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Un terremoto di magnitudo 8.8 è avvenuto al largo della Kamchatka, nell’estremo oriente della Russia, nella notte del 30 luglio alle ore 1.24 in Italia. Il sisma ha causato un’allerta tsunami sulle coste in tutta l’area del Pacifico, dalle Hawaii (USA) al Giappone, passando per le Isole Curili.
Quando un fenomeno di questo tipo si verifica, ciò che accade è un rischio enorme non solo per gli esseri umani ma anche per le altre creature viventi che popolano il Pianeta. Un fenomeno di questo tipo infatti impatta sulla vita di specie che popolano diversi ecosistemi, tanto in mare quanto sulle coste su cui impatta l'onda. Ma ciò accade non tanto per l'evento in sé ma a causa dell'intervento umano nel tempo che ha portato alla distruzione delle aree naturali che non avendo più la conformazione originaria non riescono a "sopportare" la forza del maremoto.
Cosa accade agli animali quando avviene uno tsunami
Cosa esattamente accade agli animali va analizzato in base, soprattutto, al luogo in cui vivono. Nel momento in cui l'evento si verifica, le specie più "fortunate" sono quelle che abitano i fondali: nelle acque profonde le onde sono quasi impercettibili e anche in mare aperto l' "altezza" varia di pochi centimetri tanto che gli organismi pelagici, ovvero quelle forme di vita che hanno come habitat l'acqua più superficiale, potrebbero anche non notare proprio che è in atto un fenomeno così intenso.
Per capire realmente gli effetti, però, bisogna basarsi su dati certi e solo quanto accaduto in occasione dello tsunami del 2004 ha permesso alla ricerca scientifica di provare a fare un bilancio anche in termini di danni su flora e fauna. Non si è mai fatta una stima precisa di quanti animali (e di quali specie) hanno perso la vita durante l'evento stesso ma ciò che è stato analizzato è l'aspetto a lungo termine dell'impatto del fenomeno soprattutto sulla flora, che ha portato a capire quanto in realtà non sia lo tsunami di per sé a provocare i danni peggiori ma è l'essere umano il vero colpevole. Ciò perché sono stati devastati habitat naturali che avrebbero invece avuto la funzione anche di preservare vite umane se lasciati incontaminati.
Ciò che è emerso, ad esempio, è che circa il 60% delle barriere coralline che si trovavano tra i 10 e i 20 metri di profondità nelle aree colpite della Thailandia è stato danneggiato e che la devastazione subita dalle spiagge e dalle aree coperte di mangrovie anche in Sri Lanka ha necessariamente comportato danni per gli animali di questi ecosistemi. Ma questi ecosistemi in realtà avrebbero una funzione protettiva quando accade uno tsunami se fossero preservati. Uno studio del 2024, infatti, ha indagato proprio sui fattori di rischio ecologici e di altro tipo che hanno influenzato l'esito dello tsunami del 2004 in cui i ricercatori hanno evidenziato "l'importanza di considerare le barriere coralline nel contesto della gestione costiera sostenibile, della preparazione alle catastrofi e degli stress dovuti ai cambiamenti climatici di origine antropica". In Sri Lanka e Thailandia comunque è stato stimato che il 15–20 % delle barriere coralline fu danneggiato, con sedimentazione massiccia, copertura di sabbia e sifonamento di coralli morti e vivi. In alcune zone della Thailandia si è arrivati a stimare la compromissione fino al 60 % dei reef.
Premesso tutto ciò, ci sono vittime dirette sicuramente anche tra gli animali e soprattutto per quanto riguarda le specie che vengono trascinate dall'onda e sbattute sulle coste e quelli domestici. Grandi e piccoli cetacei, come balene e delfini, ma anche altre come i leoni marini o creature che vivono sulle spiagge o sulle rocce: l'effetto diretto di uno tsunami è, evidentemente, quello di travolgere ciò che incontra e gli animali non vengono esclusi dalla potenza delle onde. Lo stesso vale per gatti e cani o anche mucche e altri animali da allevamento, tanto nel caso in cui vengono colpiti direttamente o anche per causa indiretta, ovvero perché abbandonati al loro destino dagli esseri umani.
Un dato molto interessante, che mette in evidenza appunto quanto effettivamente lo tsunami di per sé non crei catastrofi significative rispetto a morti animali, è il caso delle tartarughe marine dello Sri Lanka. Uno studio condotto dall'Università del Montana ha valutato proprio gli effetti, sempre post evento del 2004, su questi animali arrivando a una conclusione che può sorprendere. I ricercatori hanno sin dalle prime righe del paper sottolineato quanto poco si sa degli effetti sugli animali dopo quanto accaduto nell'Oceano Pacifico ma si sono concentrati su cinque specie di tartarughe marine che nidificano sulle spiagge dello Sri Lanka meridionale. "I primi resoconti dopo lo tsunami hanno rivelato danni alle spiagge di nidificazione, agli incubatoi e all'habitat di foragiamento degli esemplari adulti". Gli esperti hanno poi verificato e dimostrato che nell'anno successivo allo tsunami, il numero di femmine adulte che sono tornate sulle spiagge di nidificazione del Parco Nazionale di Bundala è rimasto pressoché invariato rispetto agli anni precedenti.
Qual è il ruolo dell'uomo
Quanto sia determinante la mano dell'uomo sugli effetti a lungo termine di uno tsunami, infine, è stato avvalorato anche da un altro studio condotto a seguito dello tsunami che ha colpito la costa del Giappone nord-orientale l'11 marzo 2011. Tomohiko Kawamura, un'ecologa specializzata sugli invertebrati marini dell'Ocean Research Institute dell'Università di Tokyo, ha analizzato i fondali per comprendere quanto la vita lì sotto fosse stata colpita dall'evento.
L'esperta però è arrivata alle stesse conclusioni di altri scienziati che avevano appunto cercato di capire gli effetti sulla biodiversità dopo lo tsunami del 2004: "Vedendo l'enorme impatto dello tsunami sulle zone costiere, pensavamo che anche i nostri siti di studio sarebbero stati gravemente danneggiati – aveva dichiarato in un'intervista su Nature – Fortunatamente, la natura si è dimostrata più resiliente di quanto avessimo previsto". Il problema, infatti, anche per la scienziata giapponese non sono eventi naturali anche di portata così enorme ma l'intervento dell'uomo, anche post tsunami: "L'impatto dell'attività di ricostruzione potrebbe essere molto più grande dell'evento stesso. Ad esempio, la ricostruzione delle dighe ha causato la perdita di habitat in acque poco profonde".