
Ad Acate, in provincia di Ragusa, un pony è stato trascinato legato a un'auto per diverse centinaia di metri, morendo tra sofferenze indicibili. All'epoca del fatto, nella primavera del 2022 i Carabinieri denunciarono a piede libero un uomo di 32 anni, originario del luogo, ritenuto responsabile di furto aggravato e maltrattamento di animali.
La denuncia si è poi concretizzata con il rinvio a giudizio, supportato anche dalle immagini registrate dalle telecamere di video sorveglianza situate lungo la strada sulla quale l’uomo il pony è stato trascinato. Dopo tre anni, però, il Tribunale di Ragusa ha assolto l'imputato con la formula "il fatto non sussiste".
Gli attivisti del Progetto Vegan di mail pressing nazionale però non ci stanno come denunciano in una lettera aperta: "Il fatto è evidente: il pony è morto e la legge per punire tali crudeltà esiste da anni, ma non viene applicata".
Cosa è successo al pony ucciso in strada ad Acate
Nell'aprile del 2022 un episodio tragico sconvolse il comune siciliano di Acate, in provincia di Ragusa. Una femmina di pony venne trascinata per diverse centinaia di metri da un'auto in movimento. L'animale, stremato, a un certo punto si è lasciato cadere sul terreno, ma neanche a quel punto il veicolo si è fermato. Solo allora la macchina si è fermata e ha liberato la piccola pony dalle corde lasciandola senza vita e con le carni lacerate lungo il ciglio della strada.
Le foto della piccola pony pubblicate dagli attivisti mostrano tutta la sofferenza che ha patito in quei terribili momenti: il corpo, in origine marrone ma reso rosso dal sangue, appare scarnificato sul fianco sinistro, il lato sul quale probabilmente si è accasciato negli ultimi momenti.
Con la diffusione di queste foto e del video, la società civile e la comunità animalista ha invocato giustizia per il pony di Acate, una speranza disattesa dall'esito del processo.
Perché l'imputato per la morte della pony non è stato condannato per maltrattamento sugli animali
Recentemente, il Tribunale di Ragusa ha assolto la persona imputata della morte del pony con la formula "il fatto non sussiste". Una contraddizione secondo gli attivisti che va in contrasto con l'articolo 9 della Costituzione, modificato proprio nel 2022 che ha introdotto per la prima volta la tutela dell'ambiente e degli animali tra i principi fondamentali dello Stato.
L'assoluzione si scontrerebbe però anche la Legge 189 del 2004 relativa al divieto di maltrattamento degli animali, e con tutte le disposizioni del Codice Penale, modificate recentemente attraverso la riforma Brambilla, che vietano la crudeltà e l'uccisione senza necessità
A questi si aggiungono poi ancora le norme sovranazionali come l'art. 13 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea e la Convenzione europea del 1987, che riconoscono gli animali come esseri senzienti.
"Non manca la legge, manca purtroppo la volontà e la responsabilità di applicarla e farla applicare – spiegano gli attivisti del Progetto Vegan – Quando un tribunale afferma ‘il fatto non sussiste' di fronte a una crudeltà così evidente, si invia ai cittadini un messaggio devastante: chi maltratta gli animali può farla franca. Questo non è diritto, non è giustizia e di sicuro non è civiltà".
Per questo gli animalisti hanno avanzato una serie di richieste attraverso un serrato mail bombing indirizzato principalmente alla Procura di Ragusa, e poi alla Prefettura, ai Ministeri della Giustizia, dell'Agricoltura, e infine alla Presidenza della Regione Sicilia.
- Pubblicazione integrale e accessibile delle motivazioni della sentenza;
- Verifica immediata di possibili impugnazioni o riesami in presenza di lacune istruttorie o errori interpretativi;
- Apertura di un'indagine ministeriale sulle carenze investigative e sulla mancata applicazione della Legge 189/2004;
- Avvio di programmi di formazione obbligatoria per magistrati, forze dell'ordine e veterinari forensi sul benessere animale;
- Presa di posizione pubblica e immediata delle istituzioni coinvolte, a tutela della legge e della società civile.
"È tempo che la giustizia chiami le cose con il loro nome: crudeltà, reato, sofferenza e che chi infligge dolore ne risponda pienamente", è l'appello finale.