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Ci sono domande che possono sembrare banali, ma che ci accompagnano praticamente da sempre e accendono la curiosità non solo di naturalistici e biologici. Una di queste è sicuramente: perché le zebre hanno le strisce? Naturalmente, non può essere solo una questione estetica, né un dettaglio secondario o irrilevante. Le strisce devono avere una funzione pratica e "utile", ma per tantissimo tempo sono state un vero e proprio enigma evolutivo che ha attraversato i secoli, tormentando naturalisti, scrittori e scienziati.
Già Charles Darwin e Alfred Russel Wallace – i papà della teoria dell'evoluzione – si interrogavano su questo mistero, e persino Rudyard Kipling – l'autore de Il libro della giungla – ne fece un elemento narrativo dei suoi racconti. Eppure, per quanto la questione abbia affascinato generazioni, una risposta chiara e definitiva ha tardato ad arrivare. Oggi però, dopo secoli di ipotesi più o meno plausibili, la scienza sembra aver trovato una spiegazione che – almeno per ora – pare mettere tutti d'accordo.
I motivi del manto striato nelle zebre

Per molto tempo, l'ipotesi più accreditata è stata quella del mimetismo. Dopotutto, anche tanti altri animali striati o maculati – come le tigri o i panda – usano il contrasto del loro mantello per confondersi con l'ambiente circostante. È quella che viene chiamata disruptive coloration, una strategia evolutiva in cui i colori contrastanti "spezzano" la sagoma dell'animale, rendendolo meno riconoscibile agli occhi dei predatori o delle prede. Tuttavia, le zebre vivono soprattutto in ambienti aperti, come le savane, e l'ipotesi è stata poi abbandonata.
Un'altra ipotesi avanzata negli anni 70 suggeriva che le strisce potessero creare una sorta di illusione ottica: una mandria in fuga diventerebbe un turbinio indistinto di linee nere e bianche rendendo difficile a per leoni o iene mettere nel mirino un singolo individuo. Ma anche in questo caso, le osservazioni sul campo sembrano smentire questa teoria. Altri studiosi hanno ipotizzato una funzione comunicativa, forse legata al riconoscimento e alla coesione del gruppo, senza però riuscire a dimostrarlo.

E allora? Ecco l'ipotesi che attualmente gode del maggiore consenso: le strisce servono a tenere lontane le mosche. Parliamo di tafani, mosche tse-tse e altri parassiti ematofagi che, nelle savane africane, possono essere molto fastidiose e pericolose. Già nei primi del Novecento era stato notato che questi insetti tendono a evitare superfici fortemente contrastate, ma solo recentemente è arrivata la conferma scientifica definitiva, grazie a un esperimento tanto famoso, quanto bizzarro.
L'ecologo Tim Caro ha fatto indossare a dei cavalli dei "pigiami" a strisce bianche e nere, vestendoli da zebre. Il risultato? Le mosche si avvicinavano con la stessa frequenza, ma facevano molta più fatica ad atterrare sui cavalli-zebra. Le strisce sembrano disturbare il sistema visivo degli insetti durante la fase di atterraggio, rendendo la superficie apparentemente "invisibile" ai loro occhi. Curiosamente, funziona anche con i motivi a scacchi. Al momento, questa resta la spiegazione più accreditata sulla funzione delle strisce nelle zebre.
Di che colore sono le zebre quando nascono?

L'inevitabile domanda successiva e che da sempre accompagna la precedente è: le zebre sono a nere a strisce bianche o bianche a strisce nere? Alla nascita, le piccole zebre sono già perfettamente striate. Non ci sono individui "tutti neri" o "tutti bianchi" che poi sviluppano le strisce col tempo, come accade con altri animali maculati o striati. Eppure, la risposta a questa domanda esistenziale esiste e arriva dalla genetica e dall'embriologia: le zebre sono nere a strisce bianche.
Durante lo sviluppo dell'embrione, la pelle della zebra all'interno del grembo materno è inizialmente scura, tendente al nero. Solo in un secondo momento, poco prima della nascita, iniziano a formarsi le caratteristiche strisce bianche, come una sorta di "disegno" sovrapposto a un fondo nero. Anche da un punto di vista evolutivo, gli antenati delle zebre moderne avevano probabilmente un mantello uniforme e bruno, simile a quello di tanti altri equidi. Le strisce bianche sono quindi un'aggiunta recente, emersa nel corso dell'evoluzione.
Esistono zebre senza strisce?

Oggi esistono tre specie diverse di zebre e sono tutte a strisce bianche e nere, ma la natura ama le eccezioni e ogni tanto nascono individui con aberrazioni cromatiche e colori strani. Alcuni presentano albinismo, con manti quasi completamente bianchi, occhi chiari e una maggiore sensibilità alla luce. Altri hanno condizioni come il leucismo, dove le strisce risultano sbiadite o parzialmente assenti, creando un effetto "fantasma". Ci sono anche casi di pseudo-melanismo, in cui le strisce si fondono fino a far sembrare l'animale quasi tutto nero oppure a pois.
C'è però un caso molto particolare e non legato a un'anomalia o a una particolare condizione genetica: il quagga, una sottospecie di zebra delle pianure che viveva in Sudafrica e che purtroppo si è estinta verso la fine del 1800. Il quagga aveva strisce solo nella parte anteriore del corpo – testa, collo e un po' sul dorso – mentre il posteriore era completamente bruno, simile a quello di un cavallo. Questa particolarissima zebra ci affascina da sempre e qualcuno ha quindi deciso di "riportarla in vita".
Nel 1987 è nato così il Quagga Project, che attraverso l'allevamento e selezione, sta creando una popolazione di zebre col mantello molto simile a quello del quagga originale. Anche se non si tratta della vera e propria de-estinzione, il progetto ha permesso di capire molto sulle variazioni di colore nel mantello delle zebre. Dunque, dopo secoli di domande senza rispsota e ipotesi più o meno credibili, oggi sappiamo che le zebre sono nere a strisce bianche e che queeste servono a tenere lontane mosche e altri insetti.
Tuttavia, come accade praticamente sempre con la biologia e lo studio dell'evoluzione, non è detto che questa sia una verità unica e definitiva. È possibile che le strisce servano anche a svolgere altre funzioni, magari in modi che ancora non riusciamo a comprendere o a dimostrare. Forse hanno un ruolo nella socialità, nella termoregolazione, oppure sono il risultato di un lungo processo evolutivo in cui più scopi e funzioni si intrecciano contemporaneamente. Per il momento ci accontentiamo, perlomeno fino al prossimo studio.