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C'è un verme parassita che da anni circola silenzio nell'Australia orientale, ma che recentemente è tornato a far parlare di sé: si chiama Angiostrongylus cantonensis ed è un nematode responsabile l'angiostrongiliasi, la causa più comune di meningite eosinofila nell'Asia sud-orientale. Vive normalmente nei ratti, nelle lumache e nelle chiocciole, ma può infettare accidentalmente anche cani e esseri umani, causando gravi danni neurologici e, nei casi più gravi, anche la morte.
Una nuova ricerca condotta dalla Sydney School of Veterinary Science e pubblicata sul Journal of Infectious Diseases ha analizzato i dati degli ultimi cinque anni (2020-2024) e ha individuato 93 casi confermati di infezione nei cani nelle aree di Sydney e Brisbane. Un numero in crescita, che preoccupa soprattutto per le sue implicazioni sanitarie: l'infezione resta rara, ma è potenzialmente letale, e la sua diffusione sembra favorita dai cambiamenti climatici e dalla crescente urbanizzazione.
Un parassita che attacca il cervello
Nel suo ciclo vitale naturale, Angiostrongylus cantonensis infetta i ratti e raggiunge i loro polmoni, dove cresce e si riproduce. Ma nei cosiddetti "ospiti accidentali", come cani e umani, le larve non riescono a completare il ciclo: entrano nel sistema nervoso e vengono bloccate dalla risposta immunitaria, scatenando una forte infiammazione cerebrale. È proprio questa reazione, più che la presenza del parassita in sé, a causare i danni più gravi.
"Nel cervello di cani e persone, il verme viene ucciso dal sistema immunitario, ma è proprio questa risposta eccessiva a provocare sintomi intensi come forti mal di testa e disturbi neurologici", ha spiegato Phoebe Rivory, autrice principale dello studio. Il caso più tristemente noto resta quello di Sam Ballard, un giovane australiano che nel 2010 contrasse il parassita dopo aver ingerito una lumaca per gioco. Ballard entrò in coma per oltre un anno e riportò danni cerebrali irreversibili che lo portarono alla morte nel 2018.
Come cani e umani vengono infettati dal parassita

Dal 1971 al 2018 sono stati documentati 28 casi di infezione di esseri umani in Australia, ma secondo gli esperti il numero reale potrebbe essere molto più alto. Le difficoltà di diagnosi, la bassa consapevolezza tra i medici e la possibilità di forme lievi o subcliniche rendono complicato stimare l'impatto reale del parassita. Nei cani, invece, l’infezione ha raggiunto un picco nel 2022, con 32 casi confermati. La causa, secondo i ricercatori, potrebbe essere legata a piogge record che hanno favorito la proliferazione di chiocciole e limacce.
Le larve del parassita, infatti, prima di arrivare ai ratti, il loro ospite definitivo, devono effettuare un passaggio in un ospite intermedio, lumache, chiocciole e limacce. Sono infatti loro i principali vettori per cani ed esseri umani. Il rischio di infezione sembra inoltre aumentare nei mesi successivi a eventi meteorologici estremi, come i periodi di La Niña, e questo potrebbe rappresentare un problema, visto l'aumento della frequenza negli anni a causa dei cambiamenti climatici.
Un approccio integrato per affrontare il problema
Il quadro tracciato dagli studiosi accende un campanello d'allarme, ma sottolinea ancora una volta anche l'importanza del pensiero "One Health", un approccio integrato che considera salute umana, animale e ambientale come strettamente connesse. La presenza del parassita è favorita negli ecosistemi urbani dove ratti, lumache e chiocciole trovano habitat ideali, spesso proprio nei giardini delle case.
Il messaggio è chiaro: non si tratta di allarmismo, ma di consapevolezza. Clima, animali, urbanizzazione e salute pubblica sono collegati tra loro. E in un mondo che cambia velocemente, anche i parassiti si adattano. Conoscere questi legami e i rischi è quindi il primo passo per proteggere noi stessi e gli animali che vivono al nostro fianco. Evitare il contatto con chiocciole e lumache potenzialmente infette, in questo caso, può letteralmente salvare la vita.