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Sulle spiagge dell'Australia Meridionale si sta consumando un disastro ecologico senza precedenti. A decine di migliaia tra pesci e altri animali marini vengono ritrovati spiaggiati, vittime di una fioritura algale tossica che ha trasformato il mare in una trappola mortale. Tra loro ci sono anche specie simbolo della biodiversità australiana, come i dragoni foglia, parenti dei cavallucci marini e noti per le loro spettacolari capacità mimetiche mimetiche.
Le prime segnalazioni risalgono alla scorsa primavera, ma ora il bilancio è davvero impressionante: 61 dragoni foglia, 604 squali Port Jackson, quasi 2.000 razze e centinaia di altre specie tra i piccoli pesci. Ma si tratta solo della parte visibile, poiché secondo gli ecologi, i numeri reali sono sicuramente molto più alti. A oggi sono stati segnalati oltre 34.000 animali morti, anche grazie al lavoro di più di 900 volontari che hanno deciso di trasformarsi in "sentinelle del mare".
Strage di fauna marina: colpa di un'alga tossica
La causa di questa moria di massa è un'alga microscopica, Karenia mikimotoi, in grado di produrre tossine letali per la fauna marina e, in alcuni casi, anche rischiose per gli esseri umani. L'allarme è partito inizialmente quasi per caso, quando un surfista ha raccontato di tosse violenta e irritazioni dopo un bagno in mare. Poco dopo, sulla sabbia è comparsa una schiuma biancastra e maleodorante. A quel punto è scattata una mobilitazione spontanea.
Gli ecologi e i biologi marini hanno iniziato a raccogliere campioni per analizzarli, mentre le associazioni come OzFish hanno organizzato un sistema di monitoraggio con il contributo di cittadini e volontari basato sulla piattaforma di citizen science iNaturalist. Le segnalazioni dei cittadini sono diventate uno strumento fondamentale per mappare la catastrofe: foto, video e dati che permettono di capire quali specie sono più colpite e in quali zone la moria è più grave.
Le alghe proliferano nei mari sempre più caldi
Il quadro che emerge è drammatico e a essere colpiti non sono solo pesci e squali, ma anche stelle marine, molluschi, crostacei e altri animali marini. Persino le praterie di fanerogame – piante marine come la nostra posidonia – e le barriere coralline del Great Southern Reef, un ecosistema già fragile, risultano devastate. Le alghe tossiche proliferano soprattutto in acque riscaldate e ricche di nutrienti, condizioni sempre più frequenti a causa del riscaldamento globale e dell'inquinamento.
Già nel 2023, la Great Southern Reef Foundation aveva avvertito i governi sui rischi legati alle ondate di calore marine. Solo di recente, però, sono arrivati i primi fondi pubblici per ricerca e i primi interventi, con uno stanziamento congiunto di 28 milioni di dollari. E il problema non riguarda solo l'Australia. Le ondate di calore stanno diventato sempre più frequenti in tutto il mondo: tra il 2014 e il 2016 un evento del genere ha dimezzato la popolazione di urie in Alaska, uccidendo 4 milioni di uccelli marini.
Intanto, la comunità non resta ferma. Esperti e volontari continuano a raccogliere dati e a monitorare il fenomeno, mentre OzFish sta già lavorando al ripristino delle praterie di fanerogame e a costruire una barriera con ostriche autoctone, che filtrando l'acqua e nutrendosi di microalghe potrebbero offrire un'arma naturale contro la proliferazione di Karenia. La situazione resta però complicata e ancora in continua evoluzione.