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Natale, i momenti peggiori in cui l’orologio sembra muoversi in slow motion

Natale, dalla mezzanotte della Vigilia a tutto il 25 dicembre, è la giornata più lunga dell’anno. Il tempo cronologico non c’entra niente; quello relativo dettato dal nostro stato d’animo, sì.
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A cura di Redazione
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Ciro Priello in Anche quest'anno è Natale.
Ciro Priello in Anche quest'anno è Natale.

A Natale vedi il cugino con cui hai trascorso tutta d’adolescenza finché sentieri professionali diversi non vi hanno separato. A Natale incontri anche la cassata o qualsiasi altra delizia offerta dalla generosa cucina italiana. A Natale magari ricevi un regalo sbagliato, ma la persona che l’ha fatto – lo sai – ce l’ha messa proprio tutta per essere originale. Il bello di queste feste, però, si accompagna a piccole torture che hanno uno scopo – quasi un “destino” – preciso: ricordarci che possiamo pure essere tutti felici, possiamo anche scambiarci doni e credere agli elfi, ma siamo pur sempre nel mondo reale. Per questo le feste natalizie sono disseminate di quei momenti che passano lentamente, come se i secondi diventassero minuti e le ore eternità. Ebbene, questi sono frammenti di vita vissuti in slow motion.

1. Il traffico

A meno che non siate il padrone di casa, sarete voi a dover raggiungere la dimora della zia in cui ogni anno si riuniscono parenti in cerca di cibo e Natale. Ebbene, che il tratto per giungere a destinazione sia breve o meno, incapperete inevitabilmente in un traffico che anticiperà la tortura. Il fatto che non si cammini dipende da trilioni di persone che vanno a casa di qualche zia nello stesso momento. Insomma, non è uno slow motion, ma di sicuro, dentro a quel traffico, ci si muove a rilento…

2. I saluti

Avete parcheggiato la macchina da qualche parte, probabilmente rubando il posto ad una persona più anziana o ad un neopatentanto. Lo spirito del Natale è finito prima di sedersi a tavola, ma almeno siete giunti a destinazione. Avete salutato la padrona di casa e vi dirigete con passo sicuro verso il salotto. Ad uno ad uno salutate gli altri parenti, finché non arrivate allo sconosciuto, che forse, però, da qualche parte, avete conosciuto. Qualcosa vi suggerisce di essere amichevole: un “ciao-come-stai” non si nega a nessuno. Eppure – pensate avvicinandovi lentamente – non vi pare di conoscerlo. “Forse un salve neutro ed educato potrebbe cavarvi di impaccio”. Quando ormai gli siete di fronte, porgete la mano e vi presentate. “Ma come – vi sentite rispondere – non ti ricordi? Sono il fratello del cognato di tuo nonno”. “Ah, sì… certo, ora ricordo – assicurate senza alcuna credibilità – Come stai?”.

“Non ci siamo mai dati del tu”.

3. Il menu

Quando eravate ragazzini, ingollavate tutto senza problemi. Ora il vostro stomaco vi chiede di rendere conto dopo antipasti e primo. Chiusa con disonore la pratica del secondo contorno, attendete terrificati l’ingresso della zia in salone: sentite i suoi passi nel corridoio, avvertite il suono metallico di una posata contro la zuppiera e l’affanno di chi porta un peso troppo grande. L’ombra della zia anticipa il suo ingresso. Il tempo si ferma e vi incolla alla vostra paura. Che altro ci sarà in quella zuppiera?

4. La poesiola

Quando nessuno è in grado di protestare, quando il fiato è corto e tutte le energie del nostro organismo sono impegnate nella digestione dell’indigeribile, un parente che ha deciso di espiare una grave colpa – e che ritiene tutti i commensali rei con lui – invita la nipotina di pochi anni a recitare la poesia di Natale. Lei – timida all’inizio, tiranna nel prosieguo – si alza sulla sedia e comincia. Deve aver imparato a memoria i 100 canti della Divina Commedia perché non ricordi più a che ora abbia iniziato lo show. Di certo siete tutti in una selva oscura e la dritta via, sì, l’avete smarrita.

5. L’ingresso di Babbo Natale

Finalmente la mezzanotte e la consegna dei regali. A parte la nipotina egocentrica galvanizzata da Dante (o qualsiasi altra cosa abbia recitato), l’ospite più giovane ha trent’anni. Ciononostante lo zio continua a vestirsi da Babbo Natale e a consegnare personalmente i regali. Infettato anche lo zio dal virus della dieta, la figura del Babbo Natale appare ora esile e triste. Causa l’età che gli ha tolto smalto, i tempi di consegna dei doni, dall’albero al destinatario, sono paragonabili a quelli delle poste prima dell’invenzione dei treni a vapore.

6. Il regalo

Il fatto che non siate riusciti nemmeno a riconoscere alcuni commensali la dice lunga su quanto voi conosciate i vostri parenti e viceversa. Da questa vicendevole estraneità derivano i regali più brutti, fatti da gente che non ha idea di quali siano i vostri gusti e che a stento ha memorizzato il vostro nome (cosa nient’affatto scontata, dato che voi stesso non ricordate il loro). Invece di dire “zia, ma che me ne faccio di un fermasoldi se sono disoccupato?”, dovreste dire qualcosa del tipo “graaazie ziaaa (è importante l’allungamento delle vocali per comunicare entusiasmo), è bello… e mi serviva proprio”. Ora, il tempo che intercorre tra la visione del regalo e la vostra reazione è fondamentale. In genere, il cervello elabora il giudizio sull’oggetto e comunica ad un’area preposta alle bugie la reazione adeguata. Il problema è che l’area preposta alle bugie si sente in colpa a dire menzogna tanto grande e impiega tempi biblici prima di convincersi a fare il suo mestiere. L’effetto è un sorriso in slow motion piantato su una faccia che comunica spudoratamente la bruta realtà: “zia, ma che me ne faccio di un fermasoldi se sono disoccupato?”.

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