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"Teneva 30 cani rinchiusi in gabbie e in condizioni precarie". "Viveva con 85 gatti in casa". "Raccoglie centinaia di cani ma li lascia denutriti a sbranarsi tra loro". Questi sono solo tre casi, avvenuti i a Bergamo, Brescia e nel 2021 in provincia di Enna. Tre episodi, scelti come simbolici perché ne accadono di simili da sempre in tutta Italia, e anche nel resto del mondo, che hanno in comune un disturbo definito "animal hoarding", ovvero l'accumulo seriale di animali, noto anche con il nome di "sindrome di Noè".
Abbiamo chiesto alla professoressa Danila D'Angelo, docente di Etologia Animale al Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali dell'Università Federico II di Napoli e co autrice di uno studio dedicato proprio all'animal hoarding (di cui prima di questa ricerca esisteva una sola pubblicazione italiana) di fare il punto della situazione a distanza di un anno dalla pubblicazione e aiutarci a spiegare il fenomeno e cosa causa sia dal punto di vista umano che relativamente al maltrattamento degli animali coinvolti.
Partiamo proprio dalle basi: che cosa è l’animal hoarding?
L'accumulo compulsivo di animali o "animal hoarding" è una malattia psichiatrica con un impatto significativo sia sul benessere degli animali che sulla società. Secondo la quarta edizione aggiornata del Manuale Diagnostico e Statistico (DSM) i sintomi del disturbo da accumulo potrebbero essere associati al disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) o al disturbo ossessivo-compulsivo di personalità (DOCP). Il primo è caratterizzato da immagini, pensieri o ossessioni intrusive che il paziente cerca di evitare impegnandosi in comportamenti (compulsioni) volti a reprimere l'intrusione e offrire sollievo da essa.
Considerata la maggiore attenzione verso tale disturbo, la quinta versione del DSM dedica un capitolo specifico a quello da accumulo, definito proprio "Disturbo da accumulo compulsivo" (HD), che è incluso nella nuova sezione "DOC e disturbi correlati".
Secondo lo studio di Williams (2014), l’accumulatore è incapace di offrire anche la minima cura agli animali, nonché di riconoscere lo stato di sofferenza che stanno vivendo, trasformandosi così in un accumulo incontrollato sia di animali che di oggetti in generale, e lasciando trascurate le condizioni ambientali. In linea con la revisione di Paloski e colleghi, gli accumulatori seriali possono anche sperimentare sintomi psicotici concomitanti, incluso il pensiero delirante, basati sulla forte convinzione della loro speciale attitudine a empatizzare con gli animali e prendersi cura di loro in modo impeccabile, ignorando le evidenti condizioni di stress.
Quali specie sono tipicamente coinvolte?
La maggior parte degli animali coinvolti nel nostro lavoro erano cani (49%) e gatti (43%), in linea con quanto precedentemente descritto. Dal nostro punto di vista, la percentuale più alta di cani coinvolti può essere ricondotta anche al ruolo delle esperienze, della cultura nelle relazioni uomo-animale e all'attaccamento ai cani, sebbene la situazione possa essere diversa a seconda del luogo preso in considerazione.
Le persone generalmente non vedono tutti gli animali come uguali, ma i loro tratti fisici e comportamentali giocano un ruolo fondamentale nel modo in cui vengono percepiti, considerati e trattati. Infatti, si sforzano di preferire animali filogeneticamente vicini a loro e mostrano maggiore empatia e preoccupazione per loro, trascurando di fornire loro le necessità di cui hanno bisogno.
Qual è l’identikit dell’accumulatore seriale di animali?
In linea con un precedente studio spagnolo di Calvo et. al., la nostra ricerca riporta un leggero aumento delle accumulatrici compulsive di sesso femminile (52%). Tuttavia, altri studi condotti hanno riportato una netta predominanza di donne, superiore al 60%. Secondo Mathes et al. (2019), il genere può influenzare l'insorgenza, la comparsa e la gravità dei sintomi del DOC poiché le donne hanno maggiori probabilità di sviluppare DOC tra l'adolescenza e l'età adulta.
La maggior parte degli accumulatori seriali nel nostro campione era di mezza età (tra i cinquant'anni e i sessant'anni), il ché concorda con precedenti rapporti internazionali. Inoltre, abbiamo riportato che la percentuale più alta di accumulatori seriali era costituita da persone che vivevano da sole, suggerendo il potenziale impatto della solitudine sulla genesi del disturbo.
