UN PROGETTO DI
5 Giugno 2025
14:23

Oltre l’abbandono: quando il canile diventa rinascita. Il documentario che ti farà venire voglia di adottare un cane per sempre

Gian Marco Papa, volontario e film maker, ha dato vita a un racconto corale in cui volontari, operatori di canile, istruttori cinofili e adottanti riescono a testimoniare che "i cani di nessuno" sono solo individui che non sono stati capiti né trattati da esseri senzienti e che nei canili ci sono tanti soggetti solo in attesa della giusta adozione. Un documentario intenso che riesce a dare molte risposte e spiegare perché tra i tanti problemi oggi il principale è la sofferenza che patiscono i Terrier di tipo Bull abbandonati nelle strutture di tutta Italia.

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“Vorrei che quello che vedo io come volontario potessero vederlo più persone, anche esterne al canile, magari così i cani avrebbero qualche possibilità in più di essere adottati”. Nasce da questa riflessione il documentario "Oltre l’abbandono – Quando il canile diventa rinascita" girato nel canile di Carpi da Gian Marco Papa, un volontario e film maker che si è armato di videocamera e ha chiesto agli altri volontari, operatori e istruttori cinofili di aprire non solo i box ma anche il cuore di fronte all'obbiettivo per raccontare chi sono i cani con cui ogni giorno hanno o hanno avuto a che fare.

“Ho chiesto ai miei colleghi: ‘Perché non facciamo un video dove raccontiamo la nostra realtà e facciamo vedere la nostra routine e com’è la vita dei cani?' – racconta Papa a Kodami – e così è nato il documentario in cui abbiamo voluto descrivere il legame profondo che si crea con questi cani, per dimostrare che non sono diversi da quelli che vivono nelle nostre case".

Le immagini alternano sapientemente e con grande delicatezza i volti delle persone a quelle dei quattro zampe. Dentro e fuori dalle gabbie ci sono uomini e animali che hanno stabilito una relazione profonda, storie di individui che si sono riconosciuti e scelti e le parole delle donne e degli uomini che descrivono la vita in canile diventano la testimonianza dei cani che rappresentano.

Sergio, Raffaella, Desireé, Anna e gli altri: storie di persone che hanno dedicato la vita al benessere dei "cani che nessuno vuole"

Sergio Giacomelli fa il volontario in canile dal 1996 e, come lui stesso ricorda nel documentario, era un periodo in cui "i cani erano tenuti a catena". La sua scelta di dedicarsi a questa attività avviene dopo aver subito un infarto: da allora non ha mai smesso e così è rinato.

Desireè Ammeli, 19 anni, è la più giovane e parla proprio al fianco di Sergio, che le dà anche qualche consiglio. La ragazza ascolta e apprezza ma nelle sue parole si sente la determinazione di chi sa già di aver fatto la scelta giusta: "Al posto di vedere i video dei cani sui social ho deciso di stare insieme a loro in modo concreto e non dietro ad uno schermo".

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Sergio e Desireé

Raffaella Benedusi, volontaria storica e presidente dell'associazione G. Z. Carpigiano, descrive il passato e il presente come un flusso di trent'anni in cui sono cambiate, in meglio, tantissime cose ma ci sono situazioni oggi che vanno affrontate con estrema responsabilità da parte di chi adotta o compra soprattutto una determinata categoria di cani: i Terrier di tipo Bull e i molossi. "All'inizio era tutto difficile e eravamo pieni di cani da caccia e bastardini in una struttura fatiscente. Ora abbiamo una forte presenza di molossoidi e Pitbull: cani che fanno molta fatica a sopportare la vita in canile e noi cerchiamo di rendergliela più tranquilla, dando loro tantissime attenzioni".

