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“Una stanza per una donna afghana”, il progetto di una cooperativa milanese ha raccolto 150 adesioni

Una stanza per ospitare una donna afghana in fuga dal paese in mano ai talebani, uno spazio sicuro dove ricominciare, grazie al sostegno della cooperativa di Segrate Il Melograno. Questa la missione del progetto che ha già raccolto 150 adesioni, di soci e non dell’associazione per accogliere chi scappa dall’Afghanistan.
A cura di Simona Buscaglia
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Immagine di repertorio (Fonte LaPresse)
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Uno spazio per ospitare una donna in fuga dall'Afghanistan e una rete sul territorio con cibo e beni di prima necessità per permettere a chi scappa di trovare un rifugio sicuro. Questo in sintesi il progetto "Una stanza per una donna afghana" lanciato dalla cooperativa Il Melograno, con sede a Segrate, nel Milanese. Un territorio che ha già risposto in maniera forte all'appello, tanto da essere definito da Mauro Soldati, uno dei responsabili dell'iniziativa "un fiume di solidarietà emozionante". Sono infatti già 150 le persone che hanno chiesto di essere inseriti nell'elenco per accogliere: "Sono 57 i nostri soci che hanno dato la loro disponibilità – ha detto Soldati a Fanpage.it – La prima risposta è stata importante ma quello che sta avvenendo in queste ore è incredibile. Siamo a oltre 150 persone che si sono offerte di ospitare una donna afghana e in queste ore sta arrivando di tutto ai nostri contatti. C'è chi si rende disponibile a fare servizio di accompagnamento o chi ci ha dato la sua disponibilità per vestiti e generi alimentari. È il segnale che, nonostante gli elementi polemici che purtroppo vengono fuori, la risposta solidale può essere più silenziosa ma più forte del baccano di chi non vuole comprendere la situazione".

Un progetto partito dalle richieste d'aiuto per le famiglie dei mediatori

Il progetto è partito dalla testimonianza diretta di alcuni mediatori vicino alla cooperativa. Uno di loro in particolare era preoccupato per le sorti della sua famiglia, soprattutto per la madre che fa l'insegnante, aspetto che potrebbe avere delle drammatiche ricadute nella nuova società afghana in mano ai talebani.

In queste ore l'associazione sta rispondendo a tutti, e sta avviando l’interlocuzione con le autorità che gestiscono i profughi: "Stiamo preparando l’elenco per dare formalmente riscontro delle disponibilità che abbiamo acquisito – ha aggiunto Soldati – Noi saremo a disposizione per organizzare il servizio e vedremo cosa le istituzioni riterranno opportuno fare". La cooperativa milanese ha subito posto l'accento sull'importanza di un modello di accoglienza diffusa: "Abbiamo visto come questo tipo di accoglienza incentivi l'integrazione – ha precisato uno dei responsabili del progetto – non sono un gruppo collocato in un grande hub ma sono persone che vivono con noi. Quando una famiglia arriva in un palazzo abbiamo sempre visto un'accoglienza generosa, qualcuno arriva con un piatto di pasta o con dei vestiti, e i bambini giocano insieme agli altri, si crea un meccanismo virtuoso".

Questo tipo di accoglienza crea delle ricadute positive anche da parte di chi è stato a sua volta accolto tempo fa: "Due persone che negli anni passati sono stati accolti come profughi e adesso si occupano della manutenzione del verde sono venuti oggi da noi e ci hanno detto ‘siamo stati accolti e ora vogliamo accogliere'. Sono parole che gratificano perché dimostrano che diverse persone, con un sistema di questo tipo, ce la fanno, si integrano e diventano un elemento prezioso per la comunità" ha continuato Soldati.

Il progetto ha già ricevuto riscontri da tutto il Paese

Il progetto "Una stanza per una donna afghana" è partito quasi istintivamente nel momento in cui le immagini che arrivavano dall’Afghanistan trasmettevano tutta la loro drammaticità: "Avendo avuto a che fare in questi anni con persone che venivano dall’Afghanistan e che si sono inserite prima nel nostro sistema di accoglienza e poi sono diventati operatori e mediatori per la cooperativa abbiamo avuto uno spaccato reale della situazione che si stava creando – ha raccontato Soldati – anche per la loro testimonianza diretta su quello che avrebbe voluto dire per una donna ritornare nel regime talebano, ci siamo mossi subito".

Sapendo che i tempi dell’attivazione di alcuni servizi e spazi potevano non essere brevi, l’idea è stata quella di chiedere prima ai soci e poi estendere l'appello a tutti, garantendo, come cooperativa un sostegno fatto di educatori e mediatori oltre all'approvvigionamento di cibo e vestiario per affrontare la situazione d'emergenza.

"Abbiamo degli accordi con la grande distribuzione sulle eccedenze alimentari che porteranno a creare le borse alimentari per queste persone – ha detto Soldati – e abbiamo altri progetti che riguardano il recupero di vestiti e anche da lì può arrivare qualcosa, oltre alla disponibilità dei singoli che ci hanno contattato". "Abbiamo ricevuto disponibilità anche dalla Sicilia, da Roma, da Torino, da Napoli, da Venezia e da Firenze" ha concluso Soldati, precisando che in questo caso si attiverà la rete del terzo settore sul territorio in questione per una migliore organizzazione: "Dobbiamo capire con le istituzioni come rendere operativa questa disponibilità ma noi andiamo avanti a concretizzare i vari passaggi". Chiunque volesse avere informazioni o aderire all'iniziativa può scrivere una mail all'indirizzo afghanistan@ilmelogranonet.it

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