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12 Giugno 2025
15:04

Né permissivi né autoritari: quale comportamento adottare quando si educa un cane

Il cane deve essere visto come un soggetto pensante, dotato di emozioni e cognizioni. L'educazione o l'addestramento devono partire dalla comprensione della sua individualità e dalla creazione di una relazione basata su rispetto e collaborazione, non certo sulla coercizione.

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Da "deve capire chi comanda" a "tutto gli è concesso": sono due estremi che molte persone applicano nella vita con il cane, lì dove proprio la parola "relazione" dovrebbe essere la chiave attraverso la quale aprire la porta della comunicazione tra persona e altro animale per trovare la metodologia adatta al singolo rapporto in cui vanno sempre valutate la personalità dell'uno e dell'altro e nel segno del rispetto reciproco.

Con questa breve premessa si vuole subito chiarire che rapportarsi a un individuo di un'altra specie significa conoscerne l'etologia, prima ancora di parlare di metodi e approcci. Per etologia canina, nello specifico, si intende conoscere il repertorio comportamentale del cane, le sue caratteristiche specie specifiche e dunque la comprensione del suo linguaggio e delle sue vocazioni. Il padre dell'etologia è stato Konrad Lorenz che ha così fondato una materia il cui obiettivo è lo studio comparato del comportamento degli animali, umani e non umani, attraverso metodi scientifici rigorosi.

A maggior ragione con il cane, animale che si è co evoluto con la nostra specie, comparare il nostro comportamento al suo è molto importante all'interno di una relazione in cui avviene  – come è stato scientificamente provato – una vera e propria osmosi emozionale, ovvero un contagio emotivo che contribuisce in maniera determinante al benessere di entrambi i soggetti.

Quali sono l'approccio e il metodo più diffusi nell'educazione del cane

Ci sono due modalità che attualmente dominano la scena della cinofilia in cui possiamo riassumere le principali scuole di pensiero: educazione e istruzione cinofila da una parte e addestramento dall'altra. Educazione e istruzione sono definiti "approcci", l'addestramento è un "metodo".

Nell'approccio cognitivo zooantropologico, che include le due diverse attività di educazione e istruzione a seconda dell'età del cane, l'esperto cinofilo parte dal presupposto che attraverso l'osservazione si può interpretare cosa pensa Fido, visto come un soggetto dotato di emozioni e cognizioni che sente e ragiona e per tanto si comporta in un determinato modo. Nel metodo classico, ovvero nell'addestramento, si ritiene che il cane agisce in base a un condizionamento.

Molto importante, prima di procedere con la spiegazione approfondita, è chiarire pure che educare e addestrare sono proprio due cose diverse, mentre nel linguaggio comune le persone utilizzano ancora i due termini come sinonimi. Come abbiamo spiegato diverse volte su Kodami, è l'etimologia stessa delle parole che ci aiuta a comprenderne la differenza.

Educare – Il verbo deriva dal latino "ex ducere", significa "tirare fuori" da qualcuno abilità e capacità che già ha.

Addestrare – Sempre andando alla radice del significato, vuol dire "rendere destro" ovvero insegnare a qualcuno a fare qualcosa di specifico.

Un'aggiunta ulteriore a questa che comunque è una breve disamina considerando quanto ci sarebbe da scrivere in materia di cinofilia e anche cinotecnica, serve anche proprio relativamente a come abbiamo iniziato questo articolo. Spesso, infatti, l'approccio CZ viene confuso con il cosiddetto "gentilismo" che invece è una corrente di pensiero e un metodo nati tra il 1970 e 1980 come risposta alla necessità di non dover più rincorrere alle punizioni e alla coercizione nei confronti del cane per ottenere ciò che si vuole. L'esponente più nota tra i dog trainer che hanno sposato questa modalità di relazionarsi al cane è stata l'americana Karen Pryor che ha dato via al cosiddetto "rinforzo positivo" e al metodo del clicker training, avvalorando la tesi che i cani sono portati a dare risposte positive nell'addestramento nel momento in cui sono stimolati da un premio.