Gli animali rappresentano il fulcro dei tentativi di riparare delusioni e fallimenti nelle relazioni di vita o nell'isolamento sociale, avendo la capacità di fornire "conforto emotivo". L'accumulo di animali generalmente si verifica indipendentemente dallo status culturale ed economico. E' un dato in linea con quanto emerso dal nostro studio: il 45% dei pazienti aveva un certo livello di istruzione ed erano, difatti, insegnanti, operatori sanitari, liberi professionisti e impiegati in studi privati.
Si parla di un fenomeno sottostimato però, tanto che in letteratura vi era una sola ricerca italiana su un singolo caso. Poi lei ed altri colleghi, diretti dal Professore Luigi Avallone, avete appunto pubblicato nel 2023 uno studio sul tema. In cosa è consistito?
Abbiamo cercato di analizzare e profilare 29 accumulatori compulsivi di animali, residenti in aree urbane e rurali della regione Lazio, in base a sesso, età, lavoro, condizioni di vita e motivazioni dei pazienti alla base di tale disturbo patologico. Abbiamo inoltre delineato il numero e le diverse specie animali per ciascun caso analizzato. Il numero totale degli animali accumulati è di 1080 animali dal 2019 al 2022.
In linea con altri studi internazionali, abbiamo osservato una prevalenza di donne di mezza età (circa cinquant'anni), che vivevano principalmente da sole in un elevato livello di degrado sociale e sanitario.
La maggior parte degli animali accumulati presentava gravi segni di disidratazione e malnutrizione, ipotrofia muscolare, lesioni dermatologiche e disturbi comportamentali. L'accumulo compulsivo di animali non è ancora pienamente compreso né riconosciuto come un disturbo psicosociale, sebbene provochi una profonda sofferenza per chi lo pratica, così come per i familiari e per gli animali accumulati. Pertanto, dato l'impatto cruciale dell'accumulo compulsivo di animali sul benessere umano e animale, potrebbero essere create reti interculturali volte a sensibilizzare adeguatamente sul tale tematica.
A che risultati siete arrivati?
Gli accumulatori seriali presentano diverse ragioni per spiegare e giustificare il loro accumulo di animali, negando tutte le accuse e sostenendo che gli animali sono ben curati, poiché sono gli unici che possono salvarli o amarli come se fossero bambini. Nello studio abbiamo notato che i pazienti credevano fermamente di essere responsabili della salvezza degli animali (45%) e si consideravano le uniche persone qualificate in grado di soddisfare i bisogni degli animali nel miglior modo possibile. I nostri risultati sono supportati da quelli di Arluke et al., che hanno riferito che gli accumulatori seriali di animali hanno spesso sperimentato un'irrefrenabile voglia di acquisire animali per evitare che possano accadere loro eventi negativi.
I pazienti generalmente ignorano sia il dolore che la scarsa qualità delle cure degli animali, poiché ritengono che il loro comportamento sia corretto. Difatti, provano un'intensa agonia quando le autorità tentano di effettuare il sequestro dagli animali. Le persone che soffrono di accumulo di animali probabilmente cadono nel processo dissociativo che fornisce loro l'illusione di vivere in un mondo "parallelo" ma irreale e, diversamente da quanto spesso osservato per gli accumulatori seriali di oggetti, sembrano meno inclini a sottoporsi a trattamenti terapeutici.
Abbiamo riscontrato un grave disordine ambientale nei casi osservati, tra cui un elevato accumulo di oggetti, avanzi di cibo, mancanza di acqua ed elettricità e presenza di escrementi. Ciò non sorprende, poiché il disordine da accumulo rende l'abitazione inadeguata e non funzionale, con un alto rischio di infezioni e malattie zoonotiche, sia per i visitatori che per i vicini.
Che impatto ha dunque proprio sul benessere psicofisico degli animali coinvolti?
Molti degli animali analizzati nel nostro studio presentavano condizioni di salute compromesse, con evidenti problemi clinici e comportamentali. Alcuni di essi sono stati addirittura trovati morti e conservati negli appartamenti mentre altri erano scheletrici, malnutriti e cachettici, con diffuse alopecie e dermatiti. In alcuni casi, gli animali presentavano problemi di atrofia muscolare, dovuta all'immobilità forzata, e una deviazione della colonna vertebrale causata dal confinamento prolungato in gabbie di piccole dimensioni.
