
C'è un momento nella vita di alcune persone in cui la prospettiva cambia completamente. Per alcuni quell'attimo è l'incontro con un cane e se quell'incontro avviene in canile diventa ancora di più simbolico e si trasforma in un momento di svolta nella vita di entrambi i componenti, cane e persona, di una relazione che sarà unica e irripetibile.
Quel momento Elisabetta Canalis ha deciso di condividerlo su Kodami, in un'intervista che è una lunga riflessione su argomenti delicatissimi che, attraverso la sua testimonianza diretta, toccano temi come le adozioni responsabili, gli abbandoni e le cessioni di proprietà, il mercato dei cuccioli di razza, l'eutanasia nei canili americani, il volontariato e il lutto quando un animale domestico se ne va per sempre.
Quando Elisabetta Canalis parla non solo dei cani della sua vita ma di tutti quelli che incontra ogni volta che supera l'ingresso del canile di Los Angeles in cui presta volontariato o del rifugio "Rifugio Fratelli Minori" della L.I.D.A. ad Olbia dove torna ogni volta che può, il tono di voce le si modifica e un vortice di emozioni, unito a una conoscenza profonda della specie che ama di più, emerge splendidamente.
Elisabetta Canalis da tempo condivide sui social video che di glamour hanno ben poco, per come questo termine è tipicamente associato a immagini ben montate e particolarmente di moda, soprattutto per chi fa parte dello "star system". Le sue immagini e i suoi post dedicati ai cani dei canili sono parte della sua programmazione: semplici e diretti, mostrano la sua anima in modo cristallino, mettendo in luce quella parte di sé che il contatto con gli animali, se davvero è sentito, riesce del resto sempre a tirare fuori in ognuno di noi.
Ora "@littlecrumb_", come si fa chiamare su Instagram la showgirl, sta per dare alle stampe un libro in uscita il 25 novembre da titolo: "Una zampa sul cuore. Storie di Nello e i suoi amici, tra dolcezza, coraggio e libertà" in cui racconta, attraverso una sorta di dialogo con i cani della sua vita, quel mondo che lei conosce bene e di cui si è fatta portavoce. I proventi che spettano a lei andranno al rifugio di Olbia e alla fondazione Save The Dogs and Other Animals.
Partiamo dall’incipit del tuo libro. “Non posso dire come sarebbe la mia vita senza cani, non me la immagino proprio”. Raccontaci come è stata, allora, la tua vita con i cani…
E’ stata una vita condivisa con dei piccoli consiglieri. Come a volte dico "sono come degli angioletti" ma in realtà ti mettono sempre alla prova. Da un lato ti danno tanto, dall’altro ti chiedono una grande responsabilità ed è la prima cosa che dico quando qualcuno vuole vivere con i cani: sono degli esseri viventi che assorbono le nostre emozioni. Vogliono essere inclusi e un cane non vive solo di passeggiate ma di affetto e vicinanza. Bisogna tenerlo bene in mente: non esiste un animale più empatico nei confronti dell’uomo: stiamo insieme dalla notte dei tempi e non sappiamo quanto loro hanno influenzato la nostra vita e viceversa. Ci sono sempre stati: rappresentati nella storia, nella mitologia e in ogni parte del mondo. Fanno parte dell’uomo, studi hanno dimostrato che noi ci siamo geneticamente aperti a loro. Ecco, io personalmente non potrei mai immaginare di non condividere i miei spazi con i miei cani.
Come nasce questo libro e che cosa hai provato mentre lo scrivevi?