Parlare oggi di gentilismo è però anacronistico quanto ancora accettare che vi siano addestratori che usano la coercizione per "dominare" il cane. Educare o addestrare hanno scopi diversi ma alla base vi devono essere gli elementi fondamentali di qualsiasi relazione: comprensione, collaborazione e rispetto. Un cane ha bisogno di essere capito e, allo stesso tempo, di avere un punto di riferimento che sia autorevole e non autoritario. Ciò significa che una relazione sana passa attraverso anche dei corretti stop e non degenera nel permissivismo. Ciò che è importante da capire, appunto, è che non è la dominanza a fare da padrone ma il mettersi in rapporto con l'animale imparando noi per primi anche a saper dire dei "no".

Educazione e istruzione cinofila

Il fondatore dell'approccio cognitivo zooantropologico è l'etologo e filosofo Roberto Marchesini. Nasce da lui la scuola di pensiero che fonda sulla relazione con il cane l'approccio educativo e istruttivo/riabilitativo, a seconda se si tratti di un cucciolo o di in individuo adulto.

Nel suo libro "Educazione cinofila", Marchesini così spiega il significato del CZ: " L’educazione cinofila ha la relazione come focus, partendo ovviamente da quel particolare momento in cui il cane è un cucciolo ed è pertanto in via di formazione. Qui la relazione è fondamentale perché influenza in modo incisivo la traiettoria evolutiva del cucciolo … Il cucciolo è in una fase di sviluppo, che non coinvolge solo il suo corpo, ma anche la sua mente, volendo mantenere questo dualismo solo a scopo esemplificativo. L’identità del cane pertanto si costruisce giorno dopo giorno attraverso un processo di adattamento al contesto di vita, vale a dire l’ambiente in cui cresce e le relazioni con cui fa esperienza. Educando la relazione, ossia dando precise indicazioni d’indirizzo sugli aspetti del vivere quotidiano con il cane, inevitabilmente s’influenza il suo processo formativo. L’obiettivo sarà quello di evitare i rischi che abbiamo fin qui evidenziato e cogliere parallelamente le opportunità. È conseguente, allora, che l’educatore cinofilo sarà colui che indirizza la relazione per poter assegnare in via indiretta un indirizzo al processo formativo del cucciolo, perché il vero educatore del cane resta, a tutti gli effetti, chi vive quotidianamente con il cucciolo".

Per quanto riguarda invece la spiegazione di quale sia il ruolo di un istruttore cinofilo, nel suo libro "Istruzione cinofila" Marchesini scrive: "Nelle criticità comportamentali ci si trova ad agire su un soggetto che quasi sempre ha completato il suo percorso evolutivo e che, pertanto, non ha necessità di un’attività di indirizzo allo sviluppo, quanto di un’azione di tipo emendativo, ovvero di correzione e di mitigazione dei parametri alterati. Parlare di “istruzione cinofila” significa prima di tutto comprendere che le attività emendative hanno caratteristiche profondamente diverse rispetto alle attività evolutive, anche perché il soggetto cui sono rivolte non ha gli stessi connotati di un cucciolo. L’istruzione cinofila chiede una collaborazione tra professionisti diversi, nella consapevolezza che spesso i fattori causali investono campi che richiedono specifiche competenze".

In via riassuntiva, un educatore si occupa del cane in età evolutiva, ovvero del cucciolo diventando un mediatore di relazione tra l'animale e la sua persona di riferimento. L'istruttore interviene in caso di problemi comportamentali da parte di individui adulti. Entrambe le figure professionali lavorano nell'ambito della sistemica familiare, ovvero inquadrando le eventuali problematiche senza mai perdere di vista che educare o riabilitare un cane passa attraverso la conoscenza approfondita anche del lato umano della relazione.