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Raffaella

Consuelo Bellelli, operatrice di canile, racconta così la sua scelta: "Vedevo le bancarelle dove venivano mostrati i cani alla festa dell'Unità e una volontaria mi ha spiegato cosa facevano. Da quel momento sono stata risucchiata e non ho avuto più una domenica libera ed è diventato il mio passatempo preferito. Forse così ho riempito un vuoto e dopo 18 anni di volontariato è diventato un mestiere e sono anche diventata educatrice cinofila".

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Anna Bernardelli è l'istruttrice cinofila di riferimento del canile di Carpi insieme a Davide Godi. E' lei a chiarire come stanno le cose, non solo in Emilia Romagna: "La situazione italiana dei canili rispetto al fenomeno dell'abbandono e della rinuncia è critica: ci sono poche adozioni rispetto alle entrate. C'è una grande superficialità che si riversa sulla scelta di prendere un cane senza fare una vera assunzione di responsabilità: quando si decide di adottare o pure acquistare un cane di razza alla base non c'è consapevolezza dei bisogni e delle attitudini dell'animale".

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Anna

Gian Marco Papa ha cercato di far emergere gli aspetti più profondi della condivisione della vita con individui che ancora troppo spesso vengono percepiti come "i cani che nessuno vuole", spesso a causa dell'ignoranza di chi crede che i canili siano solo luoghi di dolore dove la società ha ghettizzato gli animali che vengono ritenuti "cattivi" o "inadottabili".

Questo documentario, invece, mostra una struttura in cui l'unione degli intenti ha portato a una gestione che mette in primo piano il riconoscimento dell'individualità di ogni ospite  attraverso l'approccio cognitivo zooantropologico in cui l'educazione del cane e delle persone mette in primo piano la costruzione di una relazione sana, in cui vi è il riconoscimento dei bisogni e della personalità degli animali.

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"In tanti anni abbiamo sentito di tutto da parte delle persone che abbandonano il cane in canile – è una delle testimonianze dei volontari della struttura di Carpi che fa venire i brividi mentre la si ascolta – All'inizio ci credevamo a quello che ci dicevano, ma dopo due giorni che stai con quel cane capisci che avevano mentito. Sono cose che le persone dicono e si dicono per togliersi il cane, perché hanno fatto una scelta stupida come se fosse un giocattolo per un bambino o la voglia di un ragazzino. E anche chi viene a vedere poi gli ospiti magari chiedono ‘il cane perfetto e tranquillo' e si e vengono presi in considerazione poche volte i soggetti come i Terrier di tipo Bull e quelli di grandi dimensioni perché si sentono tante brutte cose ma la colpa è dell'essere umano non di questi cani".

Anna, l'istruttrice cinofila, poi, sottolinea un aspetto importantissimo che riguarda proprio i tanti Pitbull o mix che sono condannati a una vita in canile non solo a Carpi: "Sono stati presi da persone poco affidabili, che li hanno scelti per status sociale ovvero credendo che ‘faccia figo' avere un Pit. Sono cani che hanno una fisicità importante, selezionati da noi proprio per non essere socievoli con altri cani. Ma le persone se ne fregano e non sanno che invece sono cani sensibilissimi: si legano tantissimo alla persona di riferimento e vivono bene anche senza contatti con altri cani. I Terrier di tipo Bull riescono pure ad avere ‘pochi amici ma buoni'… pensate come possono stare in canile: completamente spaesati e molte volte sviluppano delle patologie legate proprio da quello che viene definito ‘stress da canile', sviluppando comportamenti compulsivi e autolesionismo".

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Sara e David

Ed è la storia di Sara e del Pitbull David a testimoniare nel documentario quello che l'istruttrice cinofila ha sottolineato. La volontaria racconta le difficoltà iniziali della vita di questo cagnone nella struttura di Carpi e quanto fosse difficile anche solo approcciare con lui. "E' il mio orgoglio: era difficilissimo da capire e all'inizio uscivo dal suo box con le gambe livide. Poi, piano piano, ho insistito anche perché nessuno andava dentro da lui: avevano paura. A me, invece, ha sempre dato qualcosa e ho lavorato con Anna e Davide (l'altro istruttore di riferimento ndr) e ora lui si fida di me completamente. Mi ascolta e stiamo crescendo insieme".

