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29 Ottobre 2025
8:09

Dieta vegana o vegetariana per cani e gatti, la veterinaria: “Chi la sceglie deve sapere che può provocare danni irreparabili”

Cosa mangiano in natura cani e gatti? Che tipo di alimentazione è necessaria per garantire il loro benessere psicofisico? Maria Mayer, veterinaria specializzata in alimentazione di entrambe le specie spiega: "Non è eticamente corretto imporre a dei carnivori una dieta vegetariana o vegana. Abbiamo già visto cosa ha causato dare proteine animali ad animali erbivori: la mucca pazza"

Intervista a Dott.ssa Maria Mayer
Veterinaria esperta in alimentazione del cane e del gatto
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Studi scientifici contrastanti, polemiche che si scatenano ogni volta che se ne parla e poche certezze rispetto alla bontà di una scelta fatta per qualcun altro. La dieta vegana o vegetariana per il cane o il gatto di famiglia è un argomento sempre più dibattuto, soprattutto quando la scienza risponde in modo frettoloso e gli studi più diffusi sono basati sulla percezione degli umani di riferimento e non su dati attendibili.

Maria Mayer, veterinaria esperta di alimentazione per cani e gatti, ci spiega quali sono i punti salienti di un tema a tratti "scomodo" su cui pesa la questione etica ma del quale spesso ci si dimentica chi è il vero protagonista: l'animale cui si deve il rispetto necessario perché sia garantito il suo benessere psicofisico al di là delle nostre convinzioni.

Cani e gatti possono seguire un'alimentazione vegetariana e vegana?

La risposta è complessa e va articolata su due livelli: quello nutrizionale e quello etico. Dal punto di vista nutrizionale, la risposta è tutto sommato semplice: gli alimenti vegetali rappresentano fonti proteiche di scarso valore biologico e difficile digeribilità per cane e gatto. Le proteine vegetali sono povere di aminoacidi essenziali per i nostri carnivori domestici e hanno una composizione profondamente diversa da quella necessaria al loro metabolismo. La tendenza della ricerca e delle persone è quella di pensare che queste diete “si possano integrare”, ma gli effetti di una dieta nel suo complesso vanno sempre ben al di là della somma delle parti.

Ne sono un esempio i problemi insorti e resi visibili con denunce di morti e danni alla FDA legati agli alimenti grain free. Sulla carta, tutto era perfetto, fino a che questa dieta però è entrata in un organismo vivente. Questo argomento per essere approfondito ha bisogno di dettagli nutrizionali non semplicissimi da comprendere, in breve significa che nel lungo periodo potrebbero manifestarsi effetti collaterali anche gravi. Non solo carenze evidenti nei primi mesi, ma danni che si accumulano nel tempo e che possono essere irreversibili. La risposta etica invece è molto più complessa e come tutte le domande di questo tipo è probabilmente soggettiva.

Quante volte le è capitato nella sua professione di persone che le hanno fatto questo tipo di domanda?

A me personalmente poche, perché mi occupo di divulgazione e spesso chi arriva da me sa già come la penso. Ma è una richiesta che sta diventando sempre più frequente. Molti proprietari vegani o vegetariani si pongono il problema etico di far consumare carne ai loro animali. È comprensibile e legittimo. Queste richieste nascono da una sincera buona fede: si pensa che basti integrare correttamente per rendere sicura una dieta vegetale, per questo poi risulta estremamente doloroso quando i danni emergono. Perché di danni sì, ne ho visti e ne abbiamo visti come gruppo Nutravet parecchi. Cani (soprattutto) che arrivano con stati patologici avanzati causate da diete vegane, anche commerciali e pure di marche “notorie”.

Facciamo un focus su entrambe le specie. Qual è l'alimentazione in natura di un cane?

Il cane è una specie domestica che deriva dal lupo ma che si è differenziata attraverso millenni di selezione. In natura esiste il cane del villaggio o cane libero, che in generale rimane un animale antropico, che tende a cibarsi di quel che incontra, comunque con una netta preferenza per gli alimenti di origine animale.  Dobbiamo poi distinguere in sostanza tra "dieta ideale" e "dieta naturale". La dieta naturale è quella che un animale consuma nel suo ambiente naturale. Ma per il cane questo ambiente non esiste: il cane ha ereditato dal lupo una notevole capacità di adattamento a carenze alimentari anche protratte nel tempo, fattore che per il lupo era fondamentale per resistere ai periodi di magra, dove per scarsità di prede non poteva cibarsi in modo completo.

