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Ancora una volta un caso di aggressione di un cane su dei bambini è in primo piano nelle cronache nazionali. Due fratellini di otto e dieci anni sono stati attaccati dal Rottweiler della nonna mentre erano insieme nel giardino di casa, secondo le prime ricostruzioni e anche la testimonianza raccolta da Fanpage di un operaio che lavorava vicino alla villa a Lavinio, dove è avvenuto l'episodio.
I bambini sono stati entrambi ricoverati, uno è stato ferito alla spalla e l'altro alla testa e non rischiano di perdere la vita. Ma ciò che è sicuramente a rischio è il loro futuro, le ferite psicologiche che hanno riportato oltre a quelle fisiche e la prospettiva che il loro rapporto con gli animali possa essere per sempre segnato dal terrore che hanno vissuto.
C'è sempre da analizzare la dinamica di questi tragici eventi che purtroppo in altre situazioni hanno portato alla morte anche di neonati, come avvenuto in due recenti casi che hanno avuto come "protagonisti" dei Pitbull: quello della bimba di Acerra di nove mesi, su cui ancora la procura sta indagando per capire le responsabilità del padre, e il bimbo di 13 mesi a Campolongo, Eboli, i cui proprietari sono stati indagati per omicidio colposo.
La magistratura fa ciò che va fatto: identificare i veri colpevoli di un delitto che viene però compiuto materialmente da un individuo di un'altra specie che da millenni convive accanto all'essere umano che è e rimane l'unico responsabile del comportamento dell'animale. A maggior ragione, poi, quando ci sono dei minori in famiglia, il concetto di pater familias, che ci portiamo dietro anche questo da lungo tempo, si è decisamente esteso in una società multispecie come è diventata quella italiana in cui ci sono circa 9 milioni di cani (rapporto Assalco-Zoomark 2024) tra le mura domestiche.
Questi numeri ci devono far riflettere anche sulle casistiche di aggressioni e su quanto siano rare rispetto appunto al numero di cani che condividono ogni giorno la vita con gli esseri umani e in presenza di famiglie con bambini con cui crescono in serenità.
Il punto, però, è proprio quello di analizzare perché invece questi gravi casi accadono e ancora una volta ribadire quali sono le corrette regole di convivenza tra minori e cani che dovrebbero sempre esserci a prescindere dalla razza dell'animale, sebbene è evidente che il comportamento aggressivo di un Rottweiller sia più pericoloso rispetto al morso di un Barboncino.
E su questi due ultimi aspetti è interessante richiamare alla mente due notizie che toccano entrambe le considerazioni da fare sul caso, ovvero la responsabilità dei caregiver di monitorare le interazioni tra cani e bambini con relativi consigli su come farlo e una recente sentenza della Cassazione che ha scritto nero su bianco che la razza non influisce rispetto alla responsabilità della persona di riferimento.
Le regole per una convivenza sicura tra cani e bambini
Prima di tutto affrontiamo il tema della relazione che si deve instaurare tra piccoli umani e cani di famiglia, considerando che oggi c'è un altro nucleo familiare che sicuramente sta soffrendo tantissimo per quanto accaduto e nella speranza che si possano evitare così altri casi del genere. La Società Italiana di Pediatria (SIP) e l’Associazione Nazionale di Medici Veterinari (ANMVI) in un documento dello scorso marzo ha stilato 4 regole indirizzate proprio a chi ha già o vuole far entrare un membro a quattro zampe in casa in presenza di minori. Sono consigli che tengono conto dell'etologia del cane in generale e della necessità di trasferire ai più piccoli un concetto fondamentale nell'approccio: il rispetto dell'altro.
I pediatri e i veterinari consigliano di:
1) Mai lasciare bimbi molto piccoli e cani insieme da soli. Il presidente della Sip, Rino Agostiniani, ha messo in luce l'aspetto positivo della presenza di un cane in famiglia per i bambini ma ha anche precisato che questi ultimi, a causa ovviamente dell'età che hanno, non hanno gli strumenti né la conoscenza per approcciare nel modo corretto con l'animale: "La sorveglianza di un adulto è imprescindibile dal rapporto tra cane e bambino".
2) Educare tutti i membri della famiglia al possesso responsabile. Sorvolando sulla parola "possesso" che sarebbe potuta essere sostituita, in modo ancora più educativo, con quella di "convivenza", il senso di questa regola data da veterinari e pediatri è appunto che i genitori in primis devono conoscere le caratteristiche dei cani in generale e della tipologia che hanno scelto in modo tale da trasferire le corrette indicazioni anche ai più piccoli. Melosi, presidente dell'ANMVI, ha così spiegato questo consiglio: “È essenziale che i proprietari già genitori o che stanno per diventare tali, adottino tutte le precauzioni necessarie per una convivenza sicura. Maggiore sarà la compatibilità tra le condizioni socio-ambientali con le esigenze di benessere del cane e maggiore sarà l’equilibrio complessivo della convivenza”.
3) Educare i bambini alla relazione con l'animale. E' una diretta conseguenza dell'adozione responsabile: se ho capito quali sono i vantaggi ma anche gli oneri legati alla presenza di un cane nella mia famiglia allora saprò far comprendere ai bambini che il rispetto è la parola d'ordine che dipende da una sola cosa, ovvero spiegare loro che si tratta di un individuo di un'altra specie che ha bisogni e necessità diverse dalle nostre. In poche parole non è solo far capire ai più piccoli che il cane non è un pupazzo ma anche coinvolgerli nelle routine necessarie al suo benessere: dalla visita dal veterinario alla passeggiata quotidiana.
