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21 Novembre 2025
12:20

Dove vivono i procioni in Italia: in quali zone si trovano e perché possono essere pericolosi

I procioni vivono anche in Italia, soprattutto in Toscana, dove sono una specie aliena invasiva che può avere un impatto forte su ecosistemi e biodiversità. Possono anche trasmettere malattie e parassiti agli esseri umani, per questo sono soggetti a piani di gestione ed eradicazione.

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Il procione è una specie di origine nordamericana, ma ormai presente anche in Europa e in Italia

I procioni (Procyon lotor) sono piccoli mammiferi originari del Nord America, famosi e facilmente riconoscibili soprattutto per la "mascherina" nera sul muso e per la loro capacità di usare le "mani" per manipolare oggetti e cibo, da qui il nome "orsetto lavatore". Nel loro areale naturale vivono in ambienti molto diversi tra loro, dalle foreste alle zone urbane, dove si sono adattati con estrema facilità. Questa capacità di adattamento, tuttavia, li ha trasformati in una delle specie più invasive al mondo, anche qui in Italia.

Il procione è infatti presente con nuclei stabili anche in Europa e in Italia, soprattutto in Toscana, dove è considerato una specie aliena invasiva di rilevanza unionale, una definizione che oltre a sottolineare che si tratta di un animale non autoctono, cioè non originario del territorio, sottolinea anche l'enorme rischio che può la sua presenza può rappresentare per gli ecosistemi, la biodiversità e in alcuni casi anche per gli esseri umani.

La loro natura generalista – cioè capace di nutrirsi e vivere praticamente ovunque – rende il loro impatto potenziale molto elevato, così come la loro capacità di fungere da vettori di diverse malattie e parassiti che possono colpire fauna selvatica, animali domestici ed esseri umani.

Dove vivono i procioni in Italia

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La prima popolazione naturalizzata era presente in Lombardia dall’inizio degli anni 2000, dove però è stata completamente eradicata nel 2020

Le prime segnalazioni certe della presenza di procioni in Italia risalgono alla fine degli anni 90 e riguardavano quasi sempre individui isolati, probabilmente fuggiti dalla cattività. Gli animali scappati da allevamenti, zoo o privati rappresentano infatti l'origine più probabile dell'arrivo della specie nel nostro paese. Dall'inizio degli anni 2000 la situazione è però cambiata progressivamente e il procione ha iniziato a insediarsi in natura, formando nuclei riproduttivi stabili in alcune regioni del nord Italia, in principio in Lombardia.

Oggi la presenza più significativa si concentra in Toscana, soprattutto nella provincia di Arezzo e nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, con ulteriori segnalazioni che arrivano anche dalle province di Siena e Firenze. Si tratta dell'area in cui la specie risulta più abbondante e ormai stabilmente naturalizzata. Negli ultimi anni sono stati registrati avvistamenti anche in Umbria, in particolare in provincia di Perugia, oltre che nel Lazio e in Liguria, ma al momento si tratta di presenze sporadiche e isolate, non di popolazioni riproduttive confermate.

La popolazione considerata invece per certi versi "storica", quella che si trovava lungo il fiume Adda in Lombardia, è stata invece completamente eradicata nel 2020 nell'ambito dei programmi di gestione previsti dalla normativa europea sulle specie invasive e dal Piano di Gestione Nazionale del procione redatto dall'ISPRA e dal Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica. Il procione, infatti, rappresenta una seria minaccia per ecosistemi, biodiversità e non solo.

Perché i procioni possono essere pericolosi?

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Oggi la specie è presente soprattutto in Toscana, dove è stato anche segnalato il verme parassita Baylisascaris procyonis tipico dei procioni, ma che può colpire anche gli esseri umani

Il procione non rappresenta un pericolo perché aggressivo (anche se può mordere), ma soprattutto perché è una specie aliena invasiva estremamente adattabile che può provocare danni significativi alla biodiversità, agli ecosistemi e, in alcuni casi, anche alla salute pubblica, come riportato nella relazione sulle specie invasive di rilevanza nazionale pubblicata dall'ISPRA. La sua dieta molto varia lo porta infatti a nutrirsi di piccoli animali come uccelli, rettili, anfibi e uova, oltre che di frutta, insetti e rifiuti organici, quando si avvicinano ai centri abitati.

In un ambiente che non ha "previsto" la sua presenza – dove quindi non ci sono predatori in grado di contenerlo e prede capaci di difendersi -, il procione può diventare un predatore molto efficace e mettere ulteriormente in difficoltà specie già vulnerabili o rare. A questo si aggiunge il rischio sanitario, poiché i procioni possono trasportare e diffondere diverse malattie e parassiti potenzialmente pericolosi per la fauna selvatica, ma anche per gli esseri umani e per gli animali domestici.

Tra queste ci sono rabbia, salmonella, leptospirosi e il nematode Baylisascaris procyonis, un verme responsabile della baylisascariasi, una zoonosi rara, ma potenzialmente molto grave a causa della capacità delle larve di migrare nel tessuto cerebrale. Questo verme è stato identificato e segnalato per la prima volta nel 2022 anche nella popolazione di procioni presente in Toscana, aumentando le preoccupazioni degli enti che si occupano di monitorare e contenere la specie.

Cosa fare in caso di incontro con un procione

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In caso di avvistamento, è meglio non avvicinarsi e segnalare la sua presenza alle autorità

In caso di incontro con un procione è fondamentale mantenere una certa distanza, come si dovrebbe fare con qualsiasi animale selvatico autoctono e non. Non bisogna avvicinarsi, cercare di toccarlo e soprattutto provare a dargli da mangiare, perché questo potrebbe abituarlo alla presenza umana e rendere ancora più difficile la sua gestione. È importante inoltre evitare qualsiasi tentativo di attirarlo, anche solo per curiosità. Si tratta comunque di animali selvatici in grado di mordere e lasciare ferite anche serie.

Poiché si tratta di una specie aliena invasiva la cui presenza impatta in maniera notevole su ecosistemi e biodiversità, ogni avvistamento dovrebbe anche essere segnalato alle autorità competenti, come i Carabinieri Forestali o la Regione. Una segnalazione tempestiva contribuisce al monitoraggio della sua diffusione e permette di intervenire prima che si formino nuove popolazioni, più difficili da gestire e potenzialmente molto impattanti per la fauna locale.

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