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Emergenza lavoro

“A 27 anni la sera devo mettere i piedi nel ghiaccio”: laureata in legge lavora 12 ore al giorno per sopravvivere

Una ragazza di 27 anni ha scritto alla redazione di Fanpage.it raccontando la sua esperienza in alcuni studi legali. Adesso lavora come cameriera stagionale: “La sera devo massaggiarmi i piedi con il ghiaccio perché le 12 ore in piedi a correre si fanno sentire”.
A cura di Ilaria Quattrone
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Foto di repertorio
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La nostra redazione riceve lettere e testimonianze relative a storie che riguardano il mondo del lavoro. Decidiamo di pubblicarle non per dare un'immagine romantica del sacrificio, ma per spingere a una riflessione sulle condizioni e sulla grande disparità nell'accesso a servizi essenziali. Invitiamo i nostri lettori a scriverci le loro storie cliccando qui.

In questo caso pubblichiamo integralmente la lettera che ci è stata inviata da una lettrice:

"Studiare è stato il più grande errore della mia vita. Ora vi racconto la mia storia. Ho da poco compiuto 27 anni e faccio la cameriera stagionale. Lavoro pochi mesi all’anno e le giornate non finiscono mai. La sera devo massaggiarmi i piedi con il ghiaccio perché le 12 ore in piedi a correre si fanno sentire. Devo farmi due docce al giorno perché dopo ogni sevizio puzzo di fritto e di cucina. Sto sempre in divisa e il sabato e la domenica sono sempre al ristorante.

Faccio questo lavoro da un anno, da quando, nello studio legale dove lavoravo a Milano mi hanno detto che non gli servivo più. Così come un esule in fuga ho trovato asilo in montagna. Sì, io nella vita ho fatto un grande errore: studiare e pensare che lo studio mi avrebbe salvata.

Nel 2016, finito il liceo classico, non sapevo che iscrivermi a giurisprudenza sarebbe stata la mia condanna. Faccio sacrifici, insieme alla mia famiglia, per studiare e laurearmi in tempo e con il massimo dei voti. Durante l’università lavoro come giornalista per un quotidiano locale; faccio la promoter nei weekend e “mi avanza tempo” per fare la rappresentante degli studenti.

Nel 2021 sono piena di gioia e di entusiasmo: non vedo l’ora di mettermi in gioco e di brillare. Finalmente posso avere un lavoro vero e cogliere i frutti della vigna che in questi anni avevo seminato e curato, pensavo. Ero convinta che la mia determinazione mi avrebbe portata lontano.

Tuttavia, ben presto, mi sono scontrata con la crudeltà del mondo dei praticanti avvocato. Non ci sono tutele, non esistono diritti e non è contemplato uno stipendio. Ma non si può dire caporalato, assolutamente no. Gli avvocati sono quelli che difendono il lavoratore; quelli che aiutano le aziende a fornire la miglior tutela per il loro dipendente. Eppure, allo stesso tempo, in casa fanno tutto e il contrario di tutto.

Ho lavorato in tre studi legali, di cui due law firm a Milano. Ero lì da circa sei mesi. Mi ero ambientata nel nuovo posto. Stavo imparando. È il 27 giugno. Il socio dello studio mi manda una mail di getto, senza nemmeno curarne la punteggiatura “ciao, vieni in biblioteca”. Respiro. Tiro indietro la sedia e mi alzo. Con aria distinta esco dalla cella e vado incontro al mio destino come un condannato a morte che conosce la sua innocenza.

Apro la porta e non faccio nemmeno in tempo a sedermi che “non possiamo più tenerti qua” mi spezza il cuore come una lama che ti trafigge il costato e ti spezza ogni osso del torace. “Lo facciamo per la tua carriera! Sei giovane! Niente di personale eh!”. Tutte quelle frasi di circostanza non dissimili dalla carità pelosa delle dame vittoriane. Esco da quella stanza senza voltarmi indietro e corro in bagno a piangere. Ho memorizzato ogni istante di quei giorni tremendi, che sarebbero stati solo l’inizio.

Vi risparmio tutte le umiliazioni dei giorni successivi e l’ipocrisia di chi mi circondava che sapeva ma fingeva di essere estraneo alla vicenda. È trascorso quasi un anno da quel giorno che mi cambio la vita. Ad oggi, ho una laurea conseguita in tempi ordinari con 110 e non riesco a trovare lavoro. Ho bussato alle porte di molto aziende, ovunque, da Milano al Veneto. “Siamo spiacenti ma il suo profilo non è in linea”; “Siamo spiacenti ma abbiamo selezionato un altro candidato”.

Ho inviato il mio cv in molti studi legali che, come da prassi diffusa, sono scomparsi nonostante durante i colloqui manifestassero entusiasmo, credo finto a questo punto. Sì, mi sono già iscritta alle agenzie di somministrazione. Sì, mi sono rivolta alle Head Hunter. Sì, mi sono adattata a fare altro ma non era quello che volevo. Credo che fare la cameriera sia un lavoro molto dignitoso ma non era quello per cui avevo lottato. Non faccio la cameriera per scelta ma perché non ho scelta.

Non credeteci quando vi dicono che studiando avrete un lavoro migliore e non finirete a fare stagioni. La mia storia insegna che avere fortuna vale più di una laurea, magari con 110. C’è qualcosa che non va in questo sistema perché anni di studio, di rinunce e di sacrifici sono rimasti sterili e pesano. Sono una croce senza speranza di risurrezione".

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