4) Preparare il cane all'arrivo del bebé. Un ultimo pensiero da trasferire a chi già vive con un cane in una famiglia in cui ci sarà l'arrivo di un bambino è proprio rivolto al prestare attenzione al dato di fatto che per Fido anche ci sarà un grande cambiamento e che bisogna aiutarlo. Come si fa del resto con chiunque appartenga a un gruppo sociale che tale possa essere definito nel farlo sentire parte di ciò che sta accadendo.
Cani di tutte le tipologie: la responsabilità è sempre della persona di riferimento
Queste poche ma essenziali indicazioni aiutano a capire che, se messe in atto, potrebbero davvero far sì che episodi come quelli avvenuti a Lavinio non accadano più e consentono anche di ricordare una sentenza della Cassazione che ha recentemente ribadito che non esistono razze potenzialmente pericolose (cosa che la scienza ha stabilito) e che la responsabilità è solo a capo della persona di riferimento.
In particolare i giudici della sezione penale si erano espressi per un caso di aggressione intraspecifica avvenuta in un'area cani a Roma tra un cane di piccola taglia e un Pitbull. Come ha spiegato a Kodami Salvatore Cappai, avvocato esperto in diritti animali, "nessuna rilevanza assume in ordine alla responsabilità la specifica razza, se non in termini di accentuazione ‘dell'onere di custodia e vigilanza' nel caso di cani di grossa taglia, come ad esempio il Pitbull autore dell'aggressione nel caso di specie, che è stato definito dalla detentrice come ‘diffidente'".
Proprio quest'ultimo passaggio è molto importante per aggiungere un tassello ulteriore, ovvero che al di là della razza o della tipologia ciò che conta è il tipo di relazione che c'è con il cane e il carattere del singolo animale. Nella sentenza, infatti, il giudice ha proprio messo in risalto questi due aspetti, indicando che la persona di riferimento aveva lasciato il suo cane libero di circolare all'interno dell'area cani nonostante fosse a conoscenza del carattere diffidente dell'animale e nonostante un estraneo avesse manifestato l'intento di avvicinarsi e accarezzarlo.
I Rottweller e gli altri cani ritenuti potenzialmente pericolosi: chi sono e come stanno le cose
Ci sembra infine comunque opportuno ricordare chi sono i Rottweiller che, come i Terrier di tipo Bull (Pitbull, Amstaff, etc.), sono spesso i cani che finiscono poi in canile per sempre perché hanno manifestato comportamenti aggressivi con esiti per gli umani coinvolti più o meno gravi. Ma come precisato da Laura Arena su Kodami, veterinaria esperta in benessere animale, "gli studi epidemiologici sulle morsicature da parte di cani elencano tra le razze principalmente responsabili di aggressioni a persone, in primis, il Pastore Tedesco e suoi incroci, i meticci, il Cocker e lo Spring Spaniel, specialmente per le aggressioni dirette a familiari, il Labrador e Golden Retriever e i Terrier".
I motivi per cui però queste razze appena citate non finiscono "agli onori della cronaca", a differenza di altre tipologie come i Rottweiller per casi gravi di aggressione, sono diversi ma possiamo limitarci a indicare che hanno motivazioni dovute alla selezione genetica da parte degli esseri umani che li portano ad essere comunque più collaborativi, meno territoriali e meno reattivi soprattutto (sebbene sul Pastore Tedesco si dovrebbe fare una disamina ulteriore) rispetto – sempre parlando genericamente – ai molossoidi e ai Terrier di tipo Bull. Tipologie queste ultime poi che hanno a loro volta caratteristiche diverse ma la stessa necessità: avere umani di riferimento coerenti e ben consapevoli delle loro motivazioni di razza.
Dei "Rott" si legge di tutto e si sentono storie che raccontano di cani completamente diversi l'uno dall'altro. Da è “il cane ideale per i bambini” all'essere “un perfetto guardiano” per arrivare a dire che è adatto a tutti ma poi sentendo anche chi dice che non bisognerebbe mai prenderlo. Tra le domande più frequenti su Google addirittura è emersa anche "perché i Rottweiler impazziscono?".
La verità è che non esiste "il Rottweiller" ma esistono i singoli individui e le relazioni e i contesti in cui sono calati. Alla base questi cani hanno un bel carattere e sono anche molto affiliativi con il gruppo umano, bambini compresi, ma la loro motivazione possessiva, ad esempio, va valutata e considerata in ogni sistemica in cui si trovano.
Roberto Marchesini, etologo e fondatore dell’approccio cognitivo zoo antropologico, quando ci fu l'orribile morte di Paolo Pasqualini a Manziana a causa dell'aggressione di tre cani di questa razza fuoriusciti dalla villa dove vivevano spiegò: "Tre Rottweiler in un giardino rappresentano un ‘codice rosso': un monitoraggio serio sul territorio da parte delle Asl avrebbe carattere preventivo. Se sono poche le persone che possono permettersi di tenere un Rottweiler figuriamoci quelle che ne possono tenere tre".
Ecco, nelle parole dell'esperto possiamo così ritrovare il collante di un discorso complesso che parte dalla singola relazione, si allarga al contesto familiare ma che chiama in causa anche le istituzioni e gli enti preposti perché l'educazione all'adozione o all'acquisto responsabile è il punto fondamentale da cui partire sempre. A prescindere dalle razze ma non a prescindere dalla consapevolezza che siamo tutti responsabili del benessere degli animali e della sicurezza della vita degli altri esseri umani.