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Questa mattina, il Consiglio dell'Unione Europea ha formalmente adottato la direttiva che sta scrivendo una delle pagine più controverse nella storia recente della conservazione in Europa: la riduzione dello status di protezione del lupo. La specie è stata ufficialmente spostata dall'allegato IV all'allegato V della Direttiva Habitat. Dietro questa decisione c'è la volontà di non considerare più il lupo come una specie rigorosamente protetta, così da poterlo "gestire" – e dunque, in alcuni casi, ucciderlo – con maggiori libertà da parte degli Stati membri.
L'adozione formale del declassamento arriva a poco meno di un mese dal voto del Parlamento Europeo, l'8 maggio, quando una larga maggioranza di europarlamentari (371 contro 162) ha approvato la proposta di riduzione della tutela. L'unico emendamento volto a rigettarla è stato respinto senza appello. Ora, con l'adozione definitiva da parte del Consiglio e la futura pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, la protezione assoluta del lupo, che durava da 54 anni in Italia, rischia di diventare solo un ricordo.
La LAV promette battaglia: "Il futuro del lupo è sempre più minacciato dai fucili"
La LAV – la Lega Anti Vivisezione – ha reagito duramente: "È una decisione figlia di una scandalosa ideologia filo-venatoria", ha commentato l'associazione, che promette battaglia nelle sedi istituzionali e giudiziarie. Nel mirino ci sono i rappresentanti politici che hanno sostenuto il declassamento, accusati di piegarsi alle pressioni delle lobby venatorie. "Il futuro del lupo è sempre più minacciato dai fucili, nonostante la scienza ci dica chiaramente che abbattere i lupi non risolve i conflitti con gli allevatori, anzi li può aggravare".
La preoccupazione della LAV non è affatto infondata. Alcuni studi condotti in paesi dove il lupo è già soggetto a piani di abbattimento – come Svezia e Norvegia – dimostrano che che gli abbattimenti indiscriminati possono frammentare i branchi e spingere gli individui solitari a comportamenti ancora più rischiosi, aumentando i danni e gli attacchi verso gli animali d'allevamento. Anche l'IUCN, l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, ha criticato l'idea che uccidere i lupi possa rafforzarne l'accettazione sociale.
Anche gli esperti criticano duramente questa decisione

Secondo la maggior parte degli esperti non ci sono evidenze scientifiche a sostegno di questa decisione e l'unica strada percorribile è la convivenza basata su prevenzione, sensibilizzazione e indennizzi efficaci. Ma come si è arrivati a questo punto? Il dibattito è stato alimentato da anni di pressioni politiche, soprattutto provenienti da alcuni Stati membri dell'Europa centrale, dove la crescita delle popolazioni di lupo ha generato tensioni tra allevatori, amministrazioni locali e ambientalisti.
A dicembre 2023, la Commissione Europea aveva già mostrato la sua apertura a rivedere lo status di protezione del lupo, parlando dell'espansione della specie e della necessità di maggiore "equilibrio tra conservazione e attività rurali". Tuttavia, secondo molti biologi e ricercatori – tra cui Luigi Boitani, tra i massimi esperti europei di grandi carnivori – la narrazione di un lupo in espansione fuori controllo è fuorviante e ridurne lo status di protezione è esclusivamente frutto di una "decisione politica che non ha nulla di scientifico".
Cosa cambia con il declassamento
La presenza della specie è ancora frammentata e in cattivo stato di conservazione in alcune parti dell'areale, la mortalità per bracconaggio è alta, e le aree dove il lupo può vivere indisturbato sono sempre più ridotte. Ma ora, con il nuovo status, ogni stato membro potrà decidere autonomamente se applicare deroghe, autorizzare quote di abbattimenti selettivi o persino inserirlo nella lista delle specie cacciabili. Non è difficile immaginare cosa accadrà nei territori, come in Italia, dove già da anni si invocano "soluzioni drastiche".
Il futuro del lupo in Europa è quindi sempre più incerto. Se da un lato la decisione mira a dare più strumenti agli stati per gestire la convivenza con i grandi carnivori, dall'altro c'è il rischio che questa maggiore libertà si traduca in un aumento indiscriminato degli abbattimenti, compromettendo decenni di sforzi di conservazione. L'attenzione di studiosi, associazioni e ambientalisti rimane quindi molto alta. Questa decisione potrebbe avere ripercussioni sull'intero movimento legato alla tutela e alla conservazione della biodiversità e della natura in Europa.