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L'espressione "piangere lacrime di coccodrillo" è un modo dire ancora parecchio diffuso, rivolto solitamente verso chi finge dispiacere dopo aver fatto qualcosa di brutto o sbagliato. Ma cosa vuol dire davvero questa espressione, e da dove viene? Ma, soprattutto, i coccodrilli piangono davvero? La risposta è in realtà molto più interessante di quanto si possa pensare, perché unisce leggende antiche, false credenze e alcuni comportamenti reali, ma fraintesi, di questi antichi e affascinanti rettili.
Da dove viene il modo di dire "lacrime di coccodrillo"
Il modo di dire piangere "lacrime di coccodrillo" esiste da diversi secoli e affonda le sue radici nella letteratura medievale. La leggenda nasce probabilmente da fonti arabe e greche, ma diventa popolare in Europa soprattuto grazie ai bestiari medievali, le raccolte di animali reali e immaginari che spesso univano osservazione naturalistica e simbolismo morale. Uno dei testi più influenti fu De proprietatibus rerum di Bartolomeo Anglico, nel XIII secolo, in cui si racconta che il coccodrillo uccide l'uomo e poi piange sopra il suo corpo.

L'idea era che il coccodrillo, dopo aver divorato ucciso e la sua preda, versasse lacrime in segno di finto pentimento. Un comportamento che ha dato vita a un'immagine negativa, ma molto duratura: quella di un predatore ipocrita, che simula dolore per coprire la propria ferocia. In alcune versioni ancora più cupe e recenti, si dice invece che le femmine piangano dopo aver divorato i propri piccoli. Ma si tratta, naturalmente, di immagini simboliche, mai osservate in natura o, come spesso accade, di comportamenti reali interpretati in modo errato.
Cosa sono davvero le lacrime di coccodrillo
Al contrario di quanto si crede, infatti, le femmine di coccodrillo non sono affatto crudeli con i propri piccoli. Anzi, sono tra le mamme più premurose dell'intero gruppo dei rettili. Le cosiddette cure parentali – l'insieme dei comportamenti che un genitore mette in atto per proteggere e accudire i proprio piccoli – in questi animali sono molto sviluppate. Le femmine, infatti, costruiscono nidi grandi e complessi per le proprie uova, li coprono con terra e vegetazione per mantenerle alla giusta temperatura e poi restano nei paraggi per difenderli.

Quando poi arriva il momento della schiusa, è la madre stessa a rispondere ai pigolii dei piccoli, aiutandoli a uscire dalle uova e trasportandoli delicatamente in acqua, uno ad uno o a piccoli gruppetti, tenendoli in bocca. Non lo fa di certo per divorarli, come appunto vuole una delle versioni della leggenda, ma per proteggerli. E anche un bel po' dopo la nascita, molti coccodrilli rimangono a sorvegliare i piccoli per settimane, o addirittura mesi, trasportandoli in giro sulla schiena o proteggendoli con il loro corpo. A volte lo fanno anche i maschi.
Probabilmente, la versione "infanticida" del mito nasce proprio da questi comportamenti in realtà molto premuroso, che forse in passato sono stati fraintesi o interpretati erroneamente perché inaspettato o impensabile per un "freddo" e "primitivo" rettile. Eppure, qualcosa di vero nel mito c'è: i coccodrilli piangono davvero. Lo fanno per ragioni più fisiologiche, non di certo emotive. I loro occhi, come quelli di molti altri vertebrati, producono lacrime per mantenersi umidi e puliti, soprattutto quando sono fuori dall’acqua.
Mentre mangiano, inoltre, la contrazione dei muscoli facciali può comprimere le ghiandole lacrimali, facendo fuoriuscire una piccola quantità di liquido. È anche questo, secondo alcuni etologi, che ha potuto dare origine alla leggenda: chi ha osservato un coccodrillo "piangere" mentre mangiava, ha scambiato un riflesso fisiologico per un'emozione di finto dispaicere. C'è però ancora molto altro da dire sulle lacrime dei coccodrilli: per esempio, alcuni insetti ne vanno matti e le bevono.

In diverse zone dell'America centrale e del Sud America, le farfalle si posano di proposito su caimani, coccodrilli e altri rettili per bere le loro lacrime. Questo fenomeno, chiamato anche lacrimofagia, è un modo per recuperare e assumere preziosi sali minerali, soprattutto sodio. È quasi un paradosso molto affascinante: quelle lacrime che i coccodrilli verserebbero dopo avere tolto la vita a qualcuno o addirittura ai propri figli, in realtà sono preziose e d'aiuto per la sopravvivenza di altri.
Forse è allora arrivato il momento di rivalutare le proverbiali lacrime di coccodrillo. Da metafora di falsità e ipocrisia, a simbolo di cure parentali, adattamento e perfino di "aiuto" per altre specie. I coccodrilli non sono affatto "bestie" primitive e "insensibili". Sono rettili affascinanti, genitori premurosi e animali che da milioni di anni si sono adattati a vivere sospesi tra terra e acqua. Le loro lacrime non raccontano una finta tristezza, ma una storia molto più antica, affascinante e – soprattutto – interessante.