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“O torni in classe o tua madre va in prigione”: Polizia a casa e minacce agli studenti che non vanno a scuola

In Inghilterra il governo preme per aumentare la frequenza scolastica ad ogni costo e alcune scuole pubbliche si sono rivolte alla Polizia locale per riportare i ragazzi in classe. Per gli esperti però, un approccio così duro rischia solo di peggiorare la situazione.
A cura di Niccolò De Rosa
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Polizia a casa e minacce agli studenti che non vanno a scuola

Il Dipartimento dell'Istruzione inglese ha dichiarato guerra all'assenteismo scolastico e per raggiungere gli obbiettivi imposti dal Dipartimento dell'Istruzione alcune scuola hanno cominciato a mandare squadre di poliziotti a casa degli studenti degli studenti poco presenti per minacciare l'arresto dei genitori.

A riportare la delicata situazione è il magazine britannico The Guardian che, sulle colonne del proprio inserto domenicale, ha raccolto la testimonianza di alcuni psicologi e mediatori familiari.

Il pugno duro

Stando a quanto appreso dai media, negli ultimi mesi il governo presieduto dal Primo Ministro Rishi Sunak si è mostrato molto preoccupato per l'elevato numeri di studenti ‘gravemente assenti' nelle scuole pubbliche, tanto da spingere il dicastero competente a delineare delle nuove e più rigide linee guida che, tra le altre cose, a partire dal prossimo settembre obbligheranno tutti gli istituti dello Stato a rendere noti i dati relativi alla frequenza dei propri allievi.

Molti presidi si sono così trovati a dover correre ai ripari e alcune scuole particolarmente rigorose hanno pensato bene di avvalersi dell'aiuto della Polizia locale per intimare alle famiglie dei ragazzi meno presenti un rapido ritorno in classe. E i metodi utilizzati sono spesso piuttosto sbrigativi.

Alcuni genitori hanno infatti raccontato di vere e proprie minacce urlate attraverso la porta o per la tromba delle scale, con gli agenti che dicevano ai ragazzi che se non fossero subiti tornati a scuola i loro genitori sarebbero andati in prigione.

I dubbi degli esperti

La questione è da qualche settimana oggetto di un aspro dibattito a livello nazionale. Per molti infatti, la durezza di simili provvedimenti non farebbe che aggravare la situazione di migliaia di ragazzi che, nella maggior parte dei casi, stanno già vivendo delle situazione problematiche.

Molti dei giovani che smettono di frequentare la scuol,a infatti, non lo fanno per pigrizia o indolenza dei genitori, ma a causa di contesti familiari complicati, lutti, stati depressivi, ansie, problemi di salute, o bisogni educativi speciali non soddisfatti dalla scuola che dovrebbe frequentare.

Presidi, esperti dell'educazione e alcune associazioni come Square Peg, nata nel 2019 al preciso scopo di aiutare i bambini soffrono di ansia scolastica, hanno dunque pubblicamente criticato le azioni del governo, invitandolo ad adottare strategie maggiormente improntate sul sostegno e il reinserimento dei ragazzi che sulla coercizione e la punizione dei genitori.

"È un’idea assurda dover intervenire sui bambini stressati con ancora più durezza e rigore" ha raccontato al Guardian Ben Davis, preside della St Ambrose Barlow RC High di Salford, nella contea del Great Manchester, che al posto d'interessare le forze di polizia ha preferito dotare la sua scuola di un terapista e uno team di supporto per indagare le diverse cause dietro lo stress e il disagi che spinge alcuni suoi allievi a disertare le lezioni.

"Abbiamo una ragazza che è anche una giovane care-giver per la propria famiglia" ha raccontato Davis. "All’inizio di ogni giornata, facciamo in modo di accoglierla e farla sentire protetta". Senza giudizi o minacce.

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