La maggior parte della sua “flessibilità” alimentare dipende da questo, a differenza del gatto che è un cacciatore di piccole prede e abituato in natura a ricevere costantemente nutrienti essenziali. Il cane poi ha sviluppato alcuni adattamenti rispetto al lupo, legati alla domesticazione, come una certa capacità di digerire gli amidi. Ma questo non lo rende onnivoro: possiede infatti un metabolismo da carnivoro con flessibilità limitata verso i carboidrati, non un metabolismo onnivoro vero e proprio.

Quindi, il cane è correttamente definito un "carnivoro opportunista" o "carnivoro adattato". Da un punto di vista biologico, non c'è dubbio su questo: i carnivori sono animali che ricavano glucosio prevalentemente dalle proteine, perché ne hanno capacità geneticamente determinate. In particolare, creano glucosio dagli aminoacidi gluconeogenetici presenti nelle proteine animali.  Le definizioni di carnivoro o onnivoro infatti non si basano banalmente su "cosa mangiano" ma sulle vie metaboliche e le peculiarità anatomiche dell'animale.

E qual è l'alimentazione in natura di un gatto?

Il gatto è un carnivoro stretto, chiamato anche "carnivoro obbligato". Questa definizione indica che le sue esigenze nutrizionali sono ancora più vicine a quelle dei suoi antenati predatori. Il gatto presenta quelle che chiamiamo "idiosincrasie nutrizionali", cioè caratteristiche metaboliche uniche che lo rendono totalmente dipendente da nutrienti presenti solo in fonti animali e che devono ricevere costantemente. L’idea della natura è semplice: se trovi giornalmente in natura alcuni nutrienti, perché “perdere tempo” a produrseli da soli? Questo rende il gatto non solo un carnivoro, ma un animale che in generale non è in grado di sopportare il digiuno prolungato (a differenza di lupo e cane).

Alcuni esempi delle idiosincrasie nutrizionali sono che il gatto non è in grado di sintetizzare autonomamente la taurina, un aminoacido essenziale presente solo nei tessuti animali; non può convertire efficacemente il beta-carotene in vitamina A; ha un fabbisogno assoluto di acido arachidonico, presente principalmente nei grassi animali. Il suo intestino è molto corto, tipico dei carnivori puri, e il suo microbiota è strutturato per digerire proteine e fibre animali, non vegetali. Una piccola quota di fibra vegetale può essere utile al microbiota del gatto, anche perché dubito che la maggior parte delle famiglie siano disposte a dare prede intere (ricche di fibre animali). Quello che conta è la quantità. Le fermentazioni anomale che si generano con diete ricche in fibra possono portare a problemi metabolici seri.

Cani e gatti, con le dovute differenze e in tempi diversi, sono diventati poi "animali domestici". Quanto è cambiata la loro alimentazione vivendo all'interno delle nostre case e a stretto contatto con l'essere umano?

La domesticazione del cane è passata attraverso la sua alimentazione. L'essere umano ha sempre nutrito il cane, in molti luoghi del pianeta includendo anche alimenti di origine vegetale. L’importante è comprendere quello di cui dicevo sopra: si è trattato di un adattamento, legato e permesso dalla biologia del lupo, non la miglior scelta nutrizionale. Con la nascita del pet food commerciale è nato quello che scientificamente viene definito il "dogma del cane onnivoro", particolarmente radicato soprattutto nella ricerca anglo-americana.

Prima degli anni 50 del secolo scorso, infatti, semplicemente non ci si poneva nemmeno la domanda: era dato per scontato che il cane fosse un carnivoro. Il concetto di cane onnivoro nasce insieme al marketing del pet food: le aziende avevano necessità di giustificare la presenza massiccia di cereali e vegetali nei loro prodotti, a loro volta necessarie per ragioni tecnologiche. Da qui si è diffusa l'idea, priva di basi scientifiche solide, che il cane sia un onnivoro. Il problema è che il cane di famiglia non ha scelta. Mangia quello che mettiamo nella ciotola. Ci mancano quindi i due punti di riferimento chiave: l'osservazione in natura e la scelta autonoma dell'animale.

