entrambi gli sfidanti piangono, infatti, il sacerdote presente prega per la loro crescita in buona salute.

E se i bimbi non si mettono a piangere? Gli arbitri sono preparati anche a questa evenienza, se all’inizio, come si legge sul notiziario locale Japantimes.co.jp, si limitano a gridare ai bimbi “Naki,naki,naki!” ossia “piangi, piangi, piangi!”, ad un certo punto sferrano la loro arma segreta: indossano una maschera da demone. Le maschere sono diverse e tutte spaventose, ce ne sono alcune a forma di dragone rosso dallo sguardo minaccioso, altre bianche con i denti in bella mostra e sormontate da corna dorate.

Quando i bimbi scoppiano in pianto, i lottatori di sumo li alzano in alto, così che le loro lacrime siano più vicine al cielo. Subito dopo vengono messi su dei cuscini a carponi, perché secondo la tradizione, questa posizione permette ai bambini di saldare l’anima nel petto dei piccoli che, per la loro giovane età, non è ancora ancorata al corpo.

Terminato il rituale i genitori possono mettere i loro bimbi su dei tamburi, appositamente disposti, e aspettare che li facciano suonare, se il piccolo sbatte vigorosamente le bacchette sul tamburo è sintomo del fatto che crescerà sano e forte, si legge dal sito ufficiale dell’evento.

Perché è così importante per i giapponesi il pianto dei bambini?

Secondo la tradizione giapponese il pianto dei bambini ha un duplice valore, uno positivo per la comunità: il piccolo con il suo pianto riesce a allontanare i demoni che infestano la città.

Credits: pagina instagram @isshinnakisumo_official
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Il secondo valore è legato alla salute del bambino, un piccolo che grida molto forte, secondo la tradizione folkloristica giapponese, è un bimbo che crescerà in forze e sano. Da quest'ultima credenza è anche nato un detto giapponese: “naku ko wa sodatsu”, ossia “i bambini che piangono, crescono più velocemente”.

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