UN PROGETTO DI
14 Ottobre 2025
13:14

Il granchio blu diventa cibo per gatti. L’esperta: “Presto in arrivo anche sul mercato umano”

Il granchio blu, tra le specie invasive più dannose per l’economia ittica italiana, trova nuova vita come ingrediente per il pet food. Diventerà in farina proteica per gatti, sostenendo pescatori e la biodiversità autoctona.

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Il granchio blu si prepara ad arrivare nelle ciotole dei nostri cani e gatti. È la soluzione annunciata da Confcooperative Fedagripesca per fare fronte all'emergenza della specie aliena più temuta dei nostri mari negli ultimi anni.

Secondo le stime di Fedagripesca, nel 2024 delle 1.894 tonnellate di granchio blu pescate in Veneto, appena il 38% è stato venduto. Da qui l'idea del consorzio "Fil Blu" per trasformare il crostaceo invasivo in cibo per gatti, prima ancora che sulle tavole, dove si riscontra ancora una certa resistenza culturale.

Come il granchio blu potrà diventare cibo per animali

Il granchio blu (Callinectes sapidus) è il nemico numero uno dell'economia ittica: è tra le specie aliene più invasive presenti nel Mediterraneo e da quando è arrivato in Italia dall'Atlantico ha progressivamente devastato l'economia legata all'allevamento di molluschi e la biodiversità autoctona.

All'inizio del 2025, il Governo aveva realizzato un piano di contrasto con risorse per 10 milioni di euro, che si sono andati ad aggiungere ai 44 milioni complessivi stanziati già negli anni precedenti. La cattura dei granchi però grava sui pescatori senza portare alcun valore. Basti pensare che per ogni pesce catturato finiscono nelle reti anche 30 o 40 granchi blu, capaci di arrivare fino a 25-30 metri di profondità. Molti esemplari, inoltre, sono pieni di uova. Le reti, soprattutto quelle sottili usate per la pesca di specie pregiate come sogliole, vengono distrutte in pochi minuti. Ogni rete costa oltre 3 mila euro, e molti pescatori non riescono più a sostenere le spese.

Proprio per evitare che il granchio pescato diventi solo un rifiuto da smaltire, come ha spiegato Paolo Tiozzo, vicepresidente Confcooperative Fedagripesca, è nata l'idea di dirottarli sul mercato del petfood. Secondo i dati più recenti raccolti da Assalco-Zoomark, il mercato del pet food nel 2024 è stimato in 3,1 miliardi. Un serbatoio ricchissimo e in espansione su cui si stanno concentrando per il loro progetto le Università di Milano e Padova, il Consorzio delle cooperative dei pescatori del Polesine, aderente a Confcooperative, la startup Feed from Food, l'azienda di petfood Sanypet (con il suo marchio Forzai O) e la catena di negozi specializzati L'Isola dei Tesori.

I ricercatori del progetto hanno messo a punto una macchina in grado di lavorare il granchio blu per ricavarne una farina proteica. Questa materia prima è stata quindi utilizzata dalla Sanypet per creare una ‘special edition' di paté umido per gatti presso il suo stabilimento di Bagnoli di Sopra, nel Padovano. Il nuovo alimento, venduto a 1,75 euro a confezione, è stato già testato da un panel di 50 consumatori e i loro gatti.

La prova sul campo avverrà attraverso i quasi 400 punti vendita de L'Isola dei Tesori. Il ricavato di Sanypet, al netto di costi e tasse, sarà infatti devoluto al Consorzio Pescatori del Polesine per l'acquisto del macchinario necessario a trasformare il granchio in farina, sostenendo così l'intera filiera e restituendo valore a chi il problema lo vive ogni giorno.

Il percorso è tutt’altro che semplice ma lascia intravedere per i produttori una luce in fondo al tunnel, come spiega Paolo Manicin, presidente del Consorzio cooperative pescatori del Polesine: “Siamo soddisfatti e fiduciosi per questa nuova iniziativa, abbiamo iniziati questa sperimentazione nel dicembre 2024 per quattro mesi e ora siamo alla finestra e speriamo che il mercato degli animali domestici apprezzerà questa proposta così da poter acquistare un macchinario più grosso ed entrare in produzione”.

Intanto si guarda anche all'export verso mercati in cui il granchio blu è apprezzato anche per il consumo umano come Sri Lanka e Messico. "Abbiamo dato nuova vita ad uno spazio del consorzio ormai purtroppo inutilizzato dove prima dell’avvento del granchio lavoravamo vongole e cozze sotto vuoto – sottolinea Mancini – Ora questa azienda ha messo radici per esportare il granchio che noi peschiamo, parliamo di 10 tonnellate al giorno".

E in Toscana, i pescatori di Orbetello si confronta con la Francia per trovare strategie comuni anti granchio. Al vaglio la possibilità di un fermo biologico di quattro mesi, a condizione che faccia parte di una strategia strutturata, con zone di ripopolamento marino interdette alla pesca e gestite a rotazione. Da giugno, spiega la cooperativa pescatori di Orbetello, la presenza del granchio blu è aumentata in modo esponenziale.

L'esperta: "Granchio blu sul mercato alimentare umano può cambiare le cose"

Raggiunta da Fanpage.it, Elena Tamburini, docente di Biotecnologie industriali all'Università di Ferrara, spiega che oltre ai test sul mercato pet food sono in corso anche quelli per l'alimentazione umana: "In altri paesi è già una realtà, come Stati Uniti e Asia. È sicuramente fattibile a livello tecnico anche qui da noi, ma quello che va valutato sono i costi e l'accettabilità da parte dei consumatori".

Tamburini si occupo di trasformazione in campo alimentare, e sta seguendo un progetto con l'Università di Ferrara sulla valorizzazione del granchio blu per il consumo umano che è tuttora in corso: "Non è facile introdurre prodotti nuovi in un'alimentazione consolidata come quella italiana, per cui questa è tra le prime cose che cercheremo di verificare. Può sicuramente diventare una svolta nel nostro approccio al contenimento del granchio blu”.

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