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In molte case italiane i gatti sono parte della famiglia. Non solo semplici inquilini ma membri di una sistemica relazionale intricata fatta di quotidiane scelte e routine che coinvolgono l'animale e le persone. I mici hanno un fascino unico tanto da essere tra gli animali da compagnia più popolari al mondo. Nel Regno Unito, in Giappone e nell'Unione Europea, sono la specie più comune e anche nei paesi in cui i cani rimangono più popolari, il numero di gatti è in crescita, come in Brasile. Ma quanto davvero ne conosciamo il carattere e quanti falsi miti ci sono sui piccoli felini tanto cari alla specie umana?
Queste osservazioni hanno dato spunto a uno studio appena pubblicato in cui alcuni ricercatori brasiliani dalla formazione multidisciplinare (Psicologia Sperimentale, Biodiversità e conservazione della natura, Etologia e benessere animale e Scienze Agrarie e Veterinarie) hanno voluto proprio mettere in evidenza le convinzioni errate che le persone hanno sui gatti per svelarle dal punto di vista scientifico.
Il gatto è solitario e meno socievole del cane
Uno dei luoghi comuni più associati ai gatti, per esempio, è credere che si tratti di compagni di vita solitari e molto poco avvezzi alle coccole. Gli esperti hanno invece dimostrato, rianalizzando i numerosi studi che si sono svolti al riguardo, che i piccoli felini domestici formano legami duraturi e molto profondi con le persone di riferimento, dimostrando una preferenza spiccata proprio per la compagnia delle persone. "La persistenza di tali convinzioni può anche essere influenzata dal modo in cui le persone percepiscono le differenze comportamentali tra gatti e cani – specificano gli esperti – i gatti sono spesso visti come più indipendenti e meno emotivamente legati ai loro care giver rispetto ai cani, che sono generalmente considerati più espressivi e socialmente impegnati. Questi confronti possono portare alla percezione che i gatti richiedano meno interazione, cure e investimento emotivo".
Questo bias cognitivo comporta delle conseguenze nella cura dell'animale che i ricercatori non esitano a mettere in evidenza: "I gatti sono spesso visti come meno esigenti dei cani, il ché può rafforzare questa percezione. Tuttavia, tali confronti sono problematici perché perpetuano l'idea che i gatti non abbiano bisogno di cure semplicemente a causa della loro indipendenza. Sebbene i gatti non siano così sociali come i cani, sono in grado di formare legami e strutture gerarchiche, soprattutto quando cresciuti insieme fin da cuccioli. È importante notare che gatti e cani differiscono biologicamente, comportamentalmente ed evolutivamente; aspettarsi che si comportino in modo simile può portare a frustrazione e, in alcuni casi, alla rinuncia o all'abbandono".
Una errata convinzione, dunque, genera la distorsione della realtà e una bassa qualità della vita per il gatto anche nella cura quotidiana tanto nella cura quotidiana, nell'attenzione sulla salute e nel campo delle esigenze comportamentali.
Il gatto che vive in un appartamento è sicuramente un animale infelice
Tante persone ritengono che i gatti che vivono in appartamento necessariamente fanno una vita non adeguata alle loro esigenze nel momento in cui non viene garantito loro di uscire. Secondo i ricercatori, sebbene la motivazione esplorativa sia importante, la vita all'aperto non è la soluzione ideale per i gatti domestici: li espone a pericoli come il rischio di essere investiti, la possibilità di contrarre malattie e anche di finire nella fauci di predatori. Gli esperti sottolineano però la necessità di fornire all'animale un ambiente casalingo arricchito che riesca a soddisfare le esigenze etologiche. Tra gestione indoor e outdoor, scrivono gli autori dello studio: "Nessuno dei due metodi garantisce livelli ottimali di benessere, e ci sono rischi e benefici associati ad entrambi. Questo è un argomento che ha generato un ampio dibattito, ed è necessario bilanciare costi e benefici. Ad esempio, i gatti con accesso illimitato alle aree che attraversano i confini della loro residenza sono generalmente meno suscettibili a sviluppare obesità, mostrano meno marcature urinarie all'interno della residenza, hanno meno probabilità di sviluppare problemi comportamentali e urinari e provano meno noia e frustrazione. Tuttavia, questi stessi gatti sono più esposti al contagio da malattie virali, fungine e batteriche, siano esse zoonosi o malattie tipiche della specie".
I gatti portano sfortuna
Culture diverse che condividono un pensiero comune, soprattutto per i gatti neri: portano sfortuna. Si tratta di un pregiudizio che ha radici che affondano nella storia di molte popolazioni a diverse latitudini ma – sembra quasi strano doverlo scrivere – la scienza non ha mai dato supporto a questa orribile tradizione. "In breve – concludono gli scienziati – le credenze sui gatti nel corso dei secoli hanno influenzato il loro trattamento e il loro benessere. Ancora oggi, questi miti influenzano le adozioni e contribuiscono a casi di maltrattamento e abbandono. Sfatando queste percezioni errate è essenziale promuovere l'apprezzamento dei gatti come soggetti morali".
I gatti trasmettono malattie
Un altro pensiero diffuso fa del male al benessere dei gatti: credere che siano portatori di malattie trasmissibili agli umani. In particolare i ricercatori si riferiscono alla toxoplasmosi. Gli esperti al riguardo spiegano che questa patologia può essere contratta attraverso cibo o acqua contaminati e non esclusivamente attraverso l'esposizione alle feci di gatti infetti. "In particolare, i gatti sono gli ospiti definitivi di Toxoplasma gondii ed eliminano le oocisti del parassita per un periodo limitato, di solito entro 7-10 giorni dall'esposizione. Inoltre, le oocisti eliminate non sono immediatamente infettive e richiedono almeno 24 ore per diventare capaci di causare la malattia". La cura dell'igiene diventa dunque l'elemento discriminante e la pulizia quotidiana della lettiera "impedisce che gli oocisti maturino e diventino infettivi". Molto spesso, poi, si parla di toxoplasmosi quando in famiglia si aspetta un bambino perché la malattia può essere trasmessa verticalmente da una donna incinta al feto durante la gravidanza. "Tuttavia, le vie di trasmissione più comuni rimangono cibo e acqua contaminati, soprattutto attraverso alimenti crudi o poco cotti".
Per quanto riguarda altre patologie trasmissibili, nello studio è specificato che "sebbene i i gatti domestici possono essere vettori per la trasmissione di malattie agli esseri umani, ad altri gatti e alla fauna selvatica è importante sottolineare che molte di queste malattie hanno vie di trasmissione primarie non correlate ai gatti e sono più comunemente diffuse con altri mezzi".
L'influenza della letteratura e del cinema nelle leggende negative sui gatti
I luoghi comuni nascono da tradizioni orali tramandate per secoli che poi sono state cristallizzate anche in opere dell'ingegno umano, attraverso ad esempio libri, cinema e anche il passaparola all'interno delle variegate culture umane che popolano il Pianeta. Lo studio ha messo infine in evidenza come l'immagine fantasiosa del gatto come una creatura misteriosa o anche cattiva ha portato a credere che davvero lo fosse.