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1600 cani rimangono, da anni ormai, ancora una volta in attesa di una decisione per uscire o meno dalla trappola della sperimentazione animale. Il destino dei 1600 Beagle utilizzati da Aptuit, azienda multinazionale farmaceutica la cui sede principale è a Verona, è sulle scrivanie del TAR del Lazio da un tempo orami "infinito" ma ancora una volta si è deciso di rimandare la sentenza che deve portare a stabilire se questi animali potranno avere una vita diversa rispetto a quella che è loro destinata.
Il 10 giugno 2025 sarebbe dovuta arrivare la decisione del Tribunale Amministrativo per una vicenda che va avanti dal 2021. In quell'anno la LAV e altre associazioni a tutela del benessere animale avevano denunciato la prassi seguita dall'azienda veronese per continuare a sperimentare sugli animali praticando test tossicologici e farmacogenomici. Il nodo della vicenda è che Aptuit tiene questi animali in Francia per poi trasferirli in Italia, essendo nel nostro Paese vietato dal 2013 allevare cani, gatti e primati per la sperimentazione.
La Procura di Verona, all'epoca, decise di indagare sulla vicenda e si arrivò alla liberazione di 51 animali che erano detenuti nei laboratori veronesi. L'inchiesta portò a rendere evidente le condizioni non in linea con il benessere animale in cui non solo i Beagle ma anche dei primati, tanto che già nell'aprile del 2022 si procedette al sequestro di sette cani, di tutte le scimmie marmoset presenti al momento dell'ispezione dei Carabinieri forestali all'interno e di sette macachi di Giava.
Ulteriori ispezioni nel 2024, come reso noto dalla Lav che ha sempre seguito la vicenda, "hanno inoltre confermato la presenza di ‘gravi e plurime violazioni' normative, tanto da spingere il Consiglio di Stato a trasmettere gli atti alla Procura e al Ministero della Salute".
Da allora si va avanti però a colpi di carte e burocrazia, con l'azienda veronese che vuole continuare la sperimentazione e lancia proposte chiaramente inaccettabili per chiunque abbia a cuore il benessere degli animali. Come riporta l'Ansa, infatti, durante l'udienza che si è svolta al Tar, gli avvocati di Aptuit hanno proposto un modello di sperimentazione “traslazionale”: coinvolgere un numero inferiore di cani rispetto alle autorizzazioni originali, ma eseguire su ciascuno un maggior numero di test, motivando la scelta con la definizione di sofferenza “moderata”.
Molte sono le proteste che nel corso degli ultimi anni sono andate avanti simultaneamente all'emersione di notizie e di "nulla di fatto" rispetto a uno stop definitivo della possibilità che l'azienda, in buona sostanza, continua ad avere di procedere ai test sul territorio italiano con questo escamotage di importare gli animali dall'estero.
Il caso dei Beagle è particolarmente coinvolgente e fa presa non solo su attivisti e animalisti, ma colpisce anche l'opinione pubblica in maniera trasversale anche perchè richiama alla mente quelle immagini della liberazione di altri Beagle dall'allevamento di Greenhill, il 28 aprile 2012, quando a Montichiari oltre mille persone entrarono nella struttura per liberare i cuccioli destinati alla sperimentazione.

La nuova data per quanto riguarda la decisione del Tar sui Beagle di Aptuit sarà a fine luglio. L'unica cosa certa e chiara, ad oggi, è che questa vicenda sempre di più rappresenta un caso, purtroppo esemplare in senso negativo, di come ancora non si riescano a riconoscere definitivamente come esseri senzienti gli animali nel nostro Paese e quanto sia delicato da regolamentare il tema della sperimentazione nel nostro sistema giuridico in modo chiaro, senza permettere escamotage come quello dell'importazione.
La scelta che verrà presa non dovrebbe riguardare infatti solo le sorti di questi cani, ma dare un indirizzo che valga per il futuro relativamente al regolamentare metodi di ricerca più etici, considerando il progresso della scienza con l'uso alternativo e funzionale di modelli computazionali e colture cellulari 3D che consentono di ridurre o eliminare la necessità di utilizzare animali vivi.
Per quanto riguarda poi le responsabilità nel caso specifico, al di là della decisione del Tar, restano in piedi le imputazioni di maltrattamento e uccisione non necessaria contro gli ex responsabili di Aptuit (veterinario aziendale e ex presidente della società) che devono affrontare un processo per maltrattamento di animali e uccisione non necessitata di animali, reati previsti dal Codice Penale agli articoli 544-ter e 544-bis. In caso di condanna rischiano per il primo reato una pena a 18 mesi di reclusione e per il secondo aumenta fino a due anni. Nel aprile del 2024, la Procura di Verona ha chiusi le indagini preliminari ma ancora si attende l'apertura del processo penale.