All'inizio pensavo a un libro per bambini ma non immaginavo come fosse quel mondo, nel senso che oggi è tutto tecnologico e sono rimasta sorpresa che ci sia un'editoria in Italia così diffusa ancora e che ci siano appunto tanti genitori che, per fortuna, leggono ai figli come io facevo con mia figlia del resto. Mi sono fatta una cultura in merito, poi ragionando con amici e con l'editore abbiamo capito che quello che raccontavo poteva essere interessante per tutti, al di là dell'età, mantenendo appunto un linguaggio semplice per far capire le varie sfaccettature della relazione con i cani. Non volevo fare una cosa troppo strappalacrime, volevo per esempio evitare di parlare di eutanasia (avviene ai cani di canile in molti stati Usa ndr) ma poi ho deciso di metterla dentro lo stesso, come anche la parte in cui attraverso un ipotetico dialogo tra i cani rinchiusi in un canile spiego un'altra cosa che purtroppo spesso accade: il rientro di un animale dopo un'adozione andata male.

Nello, protagonista principale del libro e tuo compagno di vita insieme ad altri due cani, arriva dal rifugio Fratelli Minori di Olbia. Lì hai iniziato la tua esperienza di volontariato. Ricordi il tuo primo giorno?
La prima volta sono andata da sola, la seconda volta con mia figlia perché mi sembrava giusto andare insieme a vedere un rifugio che aveva la fama di essere un posto molto serio. Come fanno tanti ho pensato "Mi vado a fare del male", ma dentro di te in realtà stai dicendo altro, tipo: "Vediamo se trovo il cane del mio cuore". In Usa un detto dice che "se vai dal parrucchiere alla fine ti tagli i capelli" e io credo che se entri in un canile difficilmente torni a casa senza un cane. Quelle prime volte non ti nascondo che mi sono fatta un gran pianto: mi si è stretto il cuore. Per quanto possano essere tenuti bene, curati e amati come avviene nel rifugio gestito dalla signora Cosetta, comunque fai il paragone con quelli che sono a casa. I cani di canile o di rifugio sono in uno spazio chiuso da una rete e cercano in tutti i modi di attirare l’attenzione, perché hanno la speranza che tu possa farli uscire da lì.
Nel libro, infatti, scrivi: “Io al canile ho trovato dei tesori, cani felici che aspettavano solo qualcuno che li facesse uscire dalla gabbia, cani intelligenti e svegli, di tutte le stazze e di tutti i colori”. Queste parole sono un messaggio rivolto proprio a chi dice: "Non vado in canile, c’è troppo dolore” e invece lì si trovano amici che insegnano tanto…
Sì, certo. Passata la parte della tristezza, che appunto si prova in qualsiasi canile ma anche sinceramente quando si vedono gli animali nei negozi, si inizia invece a vedere quelle che sono le potenzialità di un cane. Li osservi e ognuno è un individuo a sé. Ricordo i primi tempi che mi sorprendevo nel dire: "Lui sarebbe perfetto per me, quell'altro per qualcun altro. E poi li vedi: c'è il cane più allegro, quello più timido, quello che fa più tenerezza. Come posso dire… Andare in un canile è come entrare in un posto magico perché tu sai che vai lì, stai cercando un amico e sicuramente lo troverai. Ancora ora, ogni volta, potrei tornare a casa con un cane ma per ora già ne ho tre. Promuovo e seguo eventi di adozione per questo motivo, perché so già che c'è un cane adatto a ognuno di noi.

Si dice che “i cani cambiano la vita” e infatti tu descrivi così il primo incontro con Nello: “Mai però mi sarei aspettata di fare uno di quegli incontri che ti cambiano la vita. Perché sì, Nello me l’ha cambiata, ed è bastato un istante”. Cosa accade esattamente? Cosa hai provato?