Alcune persone tendono ad emulare le scelte di personaggi famosi. Il pilota della F1 Hamilton ha dichiarato di aver fatto seguire una dieta vegana al suo Bulldog. Questo tipo di messaggi cosa comportano poi davvero dal punto di vista della salute degli animali?

Questi messaggi sono pericolosi perché vengono da figure con grande visibilità e credibilità, senza competenze scientifiche in nutrizione veterinaria e soprattutto senza contesto. Il fatto che un cane "sembri stare bene" nei primi mesi o anni non significa che la dieta sia adeguata. Data la sua enorme flessibilità, soprattutto nel cane, da carenze nutrizionali possono rimanere “silenziose” e/o manifestarsi in modo chiaro ai medici veterinari che ormai non sono spesso in grado di diagnosticarle. Quando ho letto questa notizia ho pensato che nel caso specifico dei Bulldog, che sono brachicefali e hanno problemi respiratori congeniti, qualsiasi miglioramento potrebbe essere legato alla perdita di peso o ad altri fattori, non necessariamente alla dieta vegana in sé. Rimane il dubbio perché ovviamente ogni caso è un mondo a parte.

Ci sono studi scientifici sulle diete vegane e vegetariane per animali che hanno spesso risultati molto contrastanti. Cosa ne pensa?

Fatto ancora più grave di queste esternazioni di persone famose, che sono convinta siano mosse da amore per il loro cane, è proprio quello che sta accadendo in una parte della ricerca. Alcuni ricercatori, ponendosi su basi ideologiche, stanno cercando di dimostrare che la dieta vegana sia pari o superiore per la salute di cani e gatti. Mi riferisco ai lavori finanziati direttamente o indirettamente da associazioni animaliste, o i cui autori si palesano tali e che che presentano gravi bias metodologici. La maggior parte di questi studi sono osservazionali, basati su questionari ai proprietari (quindi non oggettivi, proprio come nel caso di Roscoe).

Questi studi minimizzano delle questioni nutrizionalmente rilevanti e le conclusioni, che spesso sono l’unica parte che stampa e grande pubblico leggono, non riflettono i reali contenuti del paper. Subito dopo la pubblicazione, poi, gli autori si impegnano sui social e sulla stampa per divulgare i dati in modo spesso manipolativo.  Si tratta di fatti scientificamente gravi, ma purtroppo molto più comuni di quello che si pensa. Quando uno studio parte dal presupposto di voler dimostrare qualcosa, anziché osservare in modo neutro e documentare, perde valore scientifico.

C'è un importante protagonista della salute animale correlata all'alimentazione di cui si sente sempre più parlare ma del quale ancora non c'è una corretta informazione al riguardo. Che cosa è il microbiota intestinale? E perché è così importante?

Il microbiota intestinale è l'insieme dei microrganismi che popolano l'intestino. È un vero e proprio organo metabolico che influenza digestione, assorbimento dei nutrienti, sistema immunitario e persino comportamento. Nei carnivori, il microbiota si è evoluto per gestire principalmente proteine e grassi animali. Le fibre vegetali, anche se utili in quantità moderate, se somministrate ad alte dosi non sappiamo bene che effetto possono avere, né sul microbiota né sull’organismo.

Ho seguito personalmente un caso di un cane con dieta vegana che ha sviluppato una cirrosi epatica simile a quella degli alcolisti, probabilmente per fermentazione alcolica intestinale anomala. Immaginate quando io e il collega gastroenterologo abbiamo dovuto dare la notizia a questa famiglia che era sinceramente convinta di fare del bene al suo cane.

Faccio spesso l’esempio della “sindrome della mucca pazza”. Abbiamo dato per anni farine di carne alle vacche convinti che “non facciano danni e anzi hanno effetti positivi”. Poi sono arrivate le malttie da prioni, a ricordarci che questi sono deliri di onnipotenza.

Parliamo dei prodotti commerciali. Esistono alimenti vegani per cani e gatti. Possono risolvere le carenza nutrizionali?

Sì, esistono prodotti commerciali vegetariani e vegani, sia per cani che per gatti. Alcune aziende sono totalmente inaffidabili e il prodotto è palesemente carente, anche solo partendo dalla formula. Altre sembrano complete, ma poi alle analisi di scienziati non lo sono (abbiamo in letteratura diversi lavori su questo). Le aziende più serie hanno fatto dei test prima di commercializzarli, ma in generale per tempi molto brevi: 6 mesi al massimo.

