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Nelle sere d'estate, quando il cielo si fa scuro e l'aria si riempie di suoni ovattati, può ancora capitare – se si ha un po' fortuna – di assistere a uno degli spettacoli più antichi e affascinanti della natura: il volo intermittente delle lucciole. Minuscoli puntini luminosi che si accendono tra l'erba, a bordo sentiero o sulle sponde di uno stagno, come se la terra restituisse alla notte le sue stelle. Eppure, nonostante il loro fascino universale e il posto d'onore che pochi altri insetti possono vantare di occupare nell'immaginario collettivo, di questi animali, sempre più rari e minacciati, si sa ancora sorprendentemente poco. Soprattutto in Europa. Ancora di più qui in Italia.
A colmare questo vuoto ci pensa ora un progetto tutto italiano, dal nome piuttosto evocativo: LUCE, acronimo di Lighting up the Understudied but Charismatic fireflies of Europe ("Illuminare le lucciole europee, specie poco studiate, ma carismatiche"). Coordinato dal biologo Emiliano Mori del CNR – Istituto di Ricerca sugli Ecosistemi Terrestri, in collaborazione con la Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa e diversi altri partner internazionali, il progetto è nato nell'ambito del programma europeo TETTRIs (Transforming European Taxonomy through Training, Research and Innovation), e ha l'ambizione di riscrivere ciò che sappiamo su questi iconici insetti e provare salvare la luce che da millenni illumina le sere d'estate.
Piccole luci per cercarsi e incontrarsi nel buio: perché le lucciole si illuminano

"Le lucciole sono tra gli insetti più affascinanti che possiamo incontrare nelle serate estive – racconta Mori -. La loro capacità di brillare non è soltanto uno spettacolo suggestivo, ma un vero e proprio linguaggio della natura". A farle brillare nel buio è un meccanismo tanto affascinante quanto spettacolare: la bioluminescenza, frutto della reazione chimica tra una proteina chiamata luciferina e l'enzima luciferasi, che permette alla luce di prodursi senza calore direttamente nel corpo degli insetti. Un sistema di comunicazione visiva raffinato, sviluppato in milioni di anni di evoluzione soprattutto per riprodursi.
Ogni specie emette infatti segnali specifici, veri e propri codici visivi con cui maschi e femmine si cercano nel buio per accoppiarsi, ma non solo. Alcune specie usano la luce anche per ingannare e attirare in trappola altre specie di lucciole (che poi mangiano) oppure per difendersi, segnalando un cattivo sapore o una potenziale tossicità ai predatori. "È un modo per dire ‘Non mi mangiare, potresti pentirtene' – spiega Emiliano Mori -. La luce, quindi, non è mai decorativa, è sempre funzionale". Eppure, al di là della bioluminescenza, ci sono diversi altri aspetti della biologia e del comportamento di questi insetti che li rendono così unici.
Vita da lucciola, predatrici inaspettate e sottovalutate

Le lucciole sono coleotteri appartenenti alla famiglia Lampyridae. Anche se può essere facile immaginare che siano tutte uguali, in realtà mostrano una notevole diversità morfologica e comportamentale tra le varie specie (in tutto il mondo ce ne sono oltre 2.000). Una delle differenze più evidenti è tra i maschi e le femmine. In molte specie, infatti, solo i maschi volano, mentre le femmine restano al suolo e spesso hanno un aspetto molto più simile a quello delle larve, senza ali e con una forma allungata e segmentata, quasi preistorica. L'aspetto larviforme e senza ali delle femmine limita molto le capacità di dispersione di questi insetti, anche per questo riconquistano a fatica e molto lentamente i territori perduti.
Il ciclo vitale è inoltre piuttosto lungo rispetto alla loro vita da adulte. Le uova vengono deposte nel terreno, dove dopo qualche settimana si schiudono dando origine a larve luminescenti, predatrici instancabili ed estremamente specializzate. La loro preda preferita? Chiocciole e lumache, che attaccano iniettando un fluido paralizzante attraverso la bocca. È una fase fondamentale per la loro sopravvivenza e può durare anche due o tre anni, durante i quali le larve passano quasi sempre inosservate nel suolo e tra la lettiera del bosco. Dopo la metamorfosi, la fase adulta è poi brevissima, come per tanti altri insetti: solo pochi giorni o settimane, dedicati esclusivamente alla riproduzione.
L'Italia e le sue lucciole dimenticate, il progetto LUCE per colmare le lacune

