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Foca scappa dall’attacco delle orche e si rifugia su una barca: le immagini della grande fuga

Una foca si salva da un gruppo di orche trovando riparo su una barca. Le orche tentano di farla cadere, ma l’animale si salva. L'intera scena è stata ripresa dalla fotografa Charvet Drucker.

14 Novembre 2025
12:28
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La foca durante l’attacco e una volta in salvo sulla barca. Foto di Charvet Drucker

Un'escursione in barca per osservare e fotografare i cetacei si è trasformata nel teatro di una scena che sembra uscita da un documentario: una foca disperata che fugge da un gruppo di orche e si salva arrampicandosi sulla piattaforma di poppa di una barca. Succede nel Mare dei Salish, lo stretto tratto di mare che bagna Seattle e le isole circostanti, dove la fotografa Charvet Drucker si era imbarcata per una "semplice" giornata dedicata al whale watching e si è ritrovata invece letteralmente a salvare, involontariamente, la vita una foca.

Un avvistamento che si trasforma in una rocambolesca scena di caccia

Drucker stava scrutando l'acqua con il suo teleobiettivo quando ha riconosciuto un pod – come vengono chiamati i gruppi familiari di orche – composto dal almeno otto orche diverse. Ben presto si è accorta che erano solo di passaggio: i movimenti coordinati, i colpi di coda e le immersioni sincronizzate indicavano chiaramente che erano a caccia. Non a caso, poco dopo l’obiettivo della fotografa ha individuato una foca comune (Phoca vitulina) in fuga, che cercava goffamente di tenere le distanze.

In uno dei sui scatti, si vede la foca lanciata letteralmente in aria, un comportamento già noto e spesso utilizzato dai cetacei proprio per cacciare i pinnipedi. Le orche usano infatti molto spesso la coda per colpire con violenza e stordire foche, tartarughe e altre prede, scagliandole spesso a diversi metri d'altezza fuori dall'acqua. Difficilmente un foca che si ritrova in una situazione del genere riesce a salvarsi e la stessa Drucker ha pensato che sta stava per assistere ai suoi ultimi istanti di vita.

La fuga imprevista verso la barca

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La foca scappa dalle orche e si rifugia sulla barca. Foto di Charvet Drucker

Ma la battuta di caccia non era ancora finita. Le orche hanno continuato a inseguire la foca fino a quando predatori e preda non si sono ritrovati a pochi metri dall'imbarcazione. A quel punto, come previsto dalle norme per la navigazione in aree frequentate da fauna selvatica, il gruppo di Drucker ha spento il motore per evitare collisioni o ferimenti per gli animali. La foca, approfittando dell'unico elemento solido a cui potersi disperatamente rivolgere, è riuscita ad arrampicarsi sulla piattaforma posizionata dietro la barca.

Un rifugio di fortuna, trasformato in una sorta di zattera improvvisata. In uno dei vari video girati dalla fotografa e condivisi sui sui profili social, si sente la sua voce, sorpresa e compassionevole esclamare: "Povera piccola… va tutto bene, resta qui, amico". Ma le orche non avevano alcuna intenzione di mollare la loro preda, non hanno desistito, e hanno scelto a quel punto di adottare una strategia diversa, una delle più ingegnose che si possano osservare in natura.

Le orche tentano il tutto per tutto

Il pod ha cominciato ad adottare una strategia conosciuta anche come wave-washing: alcune orche si allineano una accanto all'altra e nuotano insieme verso un oggetto – in questo caso la barca – immergendosi tutte insieme a pochi metri dall'obiettivo per generare un'onda. Si tratta di una tecnica di caccia conosciuta e documentata a partire dagli anni 80, osservata più spesso in Antartide, dove viene utilizzata per far cadere in acqua le foche che si rifugiano lastre di ghiaccio.

Anche in questo caso, l'obiettivo era lo stesso: far scivolare la foca in mare per tentare un nuovo attacco. E in effetti l'animale è caduto almeno una volta, riuscendo però a risalire subito sulla barca. E alla fine, dopo circa un quarto d'ora, le orche hanno abbandonato definitivamente la loro preda e si sono allontanate. La foca, questa volta, è riuscita a salvarsi grazie a una fuga rocambolesca e incredibile, mentre le orche, loro malgrado, sono invece riamaste a stomaco vuoto.

Drucker, che ha fotografato più volte foche predate dalle orche, ha spiegato all'Associated Press di sentirsi spesso "dalla parte delle orche", consapevole del loro ruolo ecologico. Questa volta, però, la presenza della foca sulla barca ha ribaltato per un attimo le sue simpatie. È una scena che ricorda quanto la natura sia complessa, potente e a volte difficile da osservare senza emozioni. E racconta, allo stesso tempo, la straordinaria adattabilità delle orche, predatori capaci di cambiare strategia in base all’ambiente, alla preda e alla loro cultura sociale.

Le orche, predatori culturali incredibili

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Le orche adattano le proprie strategie di caccia in base alle prede e all’ambiente, spesso tramandate come vere e proprie tradizioni culturali

Le orche (Orcinus orca) incontrate da Drucker appartengono a un gruppo molto particolare chiamato orche di Bigg o "transienti", un ecotipo – cioè una popolazione con caratteristiche ecologiche, genetiche e comportamentali distinte – specializzata nella caccia a mammiferi marini come foche, leoni marini e piccole balene. A differenza di quelle invece "residenti", orche molto più legate alla disponibilità di salmoni e oggi minacciate dalla scarsità di prede, quelle transienti sono più generaliste e meno in pericolo.

Queste differenze mantengono isolate e le due popolazioni, tant'è che secondo alcuni studi questi due ecotipi potrebbero persino essere due specie distinte, ma su questo gli esperti non son ancora concordi. Le differenze più evidenti, tuttavia, sono soprattutto nelle strategie di caccia. Le orche, infatti, non possiedono un unico "manuale" predatorio: ogni pod sviluppa tecniche proprie, spesso tramandate come vere e proprie tradizioni culturali.

Recentemente, per esempio, alcune orche hanno imparato a cacciare gli squali bianchi capovolgendoli e sfruttando la paralisi generata dall'immobilità cronica. Utilizzando questa tecnica, due famose orche maschio – Port e Starboard – hanno letteralmente fatto strage di squali in Sudafrica. In Patagonia, invece, questi predatori hanno imparato a spiaggiarsi deliberatamente sulla battigia per catturare i leoni marini fuori dall'acqua.

Si tratta di comportamenti complessi, frutto di cooperazione e capacità di apprendimenti, elementi che, secondo molti ricercatori, trasformano i pod di orche in vere e proprie società con tradizioni e specializzazioni proprie.

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