Gli studi di cui parlo sopra, che hanno analizzato questi prodotti, hanno evidenziato problemi ricorrenti. Uno studio del 2004 ha trovato che due diete vegane per gatti erano carenti di taurina, un nutriente essenziale. Uno studio del 2020 ha verificato che nessuna delle diete esaminate era completa e bilanciata: tutte presentavano eccessi o carenze di aminoacidi come metionina e arginina.

Il problema non riguarda ovviamente solo prodotti vegani, dobbiamo dirlo. Anche molti alimenti commerciali tradizionali non sono bilanciati. La differenza è che con le diete vegane abbiamo un margine di errore molto più esiguo e le conseguenze sono in generale più gravi.

Qual è, dunque, la migliore alimentazione che possiamo dare al nostro cane o al gatto?

In generale sia per cane che per gatto  bisogna basarsi principalmente su proteine animali ad alto valore biologico. La dieta deve essere completa e bilanciata, o perché basata su bilanciamento naturale (come un'alimentazione cruda ben formulata) oppure perché integrata. Il cane resiste alle carenze nutrizionali, ma questo non vuol dire che siano gratuite per l’organismo. Si può includere una piccola quota di vegetali, ma non come base della dieta.

Se vogliamo renderla una dieta “per la longevità”, poi, dobbiamo includere alimenti e integrazioni funzionali, ovvero che vadano oltre il mero bilanciamento della dieta e siano utili per ottimizzare il metabolismo e la salute (un esempio su tutti: acidi grassi Omega-3 di origine marina).  La dieta migliore non è necessariamente quella "naturale" ma quella che garantisce longevità e qualità di vita. Dobbiamo pensare alla salute sul lungo periodo, non alla sopravvivenza nel breve. Questo aspetto è particolarmente difficile da far passare nella divulgazione dove ancora si pensa che “naturale = migliore”.

Dunque dottoressa cosa ne pensa della dieta vegana per gli animali?

Comprendo perfettamente la volontà di non danneggiare il pianeta, la sento mia ed è uno dei miei personali valori. È innegabile che una dieta vegana, anche per cani e gatti, avrebbe un impatto ambientale ed etico minore dal punto di vista della produzione alimentare. Ma a mio parere non è eticamente corretto, al di là delle questioni nutrizionali, imporre a dei carnivori una dieta da vegetariani o vegani. Sarebbe più coerente porsi domande diverse. Per esempio: perché non adottare animali da compagnia già vegetariani in natura? Il coniglio, con le dovute attenzioni, è un animale splendido con cui convivere. È intelligente, affettuoso, può vivere in casa, e la sua dieta è naturalmente vegetale. Questa sarebbe una scelta etica coerente: rispettare la natura di ogni specie, inclusa quella dei nostri animali domestici.

L'ultima riflessione che mi sento di fare riguarda il principio di precauzione, come accennavo prima. Abbiamo già visto cosa ha causato dare proteine animali ad animali erbivori: l'encefalopatia spongiforme bovina, la mucca pazza. Sovvertire l'ordine naturale ha portato a conseguenze drammatiche e imprevedibili. In medicina si dice “l’assenza della prova, non è prova dell’assenza”. Vuol dire che se non abbiamo fatto studi sufficienti per escludere con certezza che faremo danni al nostro cane o gatto, come possiamo pensare – anche come medici veterinari nutrizionisti – di proporle ai nostri pazienti? Chi compie questa scelta deve essere pienamente consapevole che potrebbe arrecare danni, anche irreparabili, al proprio animale. E questo, purtroppo, è doloroso quando viene fatto in buona fede, pensando di compiere solo una scelta etica senza conseguenze sulla salute.

In che modo i veterinari possono aiutare le persone a scegliere la dieta giusta per il loro cane o gatto?

Dal mio punto di vista, il nostro ruolo come medici veterinari è accompagnare le persone a porsi le giuste domande, fornire tutte le informazioni scientifiche disponibili, ed essere onesti sui rischi e sulle incertezze. Non abbiamo risposte definitive, ma proprio per questo dobbiamo essere particolarmente cauti: mantenere la salute dei nostri pazienti deve rimanere la priorità, anche se a volte deludiamo l’aspettativa di una famiglia.

Le informazioni fornite su www.fanpage.it/kodami sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra il paziente ed il proprio veterinario.
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