Non era il cane dolce che si può immaginare vendendo una sua foto, ma era un cane che… ecco, gli rodeva qualcosa, se lo dovessi descrivere. Poi l'ho conosciuto bene e ho capito: Nello è uno spirito libero. Era un cane che era lì, ma che assolutamente non voleva starci ed era abbastanza arrabbiato di aver perso la sua libertà. Aveva questi occhi magnetici che mi hanno colpito moltissimo sin dalla prima foto che avevo visto sui social del rifugio e che ho ritrovato quando l'ho incontrato ed è scattato qualcosa tra di noi. Ho guardato questo cagnolino che ancora non era affezionato a me, aveva già quasi due anni, e frequentandolo ho capito il suo carattere indipendente, intraprendente e anche buffo. La vita con Nello all'inizio è stata complicata ma solo perché dovevamo comprenderci. Ha cercato di scappare all'inizio, si è messo un po' in pericolo ma in fondo era abituato a stare in strada. Lui è stato l'ultimo di un gruppo di cani che erano stati abbandonati in tempi di Covid, periodo di cui si ricordano spesso solo le adozioni e non invece quanti animali sono stati lasciati a loro stessi. Per prendere Nello ci hanno messo due giorni: era furbissimo ed è sempre stato un "esperto in evasione". Ora insieme agli altri cani e a mia figlia Skyler siamo una famiglia unita e lui è il mio compagno di vita: conosce tutto di me, le mie abitudini e ci siamo fusi l'uno con l'altro, perché le nostre personalità si sono trovate: ci rispettiamo, ci coccoliamo a vicenda, ci diamo i nostri spazi.
Stai descrivendo Nello come si descrive una persona e attraverso la sua storia stai trasmettendo un messaggio molto importante: ogni cane ha la sua personalità. E' così?
Assolutamente sì, la personalità di un cane è importante e va riconosciuta. Nonostante abbia altri cani, e nella mia vita ce ne sono stati diversi, lui è veramente un cane speciale. Io osservo anche le persone che vengono ad adottare, poi, proprio per far sì che avvenga l'incontro giusto. E' fondamentale che si crei un "match di personalità" ed è bellissimo vedere quando le persone si innamorano di un cane e se lo prendono ma così come è importante il colpo di fulmine così anche deve essere il giusto percorso di conoscenza: chi adotta deve essere cosciente della personalità del cane.
Quanto è importante dunque far passare il concetto di "adozione responsabile"?
Ho fatto degli errori anche io in passato e penso a chi va in allevamento perché si ha paura dei cani di canile, credendo che sono "traumatizzati" e dunque di difficile gestione: lo pensano in tanti, anche mia madre era così, ora ovviamente non più. Appunto a proposito di personalità, è fondamentale che chi opera nei rifugi e nei canili spieghi bene alle persone chi è quel singolo cane, perché vi sia la completa assunzione di consapevolezza che non stiamo parlando di pupazzi. A Los Angeles, ad esempio, nel canile dove opero come volontaria sono tenuta a fare un report ogni volta su ogni cane con cui interagisco, così che si possa arrivare a capire chi è quell'individuo ed è giusto che chi adotta sia cosciente del carattere dell'animale che sta scegliendo. Tante volte il cane che si vede in canile è portato all'esasperazione per la situazione in cui si trova, ma io dico sempre che un cane dopo un'esperienza del genere può solo migliorare.
E' utile secondo te associare all'adozione un percorso con un educatore o un istruttore cinofilo?
Nel canile in Usa ci sono associazioni i cui dog trainer vengono gratuitamente e fanno percorsi per facilitare l'adozione per i cani che hanno meno chance, come i Pitbull e altre tipologie percepite come più difficili da approcciare. Nella mia esperienza personale non ne ho avuto bisogno ma fondamentale è stato il supporto degli altri cani che già avevo, grazie ai quali l'inserimento di un nuovo amico è stato più semplice. Sia chiaro che io ho scelto anche cani non impegnativi come invece potrebbero essere i Molossoidi o i simil Pitbull e così via. Se si decide dunque di adottare cani di questo tipo e con esperienze negative alle spalle che non hanno avuto già un percorso specifico, come avviene appunto nel canile di Los Angeles, è dunque assolutamente consigliabile riferirsi a un dog trainer.
“Siamo fatti dei nostri sogni ma anche del nostro passato, e a me la vita ha insegnato che nulla vale più della libertà”. E' un altro passaggio del tuo libro. Ecco, cosa ne pensi dei cani liberi?
