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Perché alcune mamme non riescono a stare lontane dal loro bimbo: come cambia il cervello in gravidanza

Uno studio realizzato nel 2022 ha dimostrato che la materia grigia delle donne in dolce attesa muta in favore di un maggiore attaccamento al bambino. Il mommy brain, così ribattezzato dagli scienziati può avere ripercussioni positive e negative, e tende a rientrare con la crescita del piccolo.
A cura di Sophia Crotti
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mommy brain

Eva Riccobono, intervistata da Grazia.it, ha raccontato una strana sindrome da lei vissuta con la nascita dei suoi due figli: la “mammitudine”. I sintomi provati dall’attrice erano legati ad un fortissimo attaccamento ai suoi bambini, che le impediva di uscire di casa o allontanarsi troppo da loro senza sentirsi tremendamente in colpa così, a discapito di quanto la società le imponesse, ossia di tornare al lavoro e ad essere la donna che era prima del parto, ha deciso di vivere questa esperienza a pieno, dedicandosi ai figli quanto il suo corpo e soprattutto la sua mente le chiedevano di fare.

Il fenomeno vissuto dall'attrice ha un nome coniato dagli scienziati, il cosiddetto "mommy brain", una modificazione temporanea nella materia grigia delle donne durante la gravidanza, volta a comprendere i bisogni del bambino dopo il parto.

Come cambia il cervello delle donne con la gravidanza?

Uno studio realizzato nel 2022 dall'Università di Leiden, e pubblicato su Nature Communications ha analizzato la materia grigia di 89 donne che non avevano mai vissuto una gravidanza, per confrontarla con quella di 40 donne in dolce attesa, registrando degli evidenti cambiamenti nel cervello delle donne che aspettavano un bambino. Gli scienziati hanno ribattezzato questo atteggiamento del cervello materno come mommy brain, un progressivo cambiamento nel cervello della donna, dovuto ad un importante sbalzo ormonale che la coinvolge durante la gravidanza, che la prepara ad attivarsi nei confronti del bambino, che alla nascita sarà fortemente dipendente dai genitori.

La colpa di quello che Riccobono chiama "mammitudine" sarebbe da ricercare nel livello di ormoni steroidei sessuali che durante la gravidanza raggiungono dei picchi nel corpo delle donne, che nessuna altra esperienza può far vivere loro. Secondo i ricercatori questi cambiamenti nel cervello materno produrrebbero in alcune donne un forte attaccamento al bambino, una concentrazione da parte della madre su di lui volta, nell'immediato post-partum, periodo in cui il bambino non è ancora in grado di esternare a parole ciò che prova, a poterlo comprendere meglio. Questi adattamenti dunque renderebbero poi complesso, soprattutto nel primo anno di vita, il distacco.

mommy brain

Gli studiosi per avere conferma del fatto che l'attaccamento materno al bambino fosse legato agli ormoni hanno sottoposto le donne a svariati test delle urine, sempre più frequenti con l'avvicinarsi del termine della gravidanza, ma anche ad alcuni questionari in cui le future mamme hanno dovuto spiegare come a livello psicologico stavano vivendo la gravidanza. Dai risultati è emerso che se le donne nei questionari dichiaravano un livello di stress particolarmente alto durante la gravidanza, con preoccupazione per il nascituro e incapacità di considerarsi come altro dal bambino, allora con maggiore facilità poi avrebbero sviluppato un attaccamento maggiore al bambino, con conseguente difficoltà a distaccarsi da lui. Ma questa caratteristica, secondo la ricerca sarebbe tipica di tutti i mammiferi che, con l'avvicinarsi del parto, tenderebbero a mutare le proprie priorità, iniziando a cercare il luogo più sicuro in cui partorire il piccolo.

Ad un anno dalla gravidanza, poi, 28 mamme sono state sottoposte ad ulteriori test che hanno dimostrato che i cambiamenti neuronali nel loro cervello erano ancora in atto, più forti in chi allattava al seno, ma che col tempo tendevano a rientrare, rispettando le fasi della crescita del bambino. Questa forma di attaccamento, secondo gli studiosi, può poi tradursi in uno stato di benessere o malessere materno, a seconda delle reazioni del bambino alle attenzioni. Analizzando il ritmo cardiaco delle donne sottoposte ai test, questo risultava calmarsi infatti quando il bambino sorrideva o si dimostrava soddisfatto per le attenzioni ricevute e innalzarsi invece quando manifestava malessere.

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