In diversi animali si sono riscontrate lesioni cutanee causate da aggressioni da parte di altri soggetti (dovute a sovraffollamento, distanziamento sociale estremamente scarso e incapacità di soddisfare i bisogni etologici di base), contatto con superfici rigide (a livello di prominenza ossea) e leccamento compulsivo. Il leccamento compulsivo, nello specifico, è da considerare come una strategia di coping.
Gli animali accumulati, inoltre, hanno mostrato un profilo comportamentale disfunzionale correlato alla paura sociale nonché all'aggressività inter ed intraspecifica causata da una mancanza di stimolazione necessaria e da una socializzazione impropria, che si trasforma quindi in un aumento rilevante di disturbi comportamentali, come comportamenti ripetitivi anormali, eccessiva aggressività interspecie, paura e ansia. In linea con quanto accade agli esseri umani, gli animali maltrattati mostrano ansia, impotenza appresa e ostilità che compromettono gravemente il benessere clinico e comportamentale degli animali.
Come si fa a distinguere un accumulatore seriale da una persona “amante degli animali”?
Distinguere un accumulatore seriale di animali da una persona che ama davvero gli animali può essere difficile a prima vista, ma ci sono segnali chiave che permettono di fare questa distinzione. La differenza fondamentale risiede nell'intenzione e nelle conseguenze delle azioni delle persone.
Chi ama gli animali si preoccupa del loro benessere individuale e garantisce ad ogni singolo individuo che ha sotto la sua responsabilità le cure migliori possibili. Il numero di animali deve essere gestibile e proporzionato allo spazio, alle risorse economiche e al tempo a disposizione. Ogni animale ha un nome e viene trattato individualmente. Importante è valutare le condizioni di vita: l'ambiente in cui vivono gli animali è pulito, sicuro e ben organizzato. Ci sono lettiere pulite, ciotole d'acqua e cibo sempre disponibili e igienizzate. Altro fattore discriminante è l'accesso alle cure veterinarie: le visite dal sono regolari, gli animali sono vaccinati, sterilizzati o castrati e ricevono cure mediche tempestive in caso di bisogno. L'interazione con gli animali poi è di alta qualità: li si accarezza, ci si gioca e si instaura un legame affettivo profondo. Ancora, vanno valutate le relazioni sociali: la persona non si isola e non nasconde la sua situazione. Al contrario, è spesso felice di mostrare i suoi animali, parlarne e interagire con altri amanti degli animali.
L'accumulatore, o hoarder, è invece una persona che prova un bisogno compulsivo di detenere un gran numero di animali. Spesso crede di agire per amore, ma le sue azioni portano a un'inevitabile situazione di negligenza e sofferenza per gli animali e le caratteristiche distintive sono evidenti, come il numero di animali che è eccessivo e ingestibile e spesso la persona non sa nemmeno quanti ne ha e il numero continua ad aumentare. L'ambiente in cui vivono è insalubre: ci sono odori forti di urina e feci, sporcizia accumulata, e l'accesso al cibo e all'acqua è spesso insufficiente o contaminato. Le cure veterinarie, in questi casi, sono quasi del tutto assenti: molti animali sono malati, malnutriti, e in alcuni casi si trovano cadaveri. La sterilizzazione è rara, il ché porta a una riproduzione incontrollata. La persona poi ha sì un legame emotivo con gli animali, ma è distorto. Spesso non è in grado di prendersi cura di loro fisicamente o emotivamente, e può negare lo stato di sofferenza in cui versano. L'hoarder, infine, tende a isolarsi e a nascondere la situazione per paura di essere giudicato o di perdere gli animali: rifiuta l'aiuto esterno anche da parte di amici, familiari o enti di protezione animale.
In sintesi, la differenza non è nel sentimento, che può essere percepito come amore da entrambe le parti, ma nell'esito finale delle azioni. La persona che ama gli animali crea un ambiente di benessere e salute, mentre l'accumulatore, pur con le migliori intenzioni, crea involontariamente un ambiente di sofferenza e degrado.
Quanto è importante riconoscere che ci troviamo di fronte non solo a casi di sfruttamento animale ma anche a una situazione patologica da parte della persona che va aiutata e seguita?
Essendo una condizione psichiatrica ad alto rischio di recidiva, è fondamentale stabilire uno specifico intervento di diagnosi, supporto e terapia riabilitativa psichiatrica.