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Il gatto è steso sulla fotocopiatrice. Ha gli occhi verdi spalancati verso chi si avvicina. Ma l'animale non si muoverà di un millimetro mentre i visitatori potranno fotocopiarne le fattezze. Quel gatto, infatti, è morto da tempo ed è stato sottoposto a un intervento di tassidermia, ovvero il procedimento attraverso il quale si conservano le fattezze degli animali morti.
Sebbene questa prima descrizione possa far pensare a una scena di una puntata di Black Mirror, la realtà ha superato la fantasia: il cadavere del micio è infatti parte dell'installazione di due artisti, Eva & Franco Mattes, intitolata "Copy Cat" e inclusa nella mostra "Facile ironia. L’ironia nell’arte italiana tra XX e XXI secolo" che si sta svolgendo al Mambo di Bologna.
L'esposizione del cadavere in questo contesto ha scatenato diverse critiche da parte di molti visitatori al punto tale che a distanza di sei mesi da quando la mostra è iniziata Marta Evangelisti, Capogruppo di FdI in Regione, ha fatto sapere che presenterà un'interrogazione alla Giunta per avere delucidazioni sul perché sia stata autorizzata la presenza di questa opera.
Mentre molti si stanno concentrando sul gatto impagliato, però, la Lav ha sollevato la questione della presenza anche di altri animali morti all'interno della stessa esposizione: dei piccioni imbalsamati che fanno parte dell'opera "Ghosts" di Maurizio Cattelan. "Ancora una volta, cadaveri usati come decorazione, in una forma di sfruttamento, ridicolizzazione della morte, insulto alla dignità della vita non umana" scrive l'associazione animalista in un comunicato, mentre il presidente Gianluca Felicetti rincara la dose: "Ci rivolgiamo direttamente al MAMbo e ai curatori della mostra: esporreste mai il corpo di un bambino morto su una fotocopiatrice? Se la risposta è no, allora non è accettabile farlo con un animale. L’arte non deve essere il risultato del disprezzo e la banalizzazione della morte”. La Lav ha poi annunciato, attraverso la responsabile della sede di Bologna Annalisa Amadori che ha chiesto al sindaco Lepore di "disporre l’immediata rimozione di tutte le spoglie animali dalla mostra”.

Il caso è dunque ormai noto a tutta la cittadinanza da tempo ma è arrivato ora agli oneri della cronaca nazionale, tanto che il curatore Lorenzo Balbi ha così risposto alle critiche sulle pagine de Il Resto del Carlino: "Il gatto era un randagio che era stato investito. Soccorso e portato in una clinica veterinaria non c'era stato nulla da fare e il corpo era stato così donato per il progetto artistico".
Cosa volessero rappresentare i due artisti di "Copycat" invece è ancora un'altra storia. Secondo quanto hanno dichiarato e quanto viene spiegato su riviste che si occupano di arte contemporanea, si tratta di una sorta di "omaggio" a un meme che è stato molto usato sui Social fino a qualche tempo fa, che mostrava appunto un gatto su una fotocopiatrice.

La descrizione ufficiale che è riportata dai curatori della mostra di Bologna è questa: "Un gatto in tassidermia ozia disteso sul ripiano di scansione di una fotocopiatrice, impilata a sua volta su altri due apparecchi identici. Il visitatore è libero di premere il pulsante di stampa per ottenere una ‘fotocopia’ del gatto in formato A3 e portarsela a casa. Dato che il ripiano riporta l’autografo (specchiato) degli artisti, anche la fotocopia avrà una firma (dritta) in riproduzione. Facente parte di una serie di lavori avviata nel 2016 che materializza immagini virali o comunque trovate tramite Internet con gatti come protagonisti (in questo caso una foto inviata agli artisti da un utente, che mostra proprio un gatto addormentato su una fotocopiatrice), Copycat fa convergere la riflessione sul rapporto tra mondo reale e mondo virtuale con l’indagine ben più longeva sul concetto di riproduzione e sullo statuto di originalità dell’opera d’arte. Non a caso, copycat in inglese significa imitatore".