Contrariamente a quanto si possa pensare, le lucciole non sono affatto ben conosciute. Il loro successo simbolico – legato alla nostalgia, alla poesia, al mistero – non ha generato un corrispettivo scientifico, almeno non negli ultimi decenni. Basti pensare che in Italia esistono almeno 19 specie diverse (alcune forse ancora non descritte o non rilevate) appartenenti soprattutto ai generi Luciola e Lampyris (con le meno diffuse Lamprohiza e Phosphaenus), ma per la maggior parte di esse mancano anche gli studi ecologici più basilari: dove vivono, cosa mangiano, come si riproducono. Con il progetto LUCE, questa situazione è però destinata a cambiare.
Il team coordinato da Mori – che coinvolge anche ricercatori come Luiz Silveira (uno dei massimi esperti mondiali di lucciole), Malayka Samantha Picchi (una delle massime esperte in Italia), Mariella Baratti, Norma Lelli, Leonardo Ancillotto e altri – si muove infatti su numerosi fronti: studio morfologico e genetico delle specie italiane, revisione tassonomica e dei nomi scientifici, divulgazione e sensibilizzazione e formazione di nuovi ricercatori che possano continuare a portare avanti studi e ricerche sulle lucciole anche in futuro. Sono infatti 16 i giovani coinvolti in un percorso di mentoring, che unisce ricerca, ecologia e comunicazione ambientale.
Una danza luminosa sempre più fioca a causa di pesticidi e luci artificiali

Ma oltre al fascino romantico, le lucciole sembrano svolgere anche un ruolo cruciale come bioindicatori. La loro presenza – o assenza – racconta molto sullo stato di salute di un territorio. "Dove le lucciole abbondano, in genere il suolo è sano, l'aria e l'acqua sono poco inquinate e l'inquinamento luminoso è minimo – spiega infatti Mori -. Al contrario, dove scompaiono, potrebbe essere in corso una trasformazione negativa". Gli habitat ideali delle lucciole – zone umide, prati naturali, radure poco illuminate, margini dei boschi – stanno però rapidamente scomparendo o modificandosi sotto la pressione dell'urbanizzazione, dell'agricoltura intensiva, dell’uso di pesticidi e dell'illuminazione artificiale notturna.
"Le luci artificiali potrebbero anche interferire con il loro comportamento riproduttivo – continua ancora Mori -. Le lucciole non riescono più a comunicare tra loro, e questo riduce le possibilità di accoppiamento. È un fenomeno documentato in tutto il mondo e preoccupante anche qui in Italia". Eppure, negli ultimi anni si è registrato un crescente interesse da parte del pubblico verso questi insetti. Sempre più parchi, riserve, guide e associazioni naturalistiche organizzano escursioni notturne per osservare le lucciole, soprattutto tra maggio e luglio. È un turismo lento, silenzioso, rispettoso, figlio della crescente sensibilità ambientalista e che promuove la conoscenza e la conservazione della biodiversità.
Perché dobbiamo preoccuparci se le lucciole spariscono

Ma anche questa tipologia di turismo legato alla natura va gestita con molta attenzione. Le lucciole sono estremamente sensibili al disturbo: basta una torcia accesa, il flash di uno smartphone o un passo fuori sentiero per interrompere un rituale di corteggiamento o danneggiare una già fragile o esigua popolazione locale. Perciò è molto importante scegliere eventi ed escursioni etiche, osservarle con rispetto, senza disturbare, senza toccarle o catturarle, evitando torce e flash. Proteggere le lucciole non è infatti solo un gesto romantico, ma un atto e una presa di coscienza ecologica necessaria.
Le lucciole sono infatti predatrici di altri invertebrati e contribuiscono a regolare le dinamiche dei micro-ecosistemi e mantenere sotto controllo le popolazioni di altri animali. Inoltre, la loro presenza è spesso legata a paesaggi agricoli più tradizionali e a una gestione del territorio più attenta e rispettosa. "Conservare le lucciole significa conservare un modo di abitare il paesaggio – dice Mori -. Significa ricordarsi che esistono ancora luoghi dove la natura può esprimersi liberamente". E la massima espressione di questa libertà, sta soprattutto nel saper riconoscere, apprezzare e difendere il valore della biodiversità.
Piccoli gesti per illuminare le notti d'estate

Il progetto LUCE punta anche a questo: sensibilizzare il pubblico attraverso eventi, pubblicazioni e campagne di comunicazione, per rendere le lucciole protagoniste non solo dei prati più naturali, ma anche delle nostre coscienze. Nel febbraio del 1975, lo scrittore, poeta e intellettuale Pier Paolo Pasolini scrisse un famoso articolo passato alla storia come "L'articolo delle lucciole" o "La scomparsa delle lucciole", una metafora del tramonto della libertà e della purezza di pensiero nell'Italia del dopoguerra. La loro assenza, scriveva, è il segno che qualcosa di profondo e vitale è andato perduto, proprio come le lucciole, in forte declino già all'epoca.
La tutela di questi piccoli coleotteri luminosi ci coinvolge quindi tutti e parte anche dai nostri giardini e dai piccoli gesti. "Le lucciole rappresentano un simbolo della biodiversità e della bellezza del mondo naturale – conclude Emiliano Mori. – La loro tutela dipende anche da noi: basta ridurre l’illuminazione notturna non necessaria, evitare l’uso di pesticidi e conservare angoli di natura più selvaggia nei nostri giardini o nei parchi pubblici". In un mondo sempre più abbagliato e caotico, tornare a guardare il buio come un luogo pieno di vita può essere un atto di riconnessione. E le lucciole, con la loro luce così antica e fragile, ci indicano la strada.