
Per più di un secolo ci siamo chiesti: come fanno i piccioni a tornare sempre a casa? Da dove arriva quella capacità quasi "misteriosa" di orientarsi anche a centinaia di chilometri di distanza, senza mappe né GPS? La risposta, paradossalmente, era già stata immaginata nel 1882 da Camille Viguier, un naturalista francese quasi dimenticato. La sua idea sembrava troppo visionaria per l'epoca: forse gli uccelli percepiscono il campo magnetico terrestre attraverso minuscole correnti elettriche generate nei fluidi dell'orecchio interno.
La comunità scientifica non gli diede retta e il suo lavoro venne completamente dimenticato. Oggi, invece, dopo decenni di ipotesi, esperimenti e teorie alternative, scopriamo che Viguier ci aveva visto molto lungo, come dimostra uno studio pubblicato recentemente sulla prestigiosa rivista Science: i piccioni percepiscono il campo magnetico terrestre e lo sfruttano per orientarsi, grazie alle loro orecchie.
Cos'è e come funziona la magnetoricezione, la bussola nascosta degli animali

Da molto tempo ormai sappiamo che numerose specie animali – dagli uccelli migratori alle tartarughe marine – sono in grado di percepire in qualche modo il campo magnetico terrestre. Questo senso, chiamato magnetoricezione o magnetocezione, funziona un po' come una sorta di bussola biologica: aiuta gli uccelli a migrare, i pesci a ritrovare i fiumi dove sono nati, le tartarughe marine a ritornare esattamente sulla spiaggia in cui sono nate per deporre le uova.
Finora le ipotesi più accreditate per spiegare la magnetocezione erano soprattutto due. La prima, propone che alcune proteine sensibili alla luce, chiamate criptocromi, e presenti nella retina, reagissero ai campi magnetici attraverso particolari stati quantistici. In pratica, gli animali potrebbero letteralmente "vedere" la direzione del campo magnetico come un'informazione visiva in più.
La seconda, invece, sostiene che alcuni piccoli cristalli ricchi di ferro, presenti nei becchi e in altre parti del corpo degli animali, avrebbero il ruolo di micro-bussola, orientandosi come aghi magnetici e stimolando recettori nervosi. Una teoria molto affascinante, ma ancora poco dimostrata e piuttosto controversa. Poi c’era la terza ipotesi, quella di Viguier: l'orecchio interno come antenna biologica. Un'idea rimasta dimenticata per oltre un secolo.
L'indizio nell'orecchio del piccione

Nel 2010, due ricercatori del Baylor College of Medicine, David Dickman e Le-Qing Wu, notarono qualcosa di insolito. Alcuni neuroni del cervello dei piccioni sembravano rispondere a stimoli magnetici provenienti dall'orecchio interno, in particolare da una regione chiamata lagena. Si tratta di una piccola camera piena di fluido, dotata di cellule cigliate sensoriali con minuscoli "peli" capaci di rilevare movimenti e vibrazioni.
Quell'indizio, però, non bastava, poiché non c'erano tracce di magnetite e nessuno riusciva a spiegare davvero come funzionasse quel meccanismo. La svolta è arrivata grazie al neuroscienziato David Keays, dell'Università Ludwig Maximilian di Monaco, e al lavoro di un suo dottorando, Gregory Nordmann. Rovistando negli archivi e tra letteratura, Nordmann riscopre il vecchio articolo di Viguier del 1882. Keays riprende quell'intuizione dimenticata e decide di esplorarla con le tecnologie moderne.
La prova decisiva: un circuito elettrico nell’orecchio

Il team ha studiato i canali semicircolari, strutture dell'orecchio interno responsabili dell'equilibrio e dell'orientamento. Lì scorre un fluido che si muove quando l'animale gira la testa, stimolando le cellule cigliate e inviando informazioni al cervello. Se queste cellule possiedono particolari canali ionici sensibili alla tensione elettrica (come quelli che permettono ad alcuni pesci, come squali e razze, di percepire i campi elettrici), allora i canali semicircolari potrebbero davvero comportarsi come piccoli circuiti elettrici.
In altre parole, il cambiamento del campo magnetico terrestre potrebbe indurre correnti nel fluido dell'orecchio, trasformate poi in segnali nervosi. Per verificarlo, Keays e colleghi hanno esposto 27 piccioni a campi magnetici controllati in un ambiente privo di interferenze. Poi hanno "mappato" le cellule cerebrali attivate durante l'esperimento e il nucleo vestibolare, una regione del tronco encefalico che riceve informazioni dall’orecchio interno, si attivava sistematicamente in risposta ai cambiamenti del campo magnetico.
Da lì i segnali arrivavano poi al mesopallio, dove il cervello integra i diversi sensi, e all'ippocampo, la struttura chiave per orientarsi nello spazio.
Dentro le cellule dell'orecchio di un piccione

L'ultimo tassello è arrivato con il sequenziamento delle singole cellule cigliate: una delle due tipologie presenti nei canali semicircolari mostrava molti più canali ionici sensibili alla tensione. Questo suggerisce che l'orecchio è in grado di distinguere tra movimento fisico della testa ed induzione elettrica dovuta al campo magnetico. Resta da capire che tipo di informazioni i piccioni riescano a estrarre dal campo magnetico.
Alcuni animali, per esempio, sfruttano l'inclinazione delle linee di campo per distinguere nord e sud. Se i piccioni possono fare lo stesso, potrebbe spiegare una parte importante della loro abilità di orientarsi e ritrovare la strada di casa. Per di più questa scoperta potrebbe aprire nuovi scenari anche sul modo in cui si orientano altri animali, come le tartarughe marine. I piccioni, animali che spesso consideriamo banali, "sporchi" e "fastidiosi", si rivelano ancora una volta custodi di segreti sorprendenti. E noi, finalmente, abbiamo iniziato a decifrarli.