
La mosca cavallina (Hippobosca equina) è un insetto appartenente all’ordine dei ditteri e alla famiglia Hippoboscidae. Questo parassita ematofago è noto per infestare principalmente i cavalli, dai quali prende il nome. Tuttavia, la sua presenza non si limita agli equini: può attaccare anche bovini, asini e, in alcuni casi, persino uccelli, soprattutto quando non riesce a trovare ospiti più consueti.
La mosca cavallina può essere facilmente confusa con altri ditteri ematofagi, come i tafani. Tuttavia questo insetto presenta caratteristiche morfologiche ben precise che la rendono riconoscibile: di colore marrone-rossiccio, ha un corpo appiattito e zampe robuste, ben distanziate tra loro e le sue dimensioni variano dai 7 ai 9 millimetri. Sebbene sia particolarmente diffusa nelle aree a clima caldo, può essere rinvenuta in diverse parti del mondo, rendendola un parassita tutt’altro che raro.

Com'è fatta la mosca cavallina
La mosca cavallina non è un’ottima volatrice: le sue ali le permettono di coprire soltanto brevi distanze, quanto basta per spostarsi da un animale all’altro. Questi trasferimenti avvengono soprattutto in due situazioni: quando l’ospite diventa troppo affollato per la presenza di altri parassiti oppure in caso di morte dell’animale infestato. Infatti, Hippobosca equina ha bisogno di un ospite vivo per nutrirsi e sopravvivere.
È proprio nel momento in cui si posa sull’animale che la mosca cavallina rivela tutta la sua efficacia come parassita. A differenza di altri insetti volanti, non tende a muoversi continuamente: una volta atterrata, resta sull’ospite, ben salda e difficilmente individuabile grazie alla sua capacità di mimetizzazione. Le sue zampe, dotate di robusti artigli simili a rampini, le permettono di ancorarsi saldamente al pelo o alla pelle dell’animale. Una volta insediata, è estremamente difficile da rimuovere: nemmeno il movimento continuo, i morsi o gli scatti della coda dell'animale ospite riescono a farla desistere.

La mosca cavallina si nutre del sangue dell'ospite
La sofisticata struttura corporea della mosca cavallina è finalizzata a un unico obiettivo: alimentarsi indisturbata del sangue dell’ospite. Questo insetto può pungere anche più di dieci volte al giorno, grazie a un apparato boccale pungente-succhiante simile a quello delle zanzare, che le consente di perforare la pelle e accedere ai vasi sanguigni.
A differenza dell’immaginario legato ai “vampiri”, però, la mosca cavallina non si concentra sul collo, bensì su aree molto più pratiche per i suoi scopi: predilige l’interno coscia, la base della coda o la zona perianale. Queste regioni sono infatti caratterizzate da una pelle più sottile e riccamente vascolarizzata, rendendo l’accesso al sangue più semplice e veloce. Inoltre, trattandosi di punti difficili da raggiungere per l’animale, rappresentano un vantaggio strategico per il parassita, che riesce così a restare attaccato più a lungo.
Non è un caso che, in alcune aree rurali, gli allevatori la conoscano con nomignoli coloriti come “mosca culaia”, proprio per la sua tendenza ad attaccare il posteriore degli animali.

Come si riproduce la mosca cavallina
La Hippobosca equina è un parassita obbligato: la sua sopravvivenza dipende interamente dalla presenza di un ospite da cui trarre nutrimento. Infatti, proprio come avviene per le zanzare, anche nella mosca cavallina il cosiddetto “pasto di sangue” è necessario affinché la femmina possa generare la prole. L’accoppiamento avviene solitamente sul dorso dell’animale ospite, luogo in cui queste mosche trovano sia nutrimento che rifugio.
Ma è il meccanismo riproduttivo a rappresentare uno dei tratti più straordinari di questa specie. A differenza della maggior parte degli insetti, la mosca cavallina è ovovivipara: non depone uova, ma le fa schiudere all’interno del proprio corpo. Ogni femmina produce un solo uovo per volta, dal quale si sviluppa direttamente una larva completamente formata. Quest’ultima, entro poche ore, si trasforma in pupa, un involucro rigido e resistente che può restare sul corpo dell’ospite o cadere al suolo. Questo ciclo vitale rappresenta un adattamento evolutivo estremamente efficace: la larva non è mai esposta all’ambiente esterno nella fase più vulnerabile dello sviluppo. Prima è protetta all’interno della madre, poi passa rapidamente allo stadio pupale.

Cosa succede se ti punge la mosca cavallina?
Per gli animali infestati, la mosca cavallina rappresenta un vero incubo. Le sue punture, infatti, sono particolarmente fastidiose: profonde, dolorose e prive di qualsiasi effetto anestetico – a differenza di quelle delle zanzare. Il pizzicore si avverte immediatamente e, in seguito, si manifesta spesso con prurito, gonfiore e arrossamento evidenti. Queste reazioni cutanee non passano inosservate: gli animali colpiti tendono a diventare irrequieti e, soprattutto se non sono abituati alla presenza del parassita, possono manifestare comportamenti agitati, fino a veri e propri episodi di panico. Cercano con ogni mezzo di scrollarsi di dosso l’insetto, ma, come abbiamo visto, la struttura corporea della mosca cavallina la rende particolarmente resistente ai tentativi di rimozione.

Ma cosa accade se a essere punti siamo noi? In genere, la puntura della mosca cavallina sull’essere umano non è grave, ma può risultare più fastidiosa rispetto a quella di una zanzara. La reazione cutanea è spesso più marcata, con gonfiore, rossore e prurito localizzato. In casi rari, soprattutto nei soggetti allergici, possono verificarsi reazioni più serie come orticaria diffusa o, in condizioni estreme, shock anafilattico. In presenza di sintomi anomali, è sempre opportuno rivolgersi a un pronto soccorso.
Va comunque sottolineato che le punture sugli esseri umani sono piuttosto rare. Le mosche cavalline, infatti, prediligono nettamente gli animali, e il passaggio all’uomo avviene quasi esclusivamente quando si trascorre del tempo a stretto contatto con animali infestati, ad esempio in stalle, maneggi o ambienti rurali.