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Per la prima volta, il velista italiano dello dello Yacht Club Sanremo Alessandro Tosetti racconta dell'attacco subito dalle orche nello Stretto di Gibilterra. Stava completando l'ultima tratta del giro del mondo in solitaria a conclusione del percorso iniziato con la Global Solo Challenge quando lo scorso 19 aprile è stato svegliato da uno strano rumore.
"Quando sono uscito da sottocoperta ho realizzato che ero alla deriva in mezzo al canale con le orche che giocavano con il mio timone", racconta a Fanpage.it ricordando quella notte.
Cosa è successo quella notte?
Stavo completando l'ultima tratta del giro del mondo a conclusione del percorso iniziato con la Global Solo Challenge ed ero diretto in Liguria, allo Yacht Club Sanremo. Quella sera stavo arrivando dalla Nuova Zelanda e arrivare allo Stretto di Gibilterra voleva dire tornare a casa dopo circa 35 mila miglia di navigazione, e poi ho avuto questa sorpresa.
Lo Stretto di Gibilterra non è molto largo e ha delle corsie. Un po' come in autostrada si tiene la destra, ci sono le navi che transitano, e c'è molto traffico. Io ero verso sud, di fronte a Tangeri ed era notte, ero molto stanco ma finalmente ero arrivata in una zona con meno traffico e quindi ne ho approfittato per riposare. In queste situazioni si riesce a dormire 5-10 minuti, giusto il tempo di riprendersi un po' perché bisogna mantenere una veglia costante. Stavo riposando quando ho sentito dei sussulti, degli spintoni sordi. Non ho realizzato immediatamente, ma quando sono uscito le ho viste.
Cosa hai visto quando sei uscito da sottocoperta?
Avevo già sentito parlare delle orche che speronavano le barche nello Stretto, ma quando ho visto la ruota del timone che girava da una parte dall'altra spinta da forti colpi ho capito che era toccato proprio a me. Le ho guardate negli occhi, cercavo di comunicare con loro. Erano una famiglia, quella di Gladiys, come mi hanno spiegato quando sono sceso a terra, ma in quel momento non sapevo nulla, solo che ero alla deriva in mezzo al canale con le orche che giocavano con il mio timone.
Sapevi della presenza nello Stretto di Gibilterra di orche che speronano, e spesso affondano, eri preparato?
Il mio amico e compagno di regata Pavlin Nadvorni un anno prima, proprio lì davanti, era stato attaccato e gli avevano rotto il timone. Sapevo della loro esistenza ma era un pensiero estremamente remoto per me. Ma in ogni caso ho attivato una procedura di difesa, che però si è rivelata inutile comunque. Benché sorpreso però ero preparato a questo evento e per questo sono riuscito ad arrivare al porto di Tarifa [il porto del Nord Africa più vicino all'Europa n.d.r].
Come hai fatto a tornare?
In mezzo al allo Stretto ci sono correnti c'era vento forte, mi stavo preparando ad affrontare una tempesta, quindi la prima cosa che ho fatto è stata chiamare i soccorsi perché pensavo fosse indispensabile essere trainato in porto e che non avrei più potuto governare la barca. Ho sentito sia la guardia costiera spagnola del porto di Tangeri che quella di Tarifa, e alla fine mi sono interfacciato con quest'ultima. Intanto ho valutato il danno e mi sembrava che l'asse e la pala del timone fossero ancora integri quindi ho usato un attrezzo che viene inserito sopra l'asse del timone e permette di navigare governando la pala del timone direttamente e che sarei potuto rientrare al porto di Tarifa autonomamente, e così ho fatto timonando per 2 ore. Una volta arrivato però ho visto che il timone che avevo usato, e che sembrava funzionare, in realtà era stato spezzato in due. Il danno c'era eccome.
Secondo te perché le orche ti hanno preso di mira?
Me lo sono chiesto sia in quelle due ore che dopo. Ho potuto ascoltare una serie di tesi molto diverse tra loro provenienti da persone che vorrebbero uccidere le orche, e da persone che vorrebbero uccidere coloro che ce l'hanno con le orche. Quindi è un argomento estremamente divisivo. Le impressioni che ho avuto sulla base di quello che è successo a me erano quelle del gioco, ma perché lo facciano, e perché lo facciano proprio lì me lo sono chiesto soprattutto nel momento in cui sono rimasto solo a contare i danni, e soprattutto quando sono arrivato nel porto.
E che risposta ti sei dato?
Quando sono arrivato a Tarifa e mi sono un guardato intorno ho scoperto tutta una serie di implicazioni di tipo sociale ed economico che influiscono sul permanere delle orche nella zona.
In che senso implicazioni di tipo sociale?
Il porto di Tarifa non è aperto al traffico. Hanno permesso a me di approdare perché ero in emergenza, avevo subito un danno ed ero scortato dalle autorità. Ma all'interno del porto non ci sono altri altre imbarcazioni in transito. Lì però c'erano due moli di catamarani, piuttosto ampi, che offrono gite ai turisti proprio per andare ad avvistare le orche che rompono i timoni. Lungo la strada principale è pieno anche di banchetti che vendono biglietti appositamente per andare a vedere le orche che popolano questa questa zona. Quindi una volta lì ho subito percepito che la problematica non era soltanto di natura animale, ma anche di natura sociale.
Nei momenti dell'attacco hai avuto paura?
No, paura non c'è stata. Solo il mio tentativo di collegarmi con loro, di guardarle negli occhi per stabilire un contatto. Non saprei dire perché sono arrivate a tanto meno perché siano andate via, in fondo il loro gioco non era finito.