Addestramento classico e deriva coercitiva

Addestrare un cane vuol dire dare all'animale dei comandi ai quali deve necessariamente rispondere. E' una visione di Fido che ha alla base un'interpretazione meccanicistica dell'altra specie e che nasce da una storia legata alla selezione genetica da parte degli esseri umani perché "il miglior amico dell'uomo" diventasse un supporto nelle attività lavorative (pastorizia, ad esempio) e venatorie, ovvero nella caccia e che ha trovato poi ampio spazio nell'ambito delle mostre cinofile dove la valutazione del cane passa attraverso la sua rispondenza ai comandi del "padrone".

Come ha scritto l'istruttore cinofilo Francesco Cerquetti su Kodami: "Lo scopo è il pressoché totale controllo del cane in qualunque situazione da parte del suo conduttore. E il totale controllo è anche ciò che, da parte degli addestratori, viene proposto come obbiettivo principale del percorso educativo".

L'addestramento è però un metodo che nell'ambito dei cani da lavoro, come avviene ad esempio per gli animali che vengono utilizzaie dalle Forze dell'ordine, è finalizzato a rendere quel soggetto competente in ciò che sta facendo.

Se traslassimo questa modalità tra noi umani, l'esempio potrebbe essere l'imparare a svolgere un lavoro o praticare uno sport: ci deve essere qualcuno che ci istruisce e ci indica quali sono i comportamenti da mettere in atto e quali le regole da seguire. E' chiaro che fare questo paragone però diventa antropocentrico, già solo perché presuppone che un essere umano sceglie autonomamente di farlo mentre un cane da lavoro – che sia per trovare dispersi o per accompagnare un non vedente – non ha chiaramente mai espresso "a parole" il desiderio di farlo. Ma per uscire da questo inghippo, dobbiamo ragionare sempre e solo sulla selezione che l'uomo ha fatto e pensare che un cane che ha nel suo DNA motivazioni come la collaborativa alta sarà ben felice di fare qualcosa con la sua persona di riferimento se si lavora, appunto, su quelle che sono le sue preferenze e il gioco è la base su cui fondare l'ottenimento del risultato, al di là della performance che è invece spesso ciò che noi umani desideriamo nell'ambito soprattutto di attività competitive.

Oggi, con tutti gli studi scientifici che sono stati fatti e per come si è evoluta la nostra conoscenza del cane, un addestratore moderno ha tutti gli strumenti per abbandonare quelli che i coercitivi, purtroppo, continuano ad utilizzare come collari a scorrimento che inibiscono il cane e lo obbligano, a causa del dolore e anche della sudditanza psicologica cui viene sottoposto attraverso le punizioni, a fare ciò che questi sedicenti esperti spacciano poi come risultati efficaci.

Come educare efficacemente il cane: lo stile da adottare

Da tutto il tono dell'articolo la speranza è che emerga un dato su tutti: lo stile da adottare deve partire dal vedere il cane come un soggetto pensante, un essere senziente cui prima di tutto bisogna riconoscere la sua individualità e comprendere le sue emozioni e il suo stato d'animo quando si "lavora" con lui. Il secondo passaggio è capire che se non c'è una relazione e se non ci si impegna perché questa sia il fulcro dell'educazione o dell'addestramento nessuno potrà sentirsi realmente appagato e soddisfatto.

Come farlo, dunque, è una questione che comporta una scelta che sia altamente consapevole che un cane educato è tale se lo è anche il suo umano di riferimento nei suoi confronti e che una relazione sana passa attraverso una profonda analisi da parte dell'esperto cui vi rivolgerete della necessità del soddisfacimento e dell'appagamento di Fido che avviene valutando la sua storia evolutiva, il contesto in cui è cresciuto, il rapporto che ha con voi e le sue motivazioni.

Un dog trainer che vale la pena di frequentare è chi vi darà davvero degli strumenti utili a ché l'intera sistemica familiare trovi giovamento da un "pacchetto di lezioni" ma sta a voi capire se l'approccio o il metodo utilizzati sono davvero nel rispetto dell'animale e non solo delle vostre esigenze.

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