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10 Luglio 2025
20:00

Le lucciole stanno scomparendo: rischiamo davvero di essere l’ultima generazione a vederle?

Le lucciole possono produrre luce autonomamente e questa capacità svolge varie funzioni, ma questi insetti rischiano di scomparire a causa dell'impatto antropico sull'ambiente.

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Forse i nostri figli non vedranno più le lucciole danzare tra l’erba nelle sere d’estate e se già oggi se ne vedono sempre meno, la “colpa” è (anche) nostra. Per capire perché stiamo perdendo questo piccolo miracolo della natura, dobbiamo però prima conoscere meglio il segreto che rende le lucciole così speciali: la luce. Come fanno a produrla, perché lo fanno e soprattutto, cosa possiamo fare per salvarle.

Perché le lucciole fanno luce?

Chi ha pensato alla riproduzione ha indovinato, o quasi. La maggior parte delle specie di lucciole mette in scena veri e propri spettacoli di luce dal tono romantico. Al calar del buio, i maschi iniziano a svolazzare illuminandosi in modo intermittente, un po’ come le lucine di Natale: è il loro modo per farsi notare dalle femmine. Queste, invece, restano a terra, nascoste tra l’erba: sono prive di ali e aspettano. Quando riconoscono il segnale giusto, rispondono con un bagliore prolungato. Se il dialogo luminoso funziona, scatta la scintilla ed è accoppiamento.

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In alcune specie, è la femmina a fare il primo passo, lanciando il suo segnale luminoso per attirare i maschi nelle vicinanze. Ma non è tutto così semplice: i segnali tra lucciole seguono tempi e ritmi precisi. Ogni specie, infatti, adotta un pattern specifico e un tipo di luce che, anche se a noi può sembrare sempre uguale, è in realtà diverso da quello delle altre specie. È un po’ come un "codice Morse", ma in versione naturale e amorosa: serve per comunicare, riconoscersi e trovare il partner giusto.

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Questa straordinaria capacità di produrre luce da sé si chiama bioluminescenza, e non è un’esclusiva delle lucciole. La troviamo anche in alcune specie di pesci abissali, nei calamari, nei cefalopodi e perfino in certi funghi. Se è così diffusa, un motivo c’è: è incredibilmente efficace e vantaggiosa. Solo nel mondo delle lucciole, ad esempio, esistono oltre 2.000 specie diverse.

Ma come fanno a illuminarsi?

Niente magia: il segreto delle lucciole è una straordinaria reazione chimica chiamata bioluminescenza. Questo fenomeno avviene in una parte specifica del loro corpo, situata nella porzione terminale dell’addome, nota come organo fotogeno. È una struttura specializzata, composta da tre strati:

  • una cuticola trasparente, che permette alla luce di uscire;
  • uno strato di fotociti, le cellule responsabili della produzione della luce;
  • uno strato riflettente, che amplifica l’emissione luminosa indirizzandola verso l’esterno.

La luce si genera grazie a una reazione biochimica che coinvolge tre elementi fondamentali:

  • Luciferina, la molecola che funge da substrato (il "carburante");
  • Luciferasi, l’enzima che catalizza la reazione (la "miccia");
  • Ossigeno, che viene trasportato all’organo fotogeno attraverso le trachee, i canali respiratori degli insetti.
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Quando questi componenti si incontrano, l’energia chimica viene convertita quasi interamente in energia luminosa. E qui arriva il vero capolavoro evolutivo: la luce delle lucciole è fredda, cioè emessa senza dispersione significativa di calore, con un‘efficienza che può arrivare fino al 98%. Per confronto: una lampadina a incandescenza converte in luce solo il 10% dell’energia consumata, mentre un moderno LED si ferma intorno all’80%. Natura 1 – Tecnologia 0.

La luce delle lucciole: non solo per amore

Come abbiamo visto, la luce è un elemento fondamentale nei rituali di corteggiamento delle lucciole. Ma l'accoppiamento non è l’unica funzione di questa straordinaria capacità. La bioluminescenza, infatti, accompagna questi insetti durante tutte le fasi del loro ciclo vitale: dalle uova alle larve, passando per le pupe, fino agli adulti. Già dalle uova e dai bozzoli delle pupe si può osservare un debole bagliore, mentre le larve emettono luce in modo più visibile. In questi stadi, tuttavia, la funzione non è riproduttiva, bensì difensiva.

