;)
Quando chiedete al vostro cane di riportare la pallina, non lo fa solo perché ha associato il nome ad un oggetto ma perché comprende esattamente a cosa serve. Non è la prima volta che i ricercatori del Dipartimento di Etologia dell'Università Eötvös Loránd di Budapest, in Ungheria, pubblicano uno studio sulle capacità cognitive del cane. In una precedente ricerca, infatti, avevano già dimostrato che Fido possiede quella che si chiama "teoria della mente", una caratteristica ben nota negli esseri umani che recentemente è stata riconosciuta anche nei nostri "migliori amici".
Si tratta della capacità sia di attribuire stati mentali agli altri e riconoscere che questi possono avere delle intenzioni e delle credenze diverse dalle nostre ma anche di avere rappresentazioni mentali e una memoria a lungo termine strutturata. Questo consente al cane, dunque, di farsi un'immagine ben precisa di cosa sia e di come, appunto, si chiami un determinato oggetto.
Ora un nuovo studio accerta che Fido sa anche a cosa serve l'oggetto con cui interagisce insieme a voi e questa capacità nella ricerca viene chiamata "estensione dell'etichetta verbale". L'esempio più calzante per capire di cosa stiamo parlando possiamo farlo pensando a noi e a cosa accade quando guardiamo una forchetta o le bacchette per il sushi. Gli esseri umani "estendono" il nome dell'oggetto alla sua funzione e dunque per entrambi gli strumenti sappiamo che servono per prendere il cibo. Ecco, i cani riescono a fare la stessa cosa con gli oggetti con cui gli chiediamo di interagire.
Come è stata accertata questa capacità nei cani: lo studio

Gli autori dello studio sono due ricercatori italiani, Claudia Fugazza e Andrea Sommese, che hanno lavorato insieme a Ádám Miklósi, uno dei più noti studiosi del comportamento canino. La ricerca si è basata sul testare le capacità di sette cani, in particolare, "dotati di capacità di apprendimento delle parole": sei Border Collie e un Australian Cattle Dog. Questi animali avevano un vocabolario che andava da 29 a più di 200 nomi di giocattoli e avevano dunque già dimostrato di poter imparare decine di nomi attraverso il gioco quotidiano. I sette cani sono stati definiti nella ricerca "Gifted Word Learner dogs (GWL)", ovvero cani che apprendono velocemente i nomi di molti oggetti, così come era stato scoperto attraverso un altro studio della stessa equipe di ricercatori.
I ricercatori hanno così dato alcune istruzioni alle persone di riferimento dei cani, chiedendogli di insegnare loro a riconoscere otto nuovi e ovviamente diversi giocattoli, scelti a caso, attribuendogli due nomi diversi, ognuno dei quali indicava un diverso modo di giocare. "Una modalità consisteva nel mostrare il giocattolo al cane – spiegano nello studio – lasciarlo prendere in bocca e tirarlo (‘tiro alla fune') … L'altra consisteva nel mostrare il giocattolo al cane e lanciarlo affinché il cane lo inseguisse e lo riportasse".
I giocattoli, poi, erano di varie forme, materiali, dimensioni e colori. "Ciò per evitare che i cani imparassero a classificarli in base a caratteristiche fisiche", precisano gli esperti. Questo è stato solo l'inizio del test, poi ne sono susseguiti altri molto complessi per verificare davvero se i cani riuscivano a distinguere gli oggetti in base alle funzioni e il risultato finale è stato che quando veniva chiesto ai cani di scegliere un giocattolo da riportare o da tirare, indovinavano più spesso di quanto il puro caso avrebbe permesso e che dunque sapevano esattamente a cosa sarebbero serviti gli oggetti nell'interazione ludica con i loro umani di riferimento.
La teoria della mente, prerogativa non solo umana
Questi risultati e la continua ricerca che si svolge a Budapest in particolare sull'intelligenza dei cani sta sempre di più apportando beneficio per comprendere quanto gli animali in generale, e il cane nello specifico, abbiano cognizioni che fino a pochi decenni fa venivano attribuite solo all'essere umano.
Proprio la "teoria della mente", del resto, era stata già verificata in specie però che sono a livello genetico vicinissime all'uomo come gli scimpanzé (Pan troglodytes), i bonobo (Pan paniscus), gli orango (Pongo abelii) e i macachi giapponesi (Macaca fuscata). Anche su questi animali la ricerca è in continuo divenire per capire se effettivamente hanno piena consapevolezza degli stati mentali altrui.