608 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito
Covid 19

Milano, il paradosso del pronto soccorso Covid finanziato dall’Eni e mai nato all’ospedale Sacco

Progettato, finanziato e annunciato la scorsa estate, ma mai realizzato. È la vicenda paradossale del pronto soccorso Covid che avrebbe dovuto sorgere all’ospedale Sacco di Milano grazie a fondi stanziati da Eni. Ma qualcosa non è andato come doveva andare: siamo ormai a dicembre e ancora non si vede un solo mattone.
A cura di Giulio Cavalli
608 CONDIVISIONI
L'ingresso del pronto soccorso del Sacco (foto LaPresse)
L'ingresso del pronto soccorso del Sacco (foto LaPresse)
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

Un intervento che doveva essere tempestivo, ma non è ancora partito: è la storia, che Fanpage.it può raccontare, del nuovo pronto soccorso Covid finanziato dall'Eni e che avrebbe dovuto sorgere all'ospedale Sacco di Milano. "Per rispondere tempestivamente all’emergenza Coronavirus Eni ha messo in atto numerose iniziative a supporto delle strutture sanitarie locali dei territori in cui opera, con l’obiettivo di creare opere infrastrutturali ‘a carattere permanente' atte a rafforzare in maniera stabile e duratura la capacità di risposta dei sistemi sanitari regionali e di quello nazionale". Inizia così il comunicato stampa con cui Eni annunciava di finanziare il nuovo pronto soccorso Infettivologico dell’Ospedale Luigi Sacco di Milano, realizzato "secondo i più moderni criteri di edilizia sanitaria".

Un progetto ambizioso: "L’intervento, – scrive Eni – che prevede un impegno complessivo di 4,9 milioni di euro, consiste nell’ampliamento della struttura esistente e nell’allestimento del nuovo percorso, attraverso la realizzazione di nuovi spazi per pre-triage, triage, bonifica, visita ed osservazione breve, e la ristrutturazione di alcune aree dell’ospedale, per complessivi 1.800 metri quadri, dotando il reparto di posti letto di osservazione e di isolamento e sale visita ad alto bio-contenimento".

Era il 6 agosto del 2020. Ma qualcosa non è andato come doveva andare: siamo ormai a dicembre e ancora non si vede un solo mattone, un bullone, niente di niente. Eppure la donazione di Eni, comunica l’Azienda socio sanitaria territoriale Fatebenefratelli Sacco, è stata accettata dall'Asst con deliberazione n. 772 del 13/7/2020. I lavori sono stati inseriti nel piano triennale dei lavori pubblici approvato con deliberazione n. 844 del 11/8/2020 in attuazione della L. 120/2020 (Decreto rilancio). Dall’Asst fanno sapere di avere avviato la richiesta “di Conferenza dei Servizi al fine di ottenere le superiori autorizzazioni necessarie all’avvio dei lavori” e di essere in attesa delle autorizzazione da parte degli "enti terzi aventi giurisdizione". Nel progetto definitivo si ipotizza una durata dell’intervento di 12 mesi: a questo punto se ne parla per il 2022.

Non ci sta nemmeno la Fials (Federazione italiana autonomie locali e sanità) che dal suo presidio ospedaliero proprio del Luigi Sacco parla di “promesse non mantenute”: "Al Sacco arriva una Tac in più e il pronto soccorso avrà la sua prima dell’estate – dichiarava Visconti (direttore generale della struttura, ndr) nel gennaio 2018 -. Ad oggi nulla è cambiato e i pazienti continuano a essere costretti a scendere in ascensore nonostante i fondi e le donazioni ricevute in questi mesi. Da una delle eccellenze internazionali nella cura delle malattie infettive ci aspettavamo si facesse capofila per la tutela della salute dei propri dipendenti e soprattutto della garanzia di un’assistenza di qualità alla cittadinanza, così non è ed è ora di intervenire", dicono.

Rozza (Pd): Una vergogna che ci siano soldi donati e non spesi

Carmela Rozza, consigliera regionale in Lombardia per il Partito Democratico dice a Fanpage.it che “è una vergogna che ci siano soldi donati che non siano stati spesi, come nel caso del pronto soccorso e della Tac del Sacco. Ci sono molti altri casi. Inviterei i donatori a chiedere conto di quello che non è ancora stato fatto". Secondo Marco Fumagalli, consigliere regionale M5S Lombardia, "è una delle tante vicende che evidenziano come il sistema sanitario regionale sia stato ‘disorganizzato' ad arte con la selezione di una classe dirigente di yes-men con l'unico obiettivo di indebolire il sistema pubblico al fine di far progredire il sistema sanitario privato. L'obiettivo principale dei dirigenti di Ats e Asst di nomina politica è quello di non fare nulla o farlo male o direttamente favorire il sistema privato in un'ottica di scambio elettorale".

La consigliera regionale di Lombardi Civici Europeisti Elisabetta Strada lo scorso 20 ottobre in una sua interrogazione chiedeva a Regione Lombardia "se esiste un piano strutturato di impiego delle donazioni in denaro e se sono state attivate procedure con criteri di somma urgenza per lavori i necessari nei diversi presidi ospedalieri sia da parte delle ATS, ASST e IRCSS oltre che direttamente dall’Amministrazione Regionale". Ad oggi nessuna risposta.

608 CONDIVISIONI
32803 contenuti su questa storia
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views