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A prima vista, potrebbe sembrare una "scelta" assurda e persino controproducente: perché molti piccoli insetti sembrano fare di tutto per farsi notare? Ali iridescenti, puntini neri su sfondi rossi, accostamenti accesi di giallo e nero. Il microcosmo degli insetti è un'esplosione di colori, quasi come se questi piccoli invertebrati volessero farsi notare per forza dai predatori, invece che nascondersi camuffandosi con l'ambiente. E infatti è proprio così.
In realtà, è proprio in questa apparente contraddizione che si nasconde una delle strategie più affascinanti prodotte dall'evoluzione: l'aposematismo. È un termine un po' tecnico e che può sembrare ostico, ma il concetto è relativamente semplice: "guardami bene, e ricordati di non toccarmi mai più". In natura, infatti, i colori vivaci sono spesso un segnale visivo di avvertimento, un cartello stradale in piena regola: «Attenzione: tossico!».
Il rosso, il giallo, il nero a contrasto o l'arancione, sono l'alfabeto di un codice cromatico che i predatori imparano presto ad associare a esperienze sgradevoli o addirittura pericolose. Non si tratta quindi di una scelta estetica, ma di un vero e proprio linguaggio visivo, un sistema di difesa costruito nel tempo e condiviso da molti altri animali. Ma non tutti dicono la verità. Alcuni imitano questi colori pur non essendo tossici, approfittando del terrore seminato da altri. In questo grande teatro della natura, ci sono attori onesti e abili truffatori.
Più è colorato, più è velenoso? Come funziona l'aposematismo negli insetti

Il termine aposematismo fu coniato dal naturalista inglese Edward Bagnall Poulton nel 1890 e deriva dalle parole greche antiche apo "via" e sēma "segno". Si tratta di una strategia evolutiva incredibilmente affascinante ed efficace. Invece di nascondersi, questi insetti (e altri animali) puntano sulla "memoria" del predatore. L'obiettivo non è quindi evitare del tutto il contatto – almeno all'inizio – ma insegnare a non ripeterlo. Quando per esempio un uccello assaggia una coccinella per la prima volta, scopre a sue spese il suo gusto amaro, quasi tossico.
E così non la mangerà più, e soprattutto eviterà in futuro tutto ciò che le somiglia. Questa strategia funziona grazie a due elementi fondamentali: un segnale visivo forte e una difesa concreta, come un veleno, una tossina o un sapore e un odore sgradevole o repellente. L'evoluzione ha poi affinato questa combinazione, fissandola in maniera istintiva in tante specie, che naturalmente stanno lontane da certi colori e disegni. E funziona bene, per questo è una strategia diffusa praticamente in quasi tutti i gruppi animali.
Dalle rane velenose sudamericane alle farfalle africane, l'aposematismo è praticamente ovunque, ma è proprio negli insetti che ha raggiunto una varietà e una complessità impressionanti. La selezione naturale ha premiato gli individui più appariscenti, quelli che riuscivano a far capire meglio al predatore che non valeva la pena di rischiare. E col tempo, questo ha portato alla comparsa di veri e propri "costumi da segnaletica", un codice visivo quasi universale che molti animali, anche parecchio diversi tra loro, hanno imparato a rispettare.
Perché gli insetti velenosi sono spesso colorati?

Ecco spiegato perché molti insetti e altri animali velenosi sono spesso molto colorati. I colori servono proprio a comunicare un messaggio chiaro, semplice e universale: "Fermati qui". Ma al domanda successiva è perché proprio quei colori? Perché funzionano. Il giallo e il nero, per esempio, sono molto visibili sia per noi che per molti altri predatori, come gli uccelli. Il contrasto netto è infatti difficile da ignorare, soprattutto in movimento. E questi colori funzionano così bene che nel tempo hanno cominciato ad approfittarne in tanti.
Ecco che entrano in gioco due fenomeni incredibilmente affascinanti: il mimetismo batesiano e quello mülleriano. Il mimetismo batesiano prende il nome dal naturalista inglese Henry Walter Bates e, in questo caso, un insetto completamente innocuo imita l'aspetto e i colori di uno invece davvero tossico. In questo caso i colori aposematici sono ancora più vantaggiosi, perché funzionano anche senza dover produrre dispendiose sostanze tossiche o sgradevole, risparmiandosi completamente la fatica.

Di esempi in tal senso ce ne sono tantissimi: i sirfidi, per comincaire, sono mosche che imitano l'aspetto e il colore di api e vespe, senza avere un pungiglione. Lo stesso fanno anche alcune farfalle e falene, che si imitano a vicenda e tanti altri insetti. Una falena in particolare è davvero degna di nota. Si chiama Sesia apiformis e somiglia in tutto e per tutto a un calabrone. La falena è grande quanto un calabrone e ne imita persino il volo a scatti quando viene disturbata, ma naturalmente non può pungere.
Il mimetismo mülleriano (dal naturalista tedesco Fritz Müller), invece, è un patto tra onesti. Due (o più) specie che non sono imparentate convergono verso un aspetto simile, rafforzandosi a vicenda il segnale visivo. Se ogni predatore impara più in fretta a evitare quella determinata colorazione o quel particolare pattern visivo, tutte le specie coinvolte che lo ricordano ci guadagnano e con tempo convergeranno evolutivamente ad assomigliarsi sempre più. È una sorta di "marchio di garanzia" dell'efficacia di quel segnale di pericolo.
Gli insetti colorati più velenosi: alcuni esempi

Di insetti velenosi o tossici che utilizzano i colori vivaci per dirlo chiaramente a tutti ce ne sono molti. Api, vespe e calabroni sono sicuramente tra i più diffusi e per questo anche molto imitati. Tuttavia, ce ne sono anche molti altri più insospettabili e che difficilmente associamo a sostanze tossiche, soprattutto perché non ci coinvolgono direttamente come gli imenotteri che pungono. Le coccinelle, per esempio, non sono solo simboli di buona fortuna. Le loro elitre rosse (ma esistono anche quelle gialle) punteggiate di nero sono un segnale inequivocabile.
Quando minacciati, questi piccoli coleotteri rilasciano un liquido dalle articolazioni delle zampe dall'odore sgradevole e tossico per molti predatori. Ecco perché sono lasciate in pace quasi da tutti i predatori. Anche le bellissime e coloratissime farfalle, spesso sono così "belle" proprio perché tossiche. Le farfalle monarca, famose per le loro migrazioni spettacolari in America, da bruchi si nutrono di piante velenose, accumulando sostanze tossiche che rendono l'adulto immangiabile. I colori arancio e nero delle loro ali non lasciano dubbi.

Le cimici rosse e nere del genere Pyrrhocoris, diffuse anche in Italia e conosciute come "cimice carabiniere", mostrano una brillante livrea rossa e nera. Non sono pericolose per per gli esseri umani, ma emettono sostanze repellenti per i predatori quando vengono disturbate. E, come per moltissimi altri esempi simili, il colore è lì per dirlo in anticipo a tutti. In antura, del resto, quasi nulla è lasciato al caso, sopratutto disegni, colori e caratteristiche molto appariscenti e diffuse.
Questa bellezza collaterale, altro non è che un'efficace arma di difesa, un linguaggio quasi universale codificato grazie all'evoluzione e alla selezione naturale in migliaia – se non milioni – di anni. L'aposematismo e quelli che lo imitano sono uno dei fenomeni naturali più incredibili e affascinanti della natura. Una strategia straordinaria con cui la vita ha imparato a difendersi, a comunicare e a sopravvivere anche grazie a i colori.