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Si tratta di un esempio di aposematismo, una strategia evolutiva in cui una specie segnala la propria tossicità o sgradevolezza attraverso segnali visivi ben riconoscibili. Nel caso delle lucciole, il bagliore serve come avvertimento: “Non mangiarmi, potrei essere velenoso e non avere un buon sapore!”. È un messaggio rivolto ai predatori, che spesso imparano a evitare questi insetti dopo esperienze negative. Tuttavia, non tutti gli animali si lasciano intimorire: ragni, rospi e alcuni rettili sono noti per predare comunque le lucciole.

E c’è di più. In alcune specie, la luce viene utilizzata anche per la caccia, con dinamiche che sfiorano l’horror. Alcune femmine del genere Photuris sono in grado di imitare con precisione il pattern luminoso di specie diverse, come Photinus, per attrarre maschi ignari. Una volta che il maschio si avvicina, convinto di trovare una partner, viene predato.
Un vero e proprio caso di frode luminosa, dove la bioluminescenza si trasforma in un'arma letale.

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In sintesi, una sola caratteristica – la luce – viene sfruttata dalle lucciole per comunicare, difendersi e cacciare. Un esempio affascinante di quanto l’evoluzione possa rendere efficienti e versatili anche i meccanismi più sorprendenti della natura.

Devono accumulare energia

Il suggestivo rituale di corteggiamento, la produzione di luce e gli spostamenti notturni: tutte queste attività richiedono un elevato dispendio energetico. Ed è per questo che una fase cruciale nella vita delle lucciole è quella larvale, che può durare dai due ai tre anni. Durante questo lungo periodo, l’obiettivo principale delle larve è accumulare energia, e per farlo si nutrono soprattutto di lumache e chiocciole. La caccia avviene in modo sorprendente e anche un po’ macabro: le larve iniettano nelle prede un enzima digestivo che le dissolve dall’interno, trasformandole in un “brodo” nutriente facilmente assimilabile.

Una volta raggiunta una riserva energetica sufficiente, la larva entra nello stadio successivo: si chiude in un bozzolo e si trasforma in pupa. Dopo qualche settimana – a volte un mese – emerge l’insetto adulto. Ed è proprio nell’età adulta che la lucciola compie il suo breve ma spettacolare ciclo finale: si accoppia, depone le uova e muore. I maschi sopravvivono solo per pochi giorni dopo l’accoppiamento, mentre le femmine resistono fino alla deposizione delle uova, dando così inizio a un nuovo ciclo. Un’esistenza breve e intensa, il cui successo dipende quasi interamente da quanto bene la larva è riuscita a nutrirsi e a immagazzinare energia nei primi anni di vita. Le lucciole, insomma, brillano soprattutto grazie a un lunghissimo lavoro preparatorio.

Perché stanno scomparendo?

Le lucciole sono coleotteri appartenenti alla famiglia dei Lampyridae, la stessa super-famiglia di insetti che comprende anche coccinelle e scarabei. Sono presenti in quasi tutte le regioni del mondo, fatta eccezione per l’Antartide, e mostrano la loro massima biodiversità nelle aree tropicali.

Ad oggi conosciamo oltre 2.000 specie di lucciole, ma le valutazioni sul loro stato di conservazione riguardano solo una piccola parte di esse: circa 150 specie. I dati disponibili non sono rassicuranti, e suggeriscono che anche molte altre specie non ancora studiate a fondo possano trovarsi in situazioni analoghe. Tra le minacce principali, spiccano la perdita e frammentazione degli habitat, l’uso massiccio di pesticidi e soprattutto l’inquinamento luminoso. Le lucciole, come abbiamo visto, si affidano a un linguaggio luminoso molto preciso per comunicare e riprodursi: l’introduzione di fonti di luce artificiale – come lampioni, fari, insegne – può interferire pesantemente con questo linguaggio, impedendo a maschi e femmine di riconoscersi e accoppiarsi.

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A ciò si aggiungono altri fattori critici: i pesticidi non solo uccidono direttamente larve e adulti, ma eliminano anche le loro prede, come chiocciole e lumache, compromettendo la fase più lunga e fondamentale del loro ciclo di vita. Inoltre, in alcune regioni si registra la presenza di un commercio illegale di lucciole, alimentato da richieste per eventi o attrazioni turistiche, con impatti devastanti sulle popolazioni locali.

Non possiamo dire con certezza se siamo davvero tra le ultime generazioni a vedere le lucciole dal vivo, ma è evidente che il loro avvistamento è sempre più raro, soprattutto rispetto a quanto accadeva solo pochi decenni fa. Noi di Kodami speriamo che il fascino e l’interesse per questi straordinari insetti possano trasformarsi in consapevolezza e azione. Per fortuna, stanno nascendo molte iniziative di conservazione, campagne di sensibilizzazione e progetti di citizen science che coinvolgono anche i cittadini nel monitoraggio delle popolazioni.

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