La storia di Chiara e Shark, l'adozione di un mix Pitbull adulto che come tanti altri sembrava non avere speranze

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Chiara e Shark

Non manca anche la testimonianza di un'adottante: Chiara ha voluto conoscere e approfondire l'amicizia con Shark, un mix Pitbull di sei anni, superando appunto i preconcetti e trovando il cane della sua vita.

E' proprio il regista a ricordare questa storia direttamente qui su Kodami: "Chiara è una ragazza che ha iniziato a frequentare il canile, come volontaria delle passeggiate. 3 giorni a settimana infatti siamo aperti al pubblico per permettere alla persone di venire a conoscere i nostri cani e farli uscire. Lei era venuta per partecipare a questa attività ma il cane che seguiva era già stato affidato ad un’altra persona. Facendo un giro nel corridoio del canile, la sua attenzione è stata però catturata da quello che lei durante l’intervista definisce ‘un cane speciale‘. Era Shark, che aveva deciso di farsi notare in maniera diversa rispetto agli altri cani: appoggiando la zampa alla porta del suo box e abbaiando timidamente, come per chiamarla. Da quel giorno in poi, Chiara ha continuato a portare fuori Shark e, una passeggiata dopo l’altra, tra loro è nato uno splendido legame. Dopo un percorso di pre adozione, lo ha portato a casa con sé".

Papa ci tiene però ad aggiungere qualcosa di molto importante, proprio per far passare un messaggio insito in questa coppia che si è formata e che spesso non viene considerato, ovvero la possibilità di adottare cani adulti a prescindere anche dai pregiudizi sulle tipologie: "Chiara era arrivata in canile con l’idea di adottare un cane di taglia piccola e cucciolo, quindi esattamente l’identikit della tipologia più richiesta. In questo non c’è nulla di male se non fosse che la maggior parte di cani che ospitiamo in canile sono adulti e di taglia grande. Come lei stessa dice nell’intervista, aveva i classici preconcetti riguardo alla scelta di un cane, pensando che un cane adulto può essere problematico. Shark ha messo in discussione quelle che erano le sue credenze. Noi del canile, lo definiremmo un piccolo miracolo, perché cani come lui hanno una scarsissima possibilità di essere adottati".

Il legame tra cane e umano, punto di svolta per un'adozione consapevole

"Oltre l’abbandono – Quando il canile diventa rinascita" racconta tutto ciò che si può vivere facendo un'adozione consapevole e descrive esattamente quello che invece, purtroppo, accade quando le persone non considerano il cane un essere senziente ma un oggetto.

"Penso che il legame che si crea tra cane e umano – continua il film maker – sia uno dei più puri e profondi che si possa avere. I cani vivono per noi e credo che il minimo che possiamo fare noi umani, per sdebitarci dell’amore incondizionato che ci danno, sia prenderci cura di loro ed essere attenti alle loro esigenze, che sono molto diverse rispetto alle nostre e che spesso mal si sposano con il nostro stile di vita. Spero che questo film possa contribuire a far riflettere le persone, in primis sulle responsabilità che comporta avere un cane e poi sulle conseguenze dell’abbandono. Inoltre mi auguro che possa servire a sfatare luoghi comuni come quello sui cani adulti e a far sì che le persone prendano in considerazione un’adozione invece che un acquisto".

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Desireé con due cucciolone

Il documentario dedicato al canile di Carpi è un messaggio di speranza e non un grido di denuncia ma descrive una realtà che purtroppo è ancora estremamente rara in Italia. E anche in questo senso è importante ed educativo vederlo, perché da queste persone bisognerebbe prendere esempio in molte strutture in Italia. Sarà lanciato online il 9 Giugno e sarà visibile sul sito dedicato al progetto: www.oltrelabbandono.com.

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