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Disattenzione, iperattività e impulsività: sono i tratti distintivi di un disturbo che negli ultimi anni è stato sempre più sotto la lente d'osservazione di medici e scienziati in campo umano. Noto con l'acronimo ADHD ("Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder") è stato classificato per la prima volta nel 1987, nella terza edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM) che ha unito i problemi di disattenzione e iperattività in un’unica patologia.
Ora uno studio, condotto da tre ricercatrici (Barbra Csibra, Nora Bunford e Marta Gács) del Dipartimento di Etologia dell'Università Eötvös Loránd di Budapest, in Ungheria, conferma che ne soffrono anche i cani e offre un nuovo metodo per riuscire a identificare i soggetti affetti dal disturbo.
Individuare infatti gli animali che non sono "soltanto vivaci" ma che hanno un profilo comportamentale e di compromissione funzionale paragonabile all'ADHD umano non è semplice, basti pensare che anche in umana ancora si dibatte sul perché negli ultimi anni siano emersi così tanti casi, così come le stesse autrici – due biologhe e una neuro scienziata – sottolineano nella ricerca: "Sono sempre più numerosi i bambini a cui viene diagnosticato l'ADHD, ma è ancora in corso un dibattito se ciò sia il risultato di strumenti di screening più sofisticati, di criteri diagnostici applicati in modo diverso o se l'ADHD si stia semplicemente verificando sempre più spesso".
Lì dove già altri studi sono stati pubblicati proprio sulla presenza del Disturbo da deficit di attenzione/iperattività nel miglior amico dell'uomo, le autrici hanno voluto ora provare a fornire un metodo per riuscire a identificare i sintomi anche nella specie più vicina a homo sapiens sin dalla notte dei tempi, al fine di favorire la diagnosi considerando appunto quanto sia difficile riuscire a farlo.
Csibra, Bunford e Gácsi hanno così sviluppato la "Dog ADHD and Functionality Rating Scale" (DAFRS), che misura i tre parametri in modo autonomo: inattenzione, iperattività e impulsività. Poi si sono concentrate sul raccogliere le testimonianze delle persone di riferimento dei cani per far emergere quanto determinati comportamenti, legati ai parametri per cui si diagnostica l'ADHD, influenzano la vita quotidiana del cane e di tutta la sistemica familiare. Sono emersi così diversi livelli in cui inserire il cane che, semplificando, attraverso un questionario portano a dare come risultato un "range" in cui la presenza di determinati sintomi corrisponde a una eventuale compromissione del comportamento che va da media a moderata.
"I cani mostrano una variabilità naturale nei tratti di disattenzione, iperattività e impulsività, a volte con manifestazioni estreme simili ai sintomi del Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD) negli esseri umani. Utilizzando metodi diagnostici standard per l'uomo, abbiamo sviluppato un approccio completo per supportare la diagnosi di ADHD nei cani basato su un questionario validato composto da due parti: una sezione sui sintomi che fornisce punteggi fattoriali per tre aree (disattenzione, iperattività e impulsività) e una sezione sulla funzionalità che valuta in che misura questi sintomi causano compromissioni funzionali", spiegano le ricercatrici nel paper.
Si tratta, dunque, del primo metodo replicabile cui possono essere sottoposti i cani con sospetta diagnosi di Disturbo da deficit di attenzione/iperattività che, importante sottolinearlo, va comunque fatta da parte di un medico veterinario esperto in comportamento.