
Ogni dicembre tornano puntuali: immagini, film, pubblicità, cartoline (e buongiornissimi) in cui il vecchio barbuto vestito di rosso sorvola il mondo su una slitta trainata da renne volanti. È una delle iconografie natalizie più riconoscibili di sempre, ma dietro questo immaginario c'è una specie animale reale, concreta, adattata a uno degli ambienti più estremi del Pianeta. Le renne non volano, ovviamente, ma la loro storia naturale è molto più sorprendente e affascinante di qualsiasi leggenda.
Il legame tra le renne e Babbo Natale nasce tra la fine dell'800 e l'inizio del 900, soprattutto nella cultura nordamericana. Il poema "A Visit from St. Nicholas" del 1823, attribuito a Clement Clarke Moore, è tra i primi testi a citare esplicitamente una slitta trainata da renne, ciascuna con un nome proprio. Da lì, illustrazioni, pubblicità e racconti hanno fissato per sempre questa associazione, facilitata dal fatto che le renne sono una specie simbolo delle regioni artiche e subartiche, dove l'immaginario collettivo colloca la "casa" di Babbo Natale.
Ma al di là del mito, chi sono davvero questi animali?
Le renne: caratteristiche fisiche

La renna (Rangifer tarandus) è un cervide, la stessa famiglia di cervi, caprioli, alci, daini e altri animali con i "palchi", non le corna (quelle le hanno bovini, capre e altri bovidi). È l’unico cervo ad avere una distribuzione quasi completamente circumpolare e a vivere stabilmente nelle regioni più settentrionali del mondo. In Europa è conosciuta come renna, mentre in Nord America viene chiamata caribù. Si tratta sempre della stessa specie, ma con popolazioni e sottospecie differenti, adattate a territori e stili di vita diversi.
A prima vista, può sembrare solo un altro generico "cervo", ma in realtà è un animale altamente specializzato per sopravvivere al freddo estremo. Il corpo è massiccio, con zampe relativamente corte e robuste, una forma che aiuta a ridurre la dispersione di calore. Il mantello è fitto e isolante, con peli cavi all'interno che trattengono aria e che funzionano come una vera e propria giacca termica naturale. Il colore varia dal marrone scuro estivo al grigio chiaro quasi bianco in inverno.

Una caratteristica unica tra i cervidi è che sia i maschi sia le femmine portano i palchi, in tutti gli altri cervidi le femmine ne sono sprovviste. Nei maschi sono solitamente più grandi e vengono perse poco dopo il periodo riproduttivo; nelle femmine restano invece più a lungo, spesso per tutto l'inverno. Questo dettaglio ha alimentato anche una curiosità natalizia: se le renne di Babbo Natale trainano la slitta a dicembre, è probabile che siano tutte femmine.
Gli zoccoli sono larghi e affilati ai bordi: d'estate funzionano come "racchette" su terreni fangosi e paludosi, d'inverno si induriscono e permettono di scavare la neve per raggiungere il cibo sottostante.
Dove vivono e cosa mangiano le renne

Le renne occupano un areale vastissimo che abbraccia ben tre continenti. In Europa e in Asia vivono soprattutto nella tundra e nella taiga della Scandinavia e della Russia; in Nord America popolano le regioni artiche e subartiche di Canada e Alaska. Esistono numerose sottospecie, alcune più legate alla tundra aperta, altre alle foreste boreali, con caratteristiche fisiche e abitudini anche molto diverse, tanto che secondo alcuni studi la renna e i caribù dovrebbero essere divisi in ben sei specie distinte.
Alcune sottospecie e popolazioni, soprattutto in Nord America, compiono per esempio migrazioni stagionali spettacolari, percorrendo anche centinaia di chilometri ogni anno tra le aree di riproduzione estive e quelle invernali. Altre invece sono più "stanziali" e rimangono più o meno negli stessi territori per tutto l'anno.La dieta è composta principalmente da licheni, soprattutto in inverno, tant'è che esiste anche il lichene delle renne (Cladonia rangiferina), che prende il nome proprio da loro. In estate, invece, mangiano erbe, foglie, germogli, funghi e bacche.
Il loro apparato digerente è particolarmente efficiente nel ricavare energia anche da alimenti molto poveri e difficili da digerire, un adattamento fondamentale per la vita nelle regioni fredde dove il cibo più nutriente spesso scarseggia.
Il ruolo delle renne per le popolazioni e l'ecosistema artico

Per molte popolazioni umane dell'Artico, le renne non sono solo animali selvatici, ma una parte centrale della cultura e dell'economia. I Sami, per esempio, praticano da secoli l'allevamento semi-nomade delle renne in Fennoscandia, utilizzandole per carne, latte, pelli e come mezzo di trasporto. Questo rapporto non è semplicemente utilitaristico, ma culturale e fortemente identitario. Le renne sono anche uno dei simboli più riconoscibili della Lapponia, che ha contribuito a consolidare l'immaginario natalizio moderno.
Non a caso, turismo, folklore e tradizioni locali di molte regioni artiche sia in Europa che in Nord America ruotano spesso attorno a questo cervide. Dal punto di vista ecologico, le renne sono una specie chiave negli ecosistemi artici. Influenzano la vegetazione attraverso il pascolo, contribuiscono alla dispersione di semi e nutrienti e rappresentano una preda indispensabile per i grandi carnivori come lupi e orsi. La loro presenza è perciò centrale per il mantenimento e il funzionamento di questi ambienti estremamente delicati e fragili.

Oggi, però, molte sottospecie o popolazioni sono in enorme difficoltà. Gli effetti del surriscaldamento globale e dei cambiamenti climatici stanno alterando la disponibilità di cibo e le stagioni, rendendo per esempio più frequenti le piogge invernali che ghiacciano il suolo e ostacolano l'accesso ai licheni e gli spostamenti, mentre infrastrutture, estrazioni minerarie e frammentazione degli habitat intralciano le rotte migratorie e separano le popolazioni. Per questi e altri motivi la specie è considerata in declino e "Vulnerabile" nella Lista Rossa IUCN.
Dietro l'immagine delle renne che "volano" nel cielo della notte di Natale c'è dunque una specie reale, antica, resiliente, ma anche sempre più fragile e vulnerabile. Conoscerle davvero significa andare oltre la fiaba e i racconti e riconoscere il valore biologico, ecologico e culturale di uno degli animali più emblematici e iconici dell'Artico e delle popolazioni umane che da millenni convivono insieme a loro.