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Undici parole bisenso che potrebbero metterti in difficoltà

Basta un accento o un contesto per cambiare radicalmente il senso di una parola. Di fronte all’espressione perplessa del vostro interlocutore c’è lei: una frase ambigua.
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A cura di Redazione
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La lingua italiana è tremendamente affascinante e, per quanto sia ricca di vocaboli, lascia aperta la porta a simpatiche ambiguità. All’origine di un equivoco potrebbero esservi le parole bisenso, ossia quei vocaboli che, a seconda del contesto (e a volte dell’accento), hanno due significati. Di seguito vi proponiamo qualche esempio.

“Mi piacciono i pelati”

Pelati Carrefour
Pelati Carrefour

Potrebbe essere l’ammissione di chi ha una particolare idiosincrasia verso i capelli, quanto la dichiarazione di chi viene preso per la gola al supermercato e sceglie i pelati Carrefour*, coltivati e lavorati in Italia e ideali per sughi freschi e gustosi.

“Non c’è ancora”

Se avete chiesto di poter parlare con qualcuno, poco male che sentiate questa risposta. Se invece vi trovate in barca in mare aperto, preoccupatevi. Noterete comunque che nel primo caso l’accento cadrà sulla o (ancòra), nel secondo caso sulla a (àncora).

“Ho un complesso”

Bravo: suoni e hai pure una band… o forse intendevi dire che somigli a Robertino di “Ricomincio da Tre” che – per citare Massimo Troisi – in testa non ha solo un complesso, ma un’orchestra intera?

“Vogliamo principi”

Se senti questo augurio tuonare dalle fauci di un moralizzatore, allora l’accento cadrà sulla seconda sillaba (princìpi). Se ti trovi a una riunione di adepte dei cartoni Disney, probabilmente ci si riferisce ai principi vestiti di azzurro e a cavallo. In questo caso l’accento cadrà sulla prima sillaba (prìncipi).

“Mi mena al lavoro”

D’accordo, le condizioni lavorative sono decisamente peggiorate, ma accettare le percosse fisiche è davvero troppo. O forse intendevi dire che un collega generoso ti mena, ossia ti conduce, in ufficio?

“Attento al moccolo”

Sei al buio, hai una candela in mano e ti invitano a fare attenzione al moccolo. Le cose sono due: la cera disciolta sta cadendo e minaccia la vostra mano, oppure la fiamma illumina il vostro naso raffreddato e denuncia presenze sgradite.

“Sindaco che è una vergogna!”

Se sei alla fermata dell’autobus e stai aspettando da un’ora un pullman che doveva passare 40 minuti fa, ad essere una vergogna è proprio il Primo cittadino. Se invece il barman ti presenta un conto salato e sei un po’ ubriaco, allora potresti sentirti in vena di sindacare, ossia di giudicare, la disonestà dell’esercente, reo di non averti offerto cinque grappe.

“Sento le sirene”

Lo diceva Ulisse legato all’albero della sua nave, così come qualsiasi uomo rapito da un’irresistibile bellezza. Col passamontagna, nascosto in un vicolo buio, lo dice anche il criminale riferendosi alle gazzelle della Polizia (ed ecco un altro vocabolo bisenso, così come “pantera” dei Carabinieri).

“Guarda l’indice”

“Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito”, che probabilmente sarà l’indice. Quando non ti ricordi più a che punto del libro eri arrivato, consulta l’indice. E compra un segnalibro.

“Mi aiuta un minuto”

Se stai svolgendo un lavoro che richiede un impegno fisico, comunque si legga questa frase, ti va da schifo: che qualcuno ti aiuti solo un minuto (60 secondi) o che ti soccorra uno che è fisicamente minuto, è facile prevedere che quasi tutta la fatica spetterà a te.

“Piantala!”

Se vuoi far crescere una piantina, che aspetti? Metti il terreno nel vaso e piantala. Se invece ti sei scocciato di leggere, beh: piantala.

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