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Omicidio Diva Borin, assolto il badante anche in appello: “Forti indizi, ma l’orario non coincide”

La Corte d’Assise d’appello di Brescia ha assolto anche in secondo grado Salvatore Spina. Il 43enne era imputato della morte di Diva Borin. Per i giudici, a suo carico ci sarebbero una “serie di elementi indiziari” ma a scagionarlo è l’orario della morte dell’86enne.
A cura di Enrico Spaccini
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Immagine di repertorio
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È stato assolto anche in secondo grado Salvatore Spina, il 43enne imputato per la morte di Diva Borin. Come si può leggere nelle motivazioni della sentenza emessa un mese fa dalla Corte d'Assise d'appello di Brescia, presieduta da Claudio Mazza, a carico del 43enne sussisterebbero "una serie di elementi indiziari che sarebbero stati senz'altro idonei a indicarlo come autore dell'omicidio", tuttavia in favore della sua innocenza ci sarebbe una questione relativa "all'orario della morte della vittima", emerso in seguito alle valutazioni degli esperti. Così, Spina è stato assolto per non aver commesso il fatto, ma con formula "dubitativa".

Era stato proprio Spina a trovare, insieme a un'altra signora, Diva Borin senza vita nel suo appartamento di Urago Mella intorno alle 12 del 2 marzo 2019 e poi a chiamare i soccorsi. Il 43enne a quel tempo lavorava per l'86enne come "badante", la aiutava con le faccende domestiche, e agli investigatori aveva detto di essere entrato nell'appartamento per sincerarsi delle condizioni dell'anziana. Qualcuno, infatti, gli avrebbe riferito di aver notato le imposte dell'appartamento chiuse e di aver visto Borin esanime sulla poltrona.

Il movente economico

Per il pm Antonio Bassolino prima, e per la sostituta pg Cristina Bertotti (che aveva chiesto una condanna a 14 anni) poi, sarebbe stato Spina a strangolare Borin usando un foulard e ostruendole le vie respiratorie con una mano. Il 43enne ha sempre ribadito la sua innocenza, ma secondo l'accusa avrebbe ucciso l'86enne e lo avrebbe fatto per motivi economici. Per la Procura, Spina avrebbe agito per evitare che Borin potesse cambiare ancora il suo testamento, che al momento della morte lo vedevano destinatario di 60mila euro.

La difesa ha contestato l'accusa dicendo che il 43enne non aveva nessun problema di tipo finanziario rilevante. Per gli inquirenti, però, Spina avrebbe agito perché desiderava "ardentemente un ‘salto di qualità‘ del proprio tenore di vita".

La ricostruzione degli inquirenti

Ci sono alcuni elementi, poi, che per la Procura attesterebbero la colpevolezza di Spina, mai riconosciuta né dal gup né in secondo grado. Per l'accusa, sarebbe "singolare" il fatto che la mattina del 2 marzo 2019 Spina avesse "richiesto la presenza di un'altra signora" prima di entrare nell'abitazione di Borin in un momento in cui "le preoccupazioni per le temute condizioni di salute" dell'86enne "avrebbero imposto massima celerità". Inoltre, sarebbe difficile per gli inquirenti spiegate perché Spina, "non appena fatto accesso in casa della vittima", abbia fatto il "gesto di slacciare il foulard che cingeva il collo della signora".

Come scrivono anche i giudici nelle motivazioni dell'assoluzione, non sarebbe credibile che possa essersi trattato di un gesto istintivo e irrazionale diretto a soccorrerla poiché "il suo avvenuto decesso era evidente per chiunque", come aveva dichiarato lo stesso imputato. "Diviene allora naturale pensare", hanno continuato i giudici, "che si sia trattato di un gesto effettuato al fine di predisporre una spiegazione plausibile all'eventuale presenza di sue impronte sul foulard nel corso delle indagini".

In sintesi, le indagini hanno escluso che "alcun'altra persona che potesse trarre beneficio dalla morte di Borin" e ci sarebbero elementi a sufficienza per escludere anche il movente predatorio, dato che non le era stato rubato nulla, e per ritenere non plausibile il gesto di odio o vendetta. Spina, comunque, è stato assolto in entrambi i gradi di giudizio, anche se con formula "dubitativa", e a più di 5 anni dalla sua morte non si conosce il nome dell'omicida di Borin.

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