Io sono cresciuta andando a scuola con un branchetto di cani randagi in Sardegna e penso pure ai gatti liberi: sono animali che creano relazioni e dinamiche, scegliendo loro di farlo con noi. Molti di quelli che vivono per strada sono però pieni di malattie o rischiano la vita in città costruite su misura per noi esseri umani e andrebbero tutelati. Io ho sempre adorato i cani di quartiere: si tratta di individui ben capaci di vivere senza dipendere strettamente da un essere umano. Quando questi cani arrivano in canile, io penso: ma ce l'hanno fatta sempre da soli, hanno vissuto liberi con persone che gli hanno dato da mangiare e vivendo di espedienti… Ecco quando sono poi rinchiusi rifletto sul fatto che è vero che hanno a loro disposizione pasti, acqua e la certezza di arrivare al giorno dopo… ma è davvero la vita che meritano rispetto a quella che avevano? Una volta ho visto un post di Cosetta che raccontava la storia di un cagnolino appena entrato al rifugio che viveva libero in spiaggia e che era finito accalappiato perché qualche turista si era infastidito della sua presenza. Mi toccò moltissimo al cuore perché io vengo da quell'isola e ho sempre visto cani felicissimi giro e che arrivavano a vivere fino a tarda età e sono contraria a portarli in canile. Voglio aggiungere che però mi preoccupa moltissimo la violenza giovanile nei confronti degli animali liberi, penso al caso della capretta di Anagni e al giudice che aveva chiesto l'archiviazione nei confronti di quei ragazzi che l'hanno torturata. La verità è che manca un'educazione di base.
La storia tra te, tua figlia, Nello e gli altri cani di famiglia insegna che l’elemento fondamentale della relazione con il "miglior amico dell'uomo" è la fiducia. Come del resto dovrebbe essere anche tra le persone?
Con i cani il rapporto è più diretto, ci sono meno maschere che con le persone. La fiducia che io do ai miei cani la posso descrivere raccontandoti il momento della nascita di mia figlia. All'epoca vivevo con due Pinscher e il mio grande amore era Piero, un cane che ha vissuto con noi per undici anni. Dieci anni fa, quando ero incinta, lui lo sapeva perfettamente e ha seguito tutta la gravidanza dandomi tanto supporto. Il giorno in cui sono tornata a casa con Skyler, che era nell'ovetto, io non ho avuto alcun dubbio su come gestire la situazione: i miei cani hanno subito annusato la bimba, hanno passato il tempo con lei e con lei si addormentavano. Sono molto scettica sulla scelta delle persone che appena portano il bimbo in casa fanno separazioni nette, escludendo il cane. E' sbagliato: viviamo tutti sotto lo stesso letto e se vuoi che il tuo cane ami tuo figlio o tua figlia devi lasciare che prenda confidenza. E' vero che alcuni sono gelosi all'inizio, ma poi si abituano. E non ci sono parole per dire cosa penso di chi addirittura abbandona il cane quando nasce un bambino.
Nel tuo libro usi la parola “padrone”. Capisco che sia il linguaggio comune ma non pensi che sia arrivato il momento di superare vecchi retaggi e far comprendere alle persone che si tratta di una relazione tra due individui in cui c’è uno scambio continuo?
Non uso volentieri quella parola e vorrei approfittarne per condividere anche qualcosa di ancora più profondo dal mio punto di vista: noi mettiamo al cane un collare intorno al collo e un guinzaglio ed è un gesto che diamo per scontato ma che in realtà non è bello. I cani nascono liberi e so bene che lo facciamo per proteggerli e per condividere i nostri spazi, e dunque come cosa necessaria, ma c'è questo rapporto di sudditanza che è insito nella natura dell'uomo e che mettiamo in pratica. Noi decidiamo per loro, in realtà, e li obblighiamo a condividere le nostre scelte. E' una questione di convivenza nelle città ma comunque sì: dire "padrone" è bruttissimo, ma nel parlato è usato e per questo l'abbiamo lasciato nel libro sebbene non lo condivido.
