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29 Settembre 2025
19:41

La vita marina prospera sugli ordigni della Seconda Guerra Mondiale scaricati in mare

Nel Mar Baltico, gli ordigni della Seconda Guerra Mondiale scaricati in mare ospitano oggi un'incredibile biodiversità marina, nonostante l'elevata tossicità e pericolosità di questi residui bellici.

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Alcuni ordigni della Seconda Guerra Mondiale gettati nel Mar Baltico ospitano un gran varietà di forme di vita, nonostante l’elevata tossicità di questi residui bellici. Immagine da Vedenin et al., 2025

Molti mari sparsi per il mondo nascondono ancora i resti di alcune delle pagine più buie e sanguinose della nostra storia, quelle delle grandi guerre mondiali. Rifiuti, relitti e residui bellici giacciono sui fondali e tra le baia di mezzo mondo, continuando ancora oggi a rilasciare sostanze tossiche e inquinanti che danneggiano le acque, gli ecosistemi marini e la biodiversità che vive in questi ambienti. Tuttavia, uno studio recentemente pubblicato su Communications Earth & Environment descrive un fenomeno inaspettato, che per certi versi sembra quasi un paradosso: munizioni, ordigni e detriti della Seconda Guerra Mondiale scaricati nei fondali del Mar Baltico ospitano più fauna marina di quanta se ne trovi nei sedimenti circostanti. In assenza di rocce e altri substrati duri, molti animali e altri organismi marini, scelgono comunque di colonizzare questi "habitat", nonostante siano ancora tossici e pericolosi.

Ordigni arrugginiti che diventano habitat preziosi

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Illustrazione di un ordigno V–1 a vari stadi di degradazione. Immagine da Vedenin et al., 2025

Lo studio, condotto da Andrey Vedenin e colleghi nell'ottobre 2024, si è concentrato su un sito di scarico di munizioni scoperto solo di recente nella baia di Lubecca, in Germania, dove si stima ci siano almeno 1,6 milioni di tonnellate di munizioni e altri residui bellici "sepolti" in mare. Utilizzando un sottomarino a controllo remoto, i ricercatori hanno documentato e campionato in particolare un gruppo di testate appartenute ai V-1, i primi rudimentali missili da crociera della storia sviluppati dalla Germania nazista. I risultati hanno mostrato una densità di vita sorprendente, con circa 43.000 organismi per metro quadrato sulle superfici metalliche degli ordigni, contro gli appena 8.200 riscontrati sul fondo sabbioso vicino. Numeri che si avvicinano a quelli registrati sulle rocce naturali della baia, segno che il metallo arrugginito dei residui bellici, per quanto carico di sostanze tossiche, rappresenta comunque un substrato solido ideale per alghe, molluschi e altri invertebrati in assenza di alternative.

Un equilibrio fragile tra tossicità e opportunità

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Alcuni degli ordigni colonizzati da alghe, molluschi e altri organismi incrostanti. Immagine da Vedenin et al., 2025

Le analisi dell'acqua hanno comunque rilevato concentrazioni molto variabili di esplosivi come il trinitrotoluene o TNT e RDX o T4, in alcuni casi così elevate da risultare potenzialmente letali per la fauna marina. Eppure, la presenza massiccia di organismi che crescono e vivono lì dimostra che, almeno per ora, il vantaggio di avere un supporto duro su cui aggrapparsi e svilupparsi sembra superare i rischi legati a un'esposizione prolungata a queste sostanze tossiche. Gli scienziati hanno anche osservato come la maggior parte delle forme di vita preferisca colonizzare le superfici dei gusci metallici, piuttosto che il materiale esplosivo ancora esposto, un comportamento che potrebbe probabilmente ridurre il contatto diretto con le sostanze tossiche. Tuttavia, precisano gli stessi autori, la soluzione più sicura per l'ecosistema sarebbe comunque sostituire questi ordigni instabili con strutture artificiali non pericolose, capaci di fornire lo stesso tipo di habitat, come si fa altrove per esempio con blocchi di cemento.

Relitti di guerra diventati veri e propri ecosistemi

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Un nido di falco pescatore su un relitto della Ghost Fleet di Mallows Bay, nel Maryland

Il fenomeno non è però isolato. Un altro studio recente, pubblicato invece su Scientific Data, ha documentato e mappato la cosiddetta Ghost Fleet di Mallows Bay, nel Maryland (USA), un vero e proprio cimitero di navi fantasma composto da 147 navi costruite durante la Prima Guerra Mondiale e affondate alla fine degli anni 20. Oggi i loro resti carbonizzati e arrugginiti ospitano habitat e rifugi per molti animali, come lo storione atlantico (Acipenser oxyrinchus), colonie di molluschi e persino nidi di falchi pescatore (Pandion haliaetus). Grazie a immagini aeree ad altissima risoluzione, i ricercatori hanno realizzato una mappa completa di questi relitti, uno strumento utile non solo per la conservazione, ma anche per lo studio archeologico e culturale. Questi casi dimostrano come i segni della guerra, nati per distruggere, possano finire per trasformarsi in improbabili rifugi per la biodiversità. Naturalmente, la lezione non è considerare questi resti come qualcosa di positivo, ma più come un monito sul fatto che tutto ciò che scarichiamo in mare, purtroppo, non viene dimenticato.

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