
Negli ultimi giorni in Emilia-Romagna si è tornati a parlare con una certa preoccupazione dell'ormai famigerata cimice asiatica, la specie aliena e invasiva arrivata dall'Asia e che ormai da anni causa gravi danni all'agricoltura, soprattutto nel Nord Italia. A riaccendere l'attenzione su questa emergenza è stato l’assessore regionale all'Agricoltura Alessio Mammi, rispondendo a un'interrogazione della consigliera Annalisa Arletti.
"Solo nella nostra regione – ha dichiarato Mammi – sono stati dati 10 milioni di ristori e indennizzi per gli agricoltori: nel 2025, dopo due anni di miglioramento, la situazione è tornata a peggiorare e per questo stiamo portando avanti ricerche, anche in collaborazione con gli Stati Uniti, per trovare soluzioni. L'Emilia-Romagna si trova nella stessa situazione di altre regioni circostanti come il Veneto".
La presenza della cimice asiatica in Italia non è più una novità, ma il problema continua a ripresentarsi ciclicamente, complice il clima sempre più mite e favorevole e la grande capacità di adattamento e sopravvivenza di questo insetto. La specie è ormai presente e ben documentata in tutte le regioni Italiane, ma è soprattutto in Pianura Padana e nelle regioni del nord che la sua diffusione è ormai capillare e rappresenta una delle emergenze entomologiche più gravi degli ultimi decenni per il settore dell’agricoltura.
Cos'è la cimice asiatica: da dove arriva e come riconoscerla

La cimice asiatica (Halyomorpha halys), chiamata anche cimice marmorizzata, è un insetto originario dell'Asia orientale, diffuso in particolare in Cina, Giappone e Corea. È arrivata in Europa accidentalmente, probabilmente all'interno di container di merci e il primo avvistamento nel nostro continente risale al 2007 in Svizzera. In Italia è stata segnalata per la prima volta nel 2012 proprio in Emilia-Romagna, da dove si è rapidamente espansa a tutto il nord e, successivamente, anche al centro e sud.
Riconoscerla è relativamente semplice: l'adulto misura circa 12-17 millimetri, ha una colorazione grigio-brunastra marmorizzata e sul bordo dell’addome mostra una caratteristica alternanza di macchie chiare e scure. Le antenne presentano bande bianche, mentre la forma generale del corpo è tendenzialmente più ampia e piatta rispetto per esempio alla comune cimice verde (Nezara viridula), che ha invece una colorazione uniforme e verde brillante.
Con l'arrivo dell'autunno, anche la cimice asiatica, come altre specie simili, cerca luoghi riparati dove rifugiarsi per trascorrere l'inverno. Spesso cerca riparo anche nelle case, nei magazzini o nelle fessure degli edifici e tra gli infissi delle porte e delle finestre. Quando accade si radunano spesso in massa, un comportamento che soprattutto nelle zone rurali ha contribuito a rendere nota la specie anche ai non addetti ai lavori e ad accentuare la percezione della portata della sua invasione.
La cimice asiatica è pericolosa per l'agricoltura? Quali sono le piante più colpite

La cimice asiatica non punge o morde esseri umani e altri animali, né trasmette malattie. Tuttavia, la sua presenza è estremamente dannosa per il comparto agricolo. Si tratta infatti di un insetto fitofago, ovvero che si nutre della linfa delle piante, perforando frutti e foglie con il suo apparato boccale pungente-succhiante. Le colture più colpite sono pere, mele, pesche, kiwi, soia, mais e pomodori, ma l'elenco è lunghissimo: sono oltre 300 specie vegetali possono essere danneggiate.
La dieta così adattabili e poco selettiva è infatti una delle chiavi per comprendere il successo di questa specie e la rapidità con cui si è diffusa nelle zone agricole. Le sue punture provocano deformazioni dei frutti, macchie necrotiche e un generale deprezzamento del raccolto. In alcuni anni, come il 2019, i danni causati dalla perdita dai mancati raccolti hanno raggiunto un valore stimato secondo l'ISPRA di ben 600 milioni di euro in tutta Italia.
A rendere così invasiva questa specie, oltre che la sua flessibilità alimentare, è anche al sua capacità di riprodursi rapidamente. Sono almeno due le generazioni che nascono ogni anno, con le femmine che possono deporre centinaia di uova ciascuna. Tutto questo, unito all'assenza di predatori naturali in grado di contenerne i numeri, rendono il controllo di questa specie particolarmente difficile, favorendo così un'espansione che sembra ormai inarrestabile e fuori controllo.
Come contrastare la cimice asiatica

Per fronteggiare questa invasione, negli ultimi anni le regioni italiane, e in particolare proprio l'Emilia-Romagna, hanno avviato diversi programmi di lotta biologica, con l'introduzione di parassiti e antagonisti naturali presenti nell'areale d'origine della specie. Tra le strategie più promettenti e testate c'è quella che coinvolge la cosiddetta vespa samurai (Trissolcus japonicus), un piccolo imenottero originario anch'esso dell'Asia che parassitizza le uova della cimice asiatica impedendone la schiusa.
La liberazione controllata della vespa samurai è iniziata nel 2020 e i risultati dei monitoraggi condotti nel 2024 sono incoraggianti. Secondo i dati regionali, in 78% dei 36 siti dove era stata introdotta, la vespa si è ormai insediata stabilmente, mostrando una buona capacità di sopravvivenza anche senza nuovi rilasci. Inoltre, il tasso di parassitizzazione delle uova di cimice è aumentato rispetto al 2023, segnale che il parassitoide sta trovando un proprio equilibrio con il suo ospite.
Secondo la Regione, i danni alle colture nel 2024 sono stati inferiori rispetto agli anni più critici, anche se la cimice rimane ancora molto abbondante, soprattutto in autunno, quando si aggrega in grandi numeri per svernare. Le attività di contenimento e monitoraggio continueranno, ma è ormai evidente che questa specie difficilmente potrà essere eradicata. Per il momento, la lotta biologica rimane la strategia più promettente tenere sotto controllo la popolazione di questa specie invasiva.