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Un grande squalo bianco è stato avvistato sabato 10 maggio mentre nuotava al largo dell'isola di Malta, a pochi metri dalla costa di Sliema, una località turistica solitamente molto frequentata. Il video dell'avvistamento, realizzato dai proprietari di un lido, è diventato immediatamente virale e ha scatenato le domande e le inevitabili paura che accompagnano da sempre gli squali.
Per fare chiarezza, Fanpage.it ha raggiunto il biologo marino Massimiliano Bottaro, ricercatore della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli e coordinatore del progetto europeo Life Elife per la conservazione degli squali.
Alcuni parlano di squalo mako, altri di una comune verdesca, altri ancora ipotizzano che si tratti di un grande squalo bianco. Qual è l'ipotesi più probabile?
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Grandi squali bianchi spariti dal Sudafrica: una catastrofe per il mare
Quasi sicuramente si tratta di un grande squalo bianco (Carcharodon carcharias). Anche se i video non sono molto chiari per un momento si vede bene la tipica punta bianca del muso nell'attimo in cui esce dall'acqua. Lo stacco evidente tra il bianco e il grigio della parte superiore è uno dei segnali distintivi per l'identificazione. La grandezza invece non si può ipotizzare al momento.
Questo avvistamento nel Mar Mediterraneo ha fatto molto discutere, ed è stato salutato con preoccupazione da diversi utenti. Dobbiamo preoccuparci per la sicurezza dei bagnanti?
A volte il clamore siamo noi stessi a crearlo. Lo squalo bianco c'è sempre stato nel Mediterraneo, è una presenza storica nella zona di Malta e del stretto di Sicilia. È comune osservarlo in questo tratto di mare, basti pensare che in Tunisia ogni anno c'è qualche video relativo ad avvistamenti o anche a catture accidentali. In Italia pensiamo che gli squali nel Mediterraneo non ci siano, ma non è affatto così. Ultimamente poi abbiamo la percezione che siano di più perché con gli smartphone siamo diventati tutti un po' "documentaristi". L'ultimo incontro è avvenuto circa due mesi fa, mentre un anno fa al largo di Lampedusa alcuni pescatori hanno liberato uno squalo bianco che era rimasto impigliato nelle reti. Si trattava di un giovane dell'anno, un esemplare di un paio di metri.
Lo squalo bianco però è considerata una delle specie più pericolose per l'uomo.
In realtà siamo noi che uccidiamo gli squali sistematicamente, non il contrario. L'impatto degli squali sulla specie umana è veramente minimo, e gli attacchi mortali in un anno sono molto rari, soprattutto se rapportati all'altissimo numero di bagnanti che negli ultimi 30 anni ha iniziato a frequentare massivamente le coste. Il bagno in mare è una consuetudine che si è consolidata negli ultimi 100-150 anni, prima non era molto di moda.
Basta pensare al Mar Rosso, dove nell'ultimo anno e mezzo sono avvenuti due attacchi mortali, uno ai danni di un russo e uno ai danni di un italiano a fine dicembre. Ebbene, il Mar Rosso fino a 30 anni fa era una meta per subacquei esperti, adesso invece richiama milioni di turisti. Aumentando il numero di persone che si riversano nell'habitat dello squalo aumentano anche gli attacchi, ma se ci considerassero come prede le vittime sarebbero molte di più, invece gli attacchi si mantengono costanti. Quindi vuol dire che probabilmente la presenza di tanta gente è considerata più come un fastidio che come un'occasione per cacciare.
Il vero problema sono i danni che facciamo con la pesca, soprattutto con quella accidentale.
Attraverso il progetto Life Elife, di cui è partner anche l'Acquario di Genova, state lavorando proprio a mitigare l'impatto della pesca accidentale sugli squali.
Sì, è un progetto cofinanziato dalla Commissione Europea attraverso il programma Life e ha come fine la riduzione del bycatch, le catture accidentali nella pesca professionale. Gli squali non sono un bersaglio primario della pesca, però vengono catturati in maniera accidentale. Succede ,ad esempio, con la pesca a strascico di pescare insieme al gambero rosso, che solitamente si trova a grandi profondità, anche altre specie, e tra queste possono esserci gli squali di profondità. In altri casi il pescatore va in mare con il cosiddetto palangaro pelagico, lo strumento per pescare i pesci spada e i tonni, e può capitare che abbocchi una tartaruga marina o uno squalo. Per ridurre le catture accidentali cerchiamo di promuovere l'uso di attrezzi da pesca a minore impatto ambientale, e soprattutto la consapevolezza tra tutti gli stakeholder. Il pescatore spesso tira a bordo uno squalo ancora vivo, e dovrebbe prodigarsi per cercare di liberarlo in sicurezza visto che gli squali, in genere, hanno un bassissimo valore commerciale e spesso muoiono per niente.