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Chi l'ha detto che un pappagallo deve per forza saper volare? Chiedetelo al kakapo, un buffo e grosso pappagallo che vive solo in Nuova Zelanda e che sembra uscito da un film d'animazione. Guance tonde, notturno, color verde muschio e un odore che sa di muffa, è il più pesante pappagallo del mondo e anche l'unico incapace di volare. Ma dietro al suo aspetto goffo e curioso, si nasconde in realtà una delle storie di sopravvivenza più drammatiche (e affascinanti) del mondo animale.
Il kākāpō (Strigops habroptila) è un simbolo della biodiversità neozelandese, ma oggi ne restano circa 250 individui. La specie è sull'orlo dell’estinzione da decenni, per colpa dell'arrivo di predatori invasivi portati da noi, come ratti e donnole, per la perdita di habitat e per un tasso riproduttivo lentissimo. Per tentare di salvarli, biologi, veterinari e conservazionisti hanno unito le forze, mettendo ora in campo anche una delle tecniche più delicate e complesse di tutte: l'inseminazione artificiale.
La difficile vita sentimentale e riproduttiva del kakapo

Ma prima di entrare nel cuore del progetto, bisogna capire che i kakapo non sono pappagalli come tutti gli altri. Oltre a non saper volare, si riproducono un po' come fanno i cervi o i galli cedroni, riunendosi in "arene" naturali per far colpo sulle femmine chiamate lek. I maschi scavano una conca nel terreno, ci si posizionano al centro e iniziano a emettere una serie di boati a bassa frequenza, che risuonano tra le valli circostanti grazie alla particolare forma della buca. Una sorta di subwoofer naturale che trasforma ogni maschio in un DJ della foresta.
Peccato che, nonostante tanto impegno, le femmine sono estremamente selettive. Anche quando scelgono il maschio che si è esibito meglio degli altri e si accoppiano, ci si mette pure la biologia riproduttiva a complicare le cose. Il tasso di fertilità è estremamente basso, le femmine depongono solo 1 o 2 uova e una buona percentuale degli embrioni muore prima ancora della schiusa. Risultato, nonostante gli sforzi decennali per proteggere questi pappagalli, la popolazione fa fatica a crescere.
Un nuovo metodo per risolvere un vecchio problema

Proprio per questo, si è deciso di dargli una mano anche con l'inseminazione artificiale. I primi tentativi risalgono già al 2009, ma i risultati sono sempre stati altalenanti. Oggi, però, qualcosa sta cambiando. Un team internazionale guidato dall'università tedesca di Giessen, in collaborazione con il Kākāpō Recovery Programme e l'Università neozelandese di Otago, ha messo a punto una nuova tecnica di raccolta del seme che combina massaggio addominale e stimolazione elettrica controllata.
Il metodo delicato, ma più efficace, ha permesso di prelevare campioni di alta qualità da 20 maschi. E dopo un'attenta selezione, il seme migliore è stato usato per inseminare 12 femmine diverse. I risultati sono stati sorprendenti e il tasso di fertilizzazione è passato dal 29,4% a ben il 70% nella seconda covata. Ma, soprattutto, sono nati quattro pulcini grazie proprio all'inseminazione artificiale. Possono sembrare pochi, ma considerando il numero esiguo di uccelli rimasti, è un risultato molto incoraggiante.
Un futuro più incoraggiante per il pappagallo più buffo e goffo del mondo
Questa tecnica potrebbe segnare una possibile svolta nella storia del kakapo, aprendo la strada a una ripresa più stabile e controllata della popolazione. Il prossimo passo sarà ripetere l'esperimento nella prossima stagione riproduttiva, con l'obiettivo di far nascere ancora più pulcini. Ogni nuovo individuo è così prezioso che i ricercatori e i conservazionisti che si occupano di salvare questa specie dall'estinzione conoscono uno per uno per nome tutti gli uccelli rimasti, poiché sono tutti marcati e costantemente monitorati.
Il buffo e pesante kakapo è molto più di un uccello raro e incapace di volare. È un vero e proprio simbolo non solo della Nuova Zelanda, ma della biodiversità mondiale. È un vero e proprio relitto vivente di un ecosistema e di un mondo antico che purtroppo abbiamo completamente stravolto e distrutto. Per fortuna, siamo riusciti a salvarlo per un soffio dall'estinzione e grazie a
alla scienza, all'impegno dei conservazionisti e a un pizzico di tecnologia, oggi può sperare in un futuro più sicuro.