"Ora ami i cani, ma vedrai quando diventerai mamma…". Ritorniamo sul tema della maternità e del rapporto con i cani. Questa è una frase che riporti nel libro e che racconti ti veniva rivolta spesso. Come rispondi oggi a quell'affermazione?
Non sopporto proprio le donne che diventano mamme e immediatamente creano ambienti asettici intorno al bambino: tutto sterilizzato, tutto ovattato. E' la stessa mamma che poi se passi accanto a lei con il cane tira via il bimbo o si allontana con il passeggino o, addirittura, dice: "Che schifo". E' un tipo di maternità che non mi appartiene. Quello che ho sempre fatto è stato trasmettere l'amore che provo nei confronti degli animali a mia figlia e sin dal primo momento ho pensato che dovevo fare del mio meglio per tirare fuori anche da mia Skyler questo amore. Per cui non le ho dato chance: è nata che c'erano due cani in casa ed è cresciuta con i cani da quando ha aperto gli occhi. Li vede come suoi fratelli e ha fatto adottare un altro cane al suo papà con cui ci siamo separati (Brian Perry ndr). Nell'altra casa così ne ha due, Kitty e Zoe e il primo arriva dal canile di Los Angeles anche lui. Anche Brian ha sempre avuto una grande passione per i cani e pure lui sin da bambino è stato educato all'amore per i cani.
Tu fai volontariato in un canile in uno dei tanti Stati degli USA in cui si applica l'eutanasia se i cani non vengono adottati entro un determinato lasso di tempo. Cosa si prova a stare accanto a animali che hanno una "data di scadenza"?
In California, dove vivo, sebbene sia uno Stato che si proclama democratico di democratico c'è ben poco, soprattutto quando si arriva ai fondi per i canili. Abbiamo protestato da poco perché volevano chiudere dei canili e ricollocare i cani. Ma dove? Non ci sono strutture sufficienti ad accoglierli tutti e chiudere vuol dire praticare eutanasia a tappeto, semplicemente. Però ho incontrato persone meravigliose che si sacrificano molto più di me in realtà, perché io sto proprio male a seguire cani che finiscono in lista d'eutanasia: per me è proprio un omicidio. Ho iniziato però a lavorare anche per una charity che si chiama "Best friends" che recupera i cani che stanno per essere uccisi e li porta in strutture ben organizzate dove ospitarli e continuare l'opera di adozione. Abbiamo tanti rescue, ovvero i rifugi dedicati alle singole razze di cani, che vengono a recuperare cani che anche lontanamente assomigliano a qualche tipologia in particolare e così in tanti vengono salvati dall'eutanasia. E' una sorta di ruota della fortuna e noi volontari spesso contribuiamo economicamente: paghiamo i rescue per tirare fuori ad esempio il simil Pitbull condannato a morte e così diamo una mano a chi li ospita.
Megan, un altro dei tuoi cani, era proprio in lista. Come è entrata nella tua vita?
Megan è arrivata quando è nata Skyler e si trovava al canile di Gardena, una zona di Los Angeles. Era condannata a morte e io l'ho vista sui social dove era presentata proprio con un numero che corrispondeva alla sua "data di scadenza". Mi sono presentata immediatamente, pronta ad adottare lei e un altro cane che pure doveva essere soppresso. Quest'ultimo per fortuna era già stato preso da un'associazione e lei è venuta via con me. Spesso i social vengono bisfrattati ma per quanto riguarda le adozioni servono tantissimo e poi anche questa è una mia risposta a quel tipo di genitorialità di cui parlavamo prima: Megan è entrata a far parte della nostra vita nel momento in cui ero diventata madre, perché c'è posto per tutti in una famiglia.
Come sei diventata volontaria?
Nei canili qui in Usa fai dei corsi per diventare volontario e devi fare pratica con la specie con cui ti interfacci, che siano cani abbandonati ma anche conigli o serpenti: per ogni specie devi acquisire le competenze necessarie. Ci sono tre classi, io sono arrivata alla seconda, perché non sono così costante e per diventare di classe 3 devi essere presente perché devi imparare a interagire con cani più impegnativi. Sono comunque partita dalle basi fondamentali: per mesi ho lavato le coperte, pulito i box, imparato ad entrare nei recinti e proprio ad approcciare con tanti cani così diversi l'uno dall'altro. o ma anche a capire come aprire le gabbie ti testano vedono come sei e la cosa più bella per me è E' tutta una questione di responsabilità e fare il volontario è un impegno serio in cui non devi fare casini: andare armati solo dell'amore della passione per i cani non basta di certo.
Cosa ne pensi dell'adozione di un cane adulto?
Io sono una grande promotrice dell'adozione dei "senior dog" per un semplice motivo: sono più facili da gestire. La maggior parte dei cani adulti sa già come interagire con le persone e spesso sono animali che erano già abituati a stare in casa e magari sono stati abbandonati perché la persona di riferimento è morta o qualcuno se ne è stancato. Insomma, le ragioni sono molteplici e non è che voglio fare cattiva pubblicità ai cuccioli ma ci sono tanti cani di tre, quattro cinque anni che attendono la persona giusta. Parlo a livello personale ma io mi trovo molto di più con i cani di età più grande e infatti tra i miei quando li ho adottati il più giovane aveva gia due anni.
Apriamo il capitolo “cani di razza”, anzi come li chiama Nello nel libro “i cani da negozio”. Molti cani sono comprati per moda e ciò accade anche da parte di alcuni volti noti. Cosa ne pensi?
Non mi sento di giudicarli, riferendomi a chi compra il cane di razza. Alcune di queste persone le conosco personalmente e amano il loro cane come io amo i miei. Se quello è il loro modo di approcciare il mondo dei cani, non posso dire niente perché anche io quando ero ragazzina li ho comprati e poi ho scoperto la realtà dei canili. Mi piacerebbe tanto però che ci fossero più persone che fanno il mio lavoro che andassero ad adottare, però non posso neanche dire nulla fin quando però si comprende che anche acquistando si sta facendo entrare nella propria vita un essere vivente.
Sei stata in giro per le strade di Milano insieme ai volontari di Save The Dogs per aiutare le persone senza fissa dimora che vivono con un animale a seguito. Come è stato?
L'esperienza di "Amici di strada" con Save The Dogs è stata bellissima. L'organizzazione di Sara Turetta è eccezionale e contribuire al suo progetto, andando in strada con i volontari mi ha dato tantissimo. Ho conosciuto in particolare una ragazza che era vittima di violenza e che, nonostante tutti i problemi che ha, era lì per fare i controlli veterinari al suo cagnolino. Spero di rivederla quando sarò di nuovo a Milano.
In Italia c'è stata una proposta di legge rispetto alla possibilità di ottenere dei permessi al lavoro in caso di morte o malattia del proprio animale domestico. Cosa ne pensi?
La perdita di un animale è destabilizzante ed è molto triste che per alcune persone sia considerata una sciocchezza o che non sia percepita come una cosa importante. Quelle espressioni tipo "era solo un cane" o "era solo un gatto" non aiutano di certo chi soffre. Sono assolutamente d'accordo a una legge di questo tipo ma ciò che vorrei di più è che le persone aprissero di più il loro cuore e capissero l'entità della mancanza di un compagno di vita che ti è stato accanto per anni e anni. Si tratta di un dolore fortissimo: ho perso un cane a giugno e sono dimagrita tanto. Tutti mi dicevano: "Che ti è successo?" e mi ha veramente distrutto questa perdita. Poi me ne sono fatta una ragione: sono una mamma e ci sono gli altri cani… però era un cane che ho adottato e ho pensato che meritasse più di quello che è accaduto. Ora l'ho superato e tutto sempre grazie agli altri compagni di vita che ho.


