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30 Maggio 2025
12:32

La nuova legge sul maltrattamento degli animali punisce e non educa: un palliativo privo di prevenzione

La nuova legge sul maltrattamento degli animali inasprisce le pene, ma manca di prevenzione e educazione. Senza cultura non c'è rispetto e punire non porterà a diminuire le adozioni o gli acquisti inconsapevoli, le vere piaghe di un sistema fallace che riguarda la relazione che abbiamo con le altre specie.

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Niente di nuovo avverrà, nonostante la nuova legge sui reati relativi al maltrattamento degli animali, sotto a quello che sarà un sole caldo di abbandoni anche quest'estate del 2025. E non cambierà molto nemmeno una volta che è passata quella che per noi umani è "la bella stagione" ma che è semplicemente orribile, per numero di animali che finiscono in canile ogni anno, per cani e gatti.

Perché quanto approvato in Senato, una normativa che dovrebbe tutelare finalmente il "sentimento degli animali" e non solo il nostro, è figlia di quel modo di fare politica che punta a punire e a non educare: è un contentino pieno di "non si fa" e vuoto di "va fatto così".

Cambiare il titolo da "Dei delitti contro il sentimento per gli animali" a"Dei delitti contro gli animali" rimarrà lettera morta e puramente simbolica se non corrisponde a una vera presa di coscienza sull'alterità degli altri esseri viventi. Modificare le parole, infatti, non significa causare lo stesso effetto  sulla percezione delle persone se non vi è un investimento non sul punire a valle ma sull'educare a monte. Quella che ora è nota e rimarrà nella storia della Repubblica come "legge Brambilla", infatti, ha nel suo DNA il "grande classico" dei governi di centro destra: l'inasprimento delle pene in una prospettiva puramente autoritaria e priva di riflessione su come davvero trasformare la mentalità della società civile.

Multe salate, condanne detentive, divieti più stringenti: certo, servono e non si vuole negare che era ridicolo quanto poco si dava peso a chi fa del male agli animali ma passare dai 2 ai 4 anni di reclusione o dai 15.000 ai 30.000 euro come sanzione fa davvero così paura in un Paese in cui l'abbandono, proprio per riprendere quanto si accennava a inizio di questo articolo, è ormai un fenomeno legalizzato? Sì, l'immagine ‘classica' del cane legato al palo è rarissima ormai: la maggioranza delle persone si rivolge direttamente ai canili e fa quella che si chiama, semplicemente e legalmente, "rinuncia di proprietà". 

E quanta attenzione poi, ancora, si presta realmente ai reati contro gli animali da parte di Forze dell'ordine e procure? Poca, ancora troppo poca e noi ne siamo testimoni tutti i giorni con la quantità di messaggi che riceviamo su persone che non denunciano perché scoraggiate dalla poca attenzione che hanno quando portano anche prove concrete a chi di dovrebbe intervenire.

Ma tutto ciò avviene anche perché una parte della società, intanto, è presa da altro: è immersa in luoghi comuni e mode, in comportamenti che vanno sradicati alla fonte in chi ancora considera gli animali come oggetti, come beni di consumo usa e getta e a cui "non bisogna fare del male" perché vengono visti come pupazzi da proteggere e non esseri senzienti che hanno, se vogliamo dirla tutta, diritti che ancora non sono veramente riconosciuti. E no, non basta punire, allora, ma andare proprio alle fondamenta del nostro rapporto con gli altri animali che si sa benissimo dove vanno costruite: nelle aule scolastiche, con programmi che insegnino fin da piccoli il valore degli animali e l'importanza del rispetto.

La prevenzione in questo testo è tragicamente assente: sic et sempliciter. La cultura del rispetto verso gli animali è un optional, una frase che appunto cambia un titolo ma non la sostanza, un dire che non corrisponde al fare che rende universali e riconosciuti i valori fondamentali della convivenza tra specie.

Eppure, ci sarebbero azioni concrete da intraprendere che i politici che si occupano delle tematiche animali conoscono benissimo. Per esempio, la creazione di un registro pubblico che raccolga le segnalazioni verificate di persone che non sono idonee a vivere con cani e gatti e altre specie, basato su una blacklist condivisa tra tutti gli enti coinvolti: operatori di canili, veterinari, educatori cinofili, allevatori e associazioni di tutela animale ad esempio. Questo strumento impedirebbe a chi ha già dimostrato incapacità, negligenza e fino al maltrattamento fisico e psicologico, di prendere con sé un "nuovo" animale e dovrebbe essere accessibile a livello nazionale.

Ma anche questo tipo di iniziative è stato clamorosamente ignorato, mentre in Lombardia passa una legge regionale (al vaglio anche in Commissione Sanità alla Camera) in cui ancora una volta si punta a liste di "cani pericolosi" con percorsi educativi per proprietari gestiti però principalmente dall'Enci che fatica a evolversi attraverso un approccio più moderno, allontanandosi dall'addestramento classico e sposando le teorie cognitive che sono un dato di fatto avvalorato dalla scienza.

La legge Brambilla, però, strizza l’occhio a una parte mirata dell'opinione pubblica e ne riceve ovazioni e ringraziamenti, soprattutto da chi dice di "amare" il suo cane o gatto ma poi lo veste con cappottini alla moda e lo trasforma in un bambino che non diventa mai adulto. Ma queste persone, anche loro, andrebbero solo educate al rispetto, loro ancora prima che i cani e a chiunque adotta o compra un animale dovrebbe solo essere offerto un sostegno per imparare a comprenderne le vere necessità.

In questa normativa non vi è alcun accenno manco a questo altro importante aspetto, ovvero alla creazione di un sistema di adozioni consapevoli. Non c'è un minimo dettaglio su come debbano essere regolati i percorsi di adozione, né su come garantire che ogni cane che lascia un rifugio o allevamento vada in una famiglia veramente preparata e responsabile.

Per quanto riguarda gli acquisti, poi, dovrebbe essere fondamentale mettere in luce anche la responsabilità etica dell'allevatore nel non vendere a chiunque ma essere capace di fornire percorsi di inserimento in famiglia adeguati al carattere del cane e dei componenti umani che lo accoglieranno.

Regole mancano anche nel mondo delle adozioni, sia chiaro: la formazione dei volontari e degli operatori all'interno dei canili è praticamente inesistente e anche dovrebbe essere materia di legge. Le adozioni ad oggi continuano a essere un argomento lasciato in mano alla buona sorte, alla capacità di qualche volontario che ragiona prima di far uscire un cane dal box, perché spesso i rientri sono maggiori delle adozioni a causa della fretta di svuotare le gabbie che puntualmente poi si riempiono di nuovo.

Adottati o comprati, i cani e le persone meritano di sapere a cosa vanno incontro, e solo così allora davvero si tutelano i sentimenti di entrambe le specie: i percorsi dovrebbero essere chiari, sistematici, controllati e con la necessaria professionalità che deve avere chi propone l'adozione o l'acquisto.

La legge Brambilla è un palliativo, insomma. Lascia insoddisfatti e certi che ancora c'è tanto da fare perché questo Paese davvero diventi come recita quella frase di Ghandi tanto abusata proprio da chi fa politica e che viene spesso usata come "perla di saggezza" per conquistare voti. La usiamo per una volta anche noi per ricordare a chi è al governo e a chi lo sarà in futuro, in un'ottica del tutto bipartisan, che va messa davvero a sistema e non più dichiarata ai sette venti per convenienza: "La grandezza di una nazione e il suo progresso morale si possono giudicare dal modo in cui essa tratta gli animali".

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