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Che cos’è il disturbo esplosivo intermittente nei bambini: cause, sintomi e possibili rimedi

I bambini e i ragazzi che ne soffrono sono preda di eccessi d’ira incontrollabile che si sfoga con vere e proprie esplosioni di violenza fisica e verbale. In simili casi è necessario l’aiuto di un professionista.
A cura di Niccolò De Rosa
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disturbo esplosivo intermittente nei bambini

I bambini sono soliti a manifestare le proprie emozioni con molta più spontaneità rispetto agli adulti e non è strano che talvolta reagiscano con eccessivo pathos di fronte a un torto o uno spavento.

Se però un ragazzo mostra di cadere spesso preda d'ingiustificati accessi d'ira incontrollata, allora ci si potrebbe trovare di fronte ad un disturbo esplosivo intermittente, una condizione che di solito si manifesta durante la tarda infanzia o il periodo adolescenziale e che viene caratterizzato da comportamenti aggressivi e, talvolta, autolesionistici.

Di cosa si tratta

Il Disturbo esplosivo intermittente (IED, dall'inglese Intermittent Explosive Disorder) è un disturbo del controllo degli impulsi caratterizzato da episodi di rabbia e aggressività sproporzionata rispetto alla situazione.

I ragazzi che soffrono di questo disturbo tendono a reagire con estrema violenza verbale o fisica a situazioni che non giustificherebbero una tale risposta.

In più tali sfoghi non sembrano essere finalizzati al raggiungimento di un obiettivo, a differenza di quanto accade, ad esempio, con i capricci dei più piccoli, che danno in escandescenze quando vogliono ottenere qualcosa.

Quali sono i sintomi

Proprio come suggerisce il nome, i principali effetti di questa condizione risiedono nell'esplosione veemente e istintiva di comportamenti violenti sia verso gli altri che verso sé stessi.

Rabbia nel disturbo esplosivo intermittente

Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali elenca tra i principali sintomi:

  • Aggressività verbale e fisica: scatti di rabbia che possono manifestarsi come urla, litigi accesi, minacce o aggressioni fisiche verso i genitori, coetanei o altri adulti.
  • Reazioni eccessive: chi soffre del disturbo è soggetto a reazioni sono sproporzionate rispetto alla provocazione o al fattore scatenante. Gli episodi sono spesso fuori misura rispetto alla situazione.
  • Brevi episodi di rabbia: gli attacchi di rabbia durano tipicamente meno di 30 minuti, ma l'intensità può essere elevata.
  • Sintomi somatici: durante gli episodi, alcune persone possono sperimentare sintomi fisici come tremori, palpitazioni cardiache, tensione muscolare o sensazione di pressione nel petto.
  • Rimorso e senso di colpa: cessato lo scoppio d'ira, è molto frequente che gli individui si sentano pentiti, colpevoli o imbarazzati per il loro comportamento.

Spesso poi gli sfoghi di rabbia dirompente comportano anche effetti collaterali ‘fisiologici' come tachicardie, frequenti mal di testa e tremori.

Perché vengono gli scatti d'ira?

Lo IED può essere causato da una combinazione di fattori genetici, biologici, psicologici e ambientali.

Sebbene non ci sia una causa unica e definita, infatti, la predisposizione familiare sembra giocare un ruolo molto importante nello sviluppo del disturbo, dato che i bambini con genitori o parenti che hanno presentato a loro volta difficoltà nel controllo degli impulsi o disturbi dell'umore sembrano maggiormente soggetti a problemi di regolazione emotiva.

Altri elementi che possono favorire l'insorgere del disturbo possono essere poi determinati squilibri nei neurotrasmettitori del cervello (come la serotonina, coinvolta nella regolazione dell'umore e dell'aggressività), un mal funzionamento cerebrale, o la partecipazione di altri disturbi psicologici o psichiatrici, come il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), il disturbo oppositivo provocatorio (ODD), o il disturbo bipolare.

Per quanto riguarda i fattori ambientali, invece, esperienze traumatiche, come un abuso fisico o emotivo, possono certamente influire sull'insorgere del disturbo, così come la presenza di modelli comportamentali negativi: un bambino che cresce in un contesto dove è abitudine gestire la rabbia in modo disfunzionale, urlando e dando sfogo alla violenza, risulta senz'altro più a rischio di altri.

Perché può essere pericoloso

Un ragazzo che non riesce a controllare la propria rabbia può andare incontro ad una vita più complicata rispetto ai propri coetanei.

Le esplosioni d'ira possono infatti danneggiare gravemente le relazioni con familiari, amici e colleghi (con pesanti conseguenze sulla vita privata), influire negativamente sul rendimento scolastico, logorare i rapporti di lavoro con colleghi e superiori, comportare ripercussioni legali in caso di aggressioni fisiche che sfociano in lesioni o danneggiamenti alla proprietà altrui.

Tale violenza rappresenta poi un pericolo per la stessa incolumità di che ne è soggetto, poiché la rabbia incontrollata può sfociare in colluttazioni o situazioni pericolose. Movimenti inconsulti tipici di queste crisi come mani che battono il petto, scatti convulsi o una gestualità esasperata possono infine portare la vittima dell'accesso d'ira a farsi male da solo.

Rimedi e trattamenti

Quando un genitore sospetta un disturbo esplosivo intermittente, la cosa migliore da fare è rivolgersi alla valutazione di un professionista della salute mentale, come uno psicologo o uno psichiatra.

Una volta accertata la condizione, il trattamento del disturbo può includere una combinazione di terapie e, in alcuni casi, farmaci:

  • Terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT): tale approccio può aiutare i pazienti a riconoscere i vari trigger che innescano i casi di rabbia e sviluppare strategie per gestire le loro reazioni emotive.
  • Terapia di gruppo: partecipare a gruppi di supporto può offrire un ambiente sicuro per discutere e apprendere da esperienze simili.
  • Terapia familiare: può essere utile coinvolgere la famiglia per migliorare la comunicazione e ridurre i conflitti.
  • Farmaci: Gli antidepressivi (come gli SSRI), gli stabilizzatori dell'umore e, in alcuni casi, i farmaci antipsicotici possono essere prescritti per aiutare a